Enrico Beltramini,La Giffords era odiata da destra e da sinistra

Da IL RIFORMISTA
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La Giffords era odiata
da destra e da sinistra

di Enrico Beltramini
Era nella mappa dei democrat “da eliminare” di Sarah Palin, ma l’ha definita defunta anche il sito liberal Daily Kos

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Gli Stati Uniti sono affetti da almeno tre diversi tipi di violenze. C’è quella terroristica, che non inizia l’11 settembre, ma che da allora si salda con la retorica patriottica, la sicurezza nazionale, l’Asse del Male, e assume un ruolo predominante nella narrativa popolare.
C’è poi la violenza endemica, quella che emerge dal combinato disposto della relativa disponibilità di armi (sancita dalla Costituzione) per tutti i cittadini degli Stati Uniti e dal clima in qualche modo represso della società americana, che a volte produce stragi o delitti di personaggi famosi. Omicidi che diventano eventi mediatici di rilevanza mondiale di cui l’esempio forse più emblematico è certamente l’assassinio di John Lennon, quarant’anni fa. Infine, c’è la violenza di marca politica, quella che si esprime con omicidi (o tentati omicidi) di personaggi pubblici. Tra i tanti che possiamo ricordare, Martin Luther King, John Kennedy, Robert Kennedy, George Wallace, Ronald Reagan. E ora Gabrielle Giffords. Come è noto, un giovane ha cercato di uccidere la Giffords e ci è quasi riuscito. Oggi la deputata è in stato di coma controllato e sembra reagire bene ai trattamenti dei medici. È presto per la prognosi. Subito dopo aver sparato alla Giffords, Jared Lee Loughner si è accanito sulla folla che la circondava, ammazzando cinque persone e ferendone molte di più.
A seconda che il tentato assassinio della Giffords sia analizzato nel contesto di uno o l’altro dei tipi di violenza descritti sopra, le spiegazioni cambiano. La prima collega il tragico fatto di Tuscon alle tensioni accumulatesi in Arizona nell’ultimo decennio e scoppiate infine l’anno scorso, quando è stata combattuta una battaglia politica senza esclusione di colpi sulla nuova legge sull’immigrazione. Ricordiamo, per esempio, che John McCain – che è eletto qui – ha usato un neologismo che ha infiammato gli animi: Mexification (la trasformazione dell’Arizona in un’appendice del Messico). L’Arizona è uno Stato di confine tra Stati Uniti e Messico, e Tucson è una città di confine. Qui passa quel “muro” voluto dall’amministrazione Bush nel 2006 che dovrebbe proteggere il paese dall’immigrazione clandestina dal Messico. L’anno scorso la Giffords ha assunto sul tema posizioni forti e alternative a quelle del suo partito (il partito democratico); si è battuta per una legislazione restrittiva, in parte punitiva nei confronti dell’immigrazione in genere e in particolare di quella illegale. Le tensioni che la costruzione del muro, il dibattito dell’anno scorso e le personali posizioni della Giffords sono condizioni ambientali più che propedeutiche alla violenza e alla trasformazione del deputato dell’Arizona in un target ideale per uno squilibrato imprigionato in paranoie, rancori e manie di notorietà.
Analizzato nel contesto della violenza di base, endemica della società americana, la strage di Tucson riapre l’annosa discussione sulla violenza in America e la necessità di un intervento legislativo che limiti l’uso delle armi. Poi, basterà lasciar trascorrere qualche giorno, ed ecco che, con altrettanta puntualità, arriveranno i ripensamenti, gli inviti alla cautela, i rimandi alla Costituzione. La reazione scomposta di chi difende il diritto del cittadino americano a difendersi sarà seguita da quella, più pacata, di chi guarda alla politica pratica: sollevare oggi la questione dell’uso delle armi è un suicidio politico. Per un repubblicano, equivarrebbe alla perdita degli Stati che costituiscono il cuore della sua coalizione e che sono pro-armi; per un democratico, costituirebbe la decisione definitiva – ancora più della riforma sanitaria – che sposterebbe il partito su posizioni di sinistra estrema, rendendo di fatto ineleggibile Obama e un qualsiasi candidato democratico alla presidenza per almeno una generazione. Per quanto incredibilmente vario e affascinante, questo paese è anche incredibilmente prevedibile quando si tratta di alcuni temi fondamentali. Malgrado la drammaticità dell’evento, il fiume di commenti che inondano i media americani e le voci che si alzano per invocare l’intervento del Congresso e la limitazione di vendita e uso delle armi, è facile prevedere che nulla cambierà sull’argomento, neppure questa volta.
Infine, nel contesto della violenza politica, il tentato omicidio della Giffords trova spiegazioni nel clima teso della politica del momento, esacerbato dal Tea Party ma non solo. Negli ultimi mesi, nubi dense si erano addensate sia da destra che da sinistra intorno alla deputata democratica. La Giffords – che era stata eletta al Congresso per la prima volta nel 2006 – aveva dovuto lottare per la riconferma contro un candidato del Tea Party (Jesse Kelly) sostenuto da un McCain a sua volta sostenuto dal Tea Party. Quella che ne era risultata è una campagna elettorale difficile, dura, che aveva trovato proprio nella legge sull’immigrazione il suo tema centrale. Per salvare il seggio, la Giffords ha dovuto spostarsi su posizioni conservatrici. Pochi giorni fa, Sarah Palin ha “postato” su Internet una mappa con i politici democratici “da eliminare” e la Giffords era tra questi. Ora la mappa è stata rimossa dal sito ed è scomparsa. Questo “da destra”. Da sinistra, appena ha annunciato il suo rifiuto a votare Nancy Pelosi come leader della minoranza dalla House of Representatives, la Giffords è diventata oggetto della polemica dell’ala liberal del partito democratico. Daily Kos, il blog dei liberal, ha scritto che, dopo questa decisione, la Giffords «è morta per me». Poi è arrivato Loughner, che ha preso in parola tutti quanti.

Enrico Beltramini,La Giffords era odiata da destra e da sinistraultima modifica: 2011-01-12T00:17:53+01:00da mangano1
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