Massimo Tomasutti,La vera ‘natura’ storica della Bandiera di San Marco

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La vera ‘natura’ storica della Bandiera di San Marco

Un “esercizio di lettura” della bandiera marciana come vero simbolo di
civiltà e non come puro “simbolo politico”, appare – in un’epoca d’imperanti
strumentalizzazioni veneto-leghiste – impresa poco agevole: non solo perché
a essa si sono, per l’appunto, sovrapposte nel tempo infinite
interpretazioni mitiche; ma anche, e forse soprattutto, perché è facile
cadere nel tranello delle sue semplicistiche e convenzionali interpretazioni
storiche. Un ‘tranello’ in cui è probabilmente caduto, purtroppo, anche Don
Renato Mazzuia rifiutando di far entrare, nella chiesa mestrina di Santa
Maria di Lourdes, la bara del militante leghista Gigi Sartorelli avvolta dal
secolare vessillo marciano. E allora desidererei, in poche note, esprimere
sulla questione la mia umile opinione. Innanzitutto, qualificare la bandiera
marciana quale eminente “simbolo politico” non è nulla di concretamente
storico. E’, si può a ragione dire, un mito. Un’idea distorta, quindi, della
cifra storica complessiva espressa realmente dall’ex Dominante; un’idea
viziata, per così dire, da un’“estetica nazionalistica” ottocentesca e
novecentesca per la quale – a stretto rigore storiografico – mancano del
tutto le fonti legittimanti. La autentica lexia del vessillo marciano si
concreta, invece, nel rappresentare una grande civiltà culturale, politica e
religiosa che non rifiutava nessuna esperienza “altra”, ma che sapeva
pragmaticamente assumerle in sé come parti integranti, a tutti gli effetti,
del proprio essere-Stato. La politica della Serenissima fu, così, solo in
parte di “conquista”. In realtà, già dal Duecento Venezia era, e appariva
agli occhi degli attenti osservatori stranieri, come una città di pace e
sicurezza, oasi per eccellenza di saldezza sociale e politica in mezzo al
generale marasma e ai torbidi intrighi dell’epoca. Non a caso Petrarca
scrisse che, al tempo, Venezia rappresentava “l’unico rifugio dell’umanità,
della pace, della giustizia e della libertà”. Un carattere, una civiltà,
dunque, “aperta”, “tollerante” e “festaiola” anche. Caratteri, questi, che
si conservarono con alterne fortune fino alla sua caduta, per mano
napoleonica, nel 1797. La ‘vera’ civiltà marciana era – occorre rimarcarlo
con forza -, del tutto immune da ipotetici germi pseudo nazionalistici;
Venezia ‘conquistava’, infatti, quei territori (da tera o da mar ) per
quanto strettamente bastava ad assicurare il buon esito dei suoi commerci o
trafeghi. E, conseguentemente, ‘integrava’ proficuamente genti e culture
diverse sotto il comune segno del Leone alato. La stessa fine simbologia
espressa dal Palazzo Ducale ci dice che Venezia fu soprattutto “Custodes
Libertatis” non gretta Potenza imperiale; città di Pace e Giustizia non
produttrice di “Historia come fatica ed espressione divina” (Sergio Bettini
in Venezia nascita di una città). Può darsi che tutto questo, e molto altro
ancora, Don Renato Mazzuia – confuso anch’egli dalle stucchevoli
celebrazioni postume della Serenissima usate come tanti cliché adoperabili a
piacere -, l’abbia, con convinto disincanto, ignorato. Poco male poiché,
come ha scritto Claudio Magris, “il disincanto è necessario per far balenare
un incanto autentico, non retorico né posticcio”.

Massimo Tomasutti,La vera ‘natura’ storica della Bandiera di San Marcoultima modifica: 2011-04-06T15:04:31+02:00da mangano1
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4 pensieri su “Massimo Tomasutti,La vera ‘natura’ storica della Bandiera di San Marco

  1. Etica, estetica ed ermeneutica del Gonfalone Marciano

    Ho letto con attenzione e gusto il lungo e dotto intervento del dr. Tomasutti sui valori di diverso tipo insiti nel Gonfalone Marciano. Intervento che, nel suo assunto di fondo, mi vede del tutto ed entusiasticamente concorde. Anche senza la profondità dimostrata dall’egregio professore, conosco abbastanza la storia della Serenissima Repubblica per sapere che una delle sue “luci” è costituita proprio dalla capacità di colloquiare con le culture (in tutti i sensi) più diverse, magari per finalità in principio commerciali, ma che non hanno escluso fecondi incontri tra diverse visioni culturali, religiose, economiche. Molti principi della vita civile e dell’organizzazione dello Stato che oggi riteniamo imprescindibili sono stati vissuti dalla Repubblica di Venezia molti secoli prima di oggi; e gli esempi potrebbero sprecarsi.

    Proprio per questi motivi, però, spiace che una particolare versione del Gonfalone Marciano (proprio quella della foto, che non è quella che sventola in Piazza San Marco nei dì di festa, bensì quella volgarmente ritenuta “di guerra”, a causa della spada impugnata e del Libro chiuso) sia stata fatta propria, peraltro nella piena legittimità, da un partito politico. Un partito, per di più, nel quale il comportamento di moltissimi sostenitori ed elettori e di alcuni esponenti “di punta” non è certamente ispirato ai valori insiti nel Gonfalone Marciano, a partire dal comandamento cristiano dell’amore per finire alle virtù civili della Repubblica di Venezia.

    E questo mi pare una volta di più dimostrato dall’eccessiva animosità (ai limiti dell’insulto) con cui si sta discettando ormai da una settimana sul tema della “famigerata” esclusione da una Liturgia Eucaristica di suffragio di quella particolarissima versione del Gonfalone, quella divenuta ormai “partitica”, simbolo di identificazione di una forza politica e non più simbolo storico pacificamente riconoscibile ed unificante di una comunità. Tant’è che è divenuto pietra di divisione e di inciampo. Tanto da costringere un degnissimo sacerdote nella (solo apparente, sottolineo, solo apparente) contraddizione di escludere da un luogo di culto il simbolo di un Evangelista.

    Mi consenta perciò l’illustre professore di dissentire totalmente dalla sua conclusione, alla quale riconosco la civile ed urbana soavità dei toni, inusuale nelle polemiche di questi giorni, ma non la correttezza nell’analisi della situazione di fatto venutasi a creare giovedì 1 aprile.

    Cordiali saluti.

  2. Gentile Dott. Manzoni,

    Condivido, in parte, con quanto Lei sostiene. L’ “idea” leghista del Gonfalone di San Marco è un’idea, purtroppo, coperta di orpelli mito-logici che – come ho scritto – nulla hanno da spartire con quanto concretamente, realisticamente ha saputo esprimere la civiltà della Serenissima nei secoli. Tuttavia, mi consentirà di dissentire sulla “gravità” dell’atto compiuto dal prelato di Mestre. Un atto che – laicamente – non riesco a minimizzare: non gli manca nulla, nemmeno il falso moralismo alla rovescia dell’educazione cristiana, nemmeno l’odioso pizzico integralista della peggiore ortodossia confessionale! La ringrazio comunque per le sue puntuali e pertinenti osservazioni!
    Massimo Tomasutti

  3. Concordo pienamente. Venezia nulla ha da spartire con i”moderni nazionalismi”:Venezia è stata tutto l’ opposto del nazionalismo di origine giacobina e napoleonica che ha generato altri mostri di nazionalismi come Risorgimento-prima guerra mondiale-fascismo-nazismo-stalinismo…nazionalismi mostruosi responsabili di genocidi e di guerre con centinaia di milioni di morti.Venezia è Umanesismo, Cultura, Musica, Gioia di vivere, Ospitalità e Rispetto di tuti i Popoli, Apertura, Tolleranza e Temperanza, Giustizia, Saggezza, Efficienza, Capacità, Genio,Valorizzazione dell’ ingegno umano di qualsiasi origine, Rispetto del Territorio e dell’ ambiente, Antesignana e preveggente nell’ arte e profilassi medica, Immensa sui Mari e Grande in Agricoltura, Splendida ed Unica in Architerrura, Pittura, Scultura, Oreficeria, e in tutte le arti..concretamente “Federalista” ante-litteram nel riconoscimento e rispetto e valorizzazione delle peculiarità delle svariate anime che componevano lo Stato Veneto……Venezia è stata ed è unica e non può essere mai associata con miserabili caricature o con provocazioni idiote o prezzolate….

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