SHERYL GAY STOLBERG Gene Sharp, ispiratore di rivolte

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SHERYL GAY STOLBERG
Gene Sharp, ispiratore di rivolte

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14-03-2011
I lavori e i libri di Gene Sharp, scrive Sheryl Gay Stolberg sul “New York Times”, hanno ispirato i movimenti di protesta in tutto il mondo, compreso quelli in Tunisia e in Egitto. Quanto a lui, è rimasto molto colpito dalla disciplina e dal coraggio mostrati dai manifestanti egiziani nelle loro proteste.

Lontano da piazza Tahrir, un anziano intellettuale statunitense cammina in pantofole nella sua casetta di mattoni in un quartiere operaio di Boston. Il suo nome è Gene Sharp. Spalle incurvate e capelli bianchi, a 83 anni coltiva le orchidee, non sa ancora usare bene internet e non si direbbe un tipo pericoloso. Ma le sue idee potrebbero rivelarsi fatali per i dittatori di tutto il mondo.

Negli Stati Uniti pochi hanno sentito parlare di Sharp, ma da decenni i suoi scritti sulla rivoluzione nonviolente – in particolare “From dictatorship to democracy”, una guida di 93 pagine scaricabile ondine e disponibile in 24 lingue – hanno ispirato i promotori delle proteste da un capo all’altro del mondo: in Birmania, in Bosnia, in Estonia, in Zimbabwe e, ultimamente, anche in Tunisia e in Egitto. Quando il movimento egiziano “6 aprile” ha cercato di riorganizzarsi dopo il fallimento delle lotte del 2005, i suoi leader hanno preso in considerazione diverse “idee folli” su come abbattere il governo, spiega Ahmed Maher, uno degli strateghi del gruppo. E mentre analizzavano la storia del movimento servo Otpor, si sono imbattuti in Gene Sharp, lo studioso che aveva influenzato le proteste in Serbia.

Qualche anno fa, l’International Center on Nonviolent Conflict, una fondazione indipendente per la formazione dei militanti che si battono per la democrazia, ha tenuto un seminario al Cairo. Tra i documenti distribuiti c’erano le “198 tecniche di azione nonviolenta” di Sharp, un elenco di tattiche che vanno dagli scioperi della fame alla “nudità come arma di protesta”, fino “a rendere pubblica l’identità degli agenti segreti”. Dalia Ziada è una blogger e attivista egiziana che ha partecipato al seminario e in seguito ne ha organizzato altri simili. Ziada dice che molti di quelli che avevano partecipato agli incontri hanno contribuito alle rivolte in Tunisia e in Egitto. La donna spiega che alcuni militanti hanno tradotto in arabo brani delle opere di Sharp e sono stati molto influenzati dalla sua idea di “attaccare i dittatori nei loro punti deboli”. Peter Ackerman, che dopo aver studiato con Sharp ha contribuito a fondare l’International Center on Nonviolent Conflict e ha condotto il seminario al Cairo, cita il suo ex mentore come una dimostrazione pratica della “forza delle idee”. Gene Sharp, un uomo estremamente timido ma molto determinato, fa di tutto per minimizzare il suo ruolo in queste rivolte. Anche se da giovane ha partecipato a sit-in e ha scontato nove mesi in un carcere federale a Danbury, in Connecticut, per aver fatto obiezione di coscienza durante la guerra di Corea, si sente più un intellettuale che un rivoluzionario. Sharp non è in contatto con l’opposizione egiziana, anche se di recente ha scoperto che i Fratelli Musulmani hanno pubblicato sul loro sito web “From Dictatorship to democracy”.

Il coraggio degli egiziani
Lo studioso ha osservato gli avvenimenti del Cairo guardando la “CNN” dalla sua modesta casetta di Boston, comprata nel 1968 per 150 dollari, più le tasse. Nella capitale del Massachusetts c’è anche la sede della Albert Einstein Institution, un centro di ricerche fondato da Sharp nel 1983 mentre teneva seminari ad Harvard e insegnava scienze politiche in quella che è oggi l’università del Massachusetts, a Dartmouth. Oltre a Sharp, lavorano per l’istituto la sua assistente Jamila Raqib, fuggita dall’Afghanistan con la famiglia durante l’occupazione sovietica, un capoufficio assunto part-time e una golden retriever meticcia chiamata Sally. Sul muro dell’ufficio è appeso un grosso adesivo con la scritta “Gotov Je”, lo slogan di Otpor in Serbia. Significa: “E’ finito!”.

In quest’epoca di rivoluzionari via Twitter, Gene Sharp è poco attratto dalla rete. Non ha un profilo su facebook e non è mai andato sul sito della Albert Einstein Institution. Se deve spedire un’email consulta un foglietto scritto a mano da Jamila Raquib. “Per aprire un nuovo messaggio di posta”, si legge nelle istruzioni, “ciccare una volta sola sull’icona con la scritta “nuovo”, in cima alla finestra”. Alcuni credono che Sharp sia un pacifista da salotto: negli anni Cinquanta scriveva per una rivista chiamata “Peace News”, e ha anche lavorato come segretario personale di A.J.Muste, un sindacalista attivo nel movimento pacifista. Ma lui dice di essere andato oltre il suo pacifismo iniziale e afferma di essere al di sopra delle parti.

Dopo aver studiato l’esperienza di rivoluzionari come Gandhi, insurrezioni nonviolente, lotte per i diritti civili e boicottaggi economici, Gene Sharp ha concluso che le proteste pacifiche sono le più efficaci. Non tanto per ragioni morali, quanto perché la violenza spinge i tiranni a usare il pugno di ferro. “Se si usa la violenza”, dice Sharp, “si scelgono le armi che il nemico sa usare meglio. Chi imbraccia le armi potrà anche essere un eroe coraggioso, ma rischia di diventare un eroe morto”.

I dittatori detestano Sharp. Nel 2007 il presidente venezuelano Hugo Chàvez l’ha attaccato. Nel 2008 Sharp, insieme al senatore dell’Arizona John McCain e al finanziere George Soros è comparso in un video di propaganda iraniano che lo accusava di essere l’agente della CIA, “responsabile delle infiltrazioni dell’America in altri paesi”. “Sharp è considerato il padre dell’azione strategica nonviolenta”, spiega Stephen Zunes, un esperto dell’università di San Francisco. “Molte delle sue storie sui viaggi in giro per il mondo per scatenare rivoluzioni e guidare le masse sono barzellette. Sharp si concentra molto più sulla ricerca e sul lavoro teorico che sulla divulgazione”. Questo non significa che non abbia mai assistito a un’azione diretta. Nel 1989 era andato in Cina per seguire le proteste di piazza Tiananmen, e nei primi anni Novanta riuscì a entrare in un campo di ribelli birmani su invito di Robert L.Helvey, un colonnello in pensione dell’esercito statunitense, che collaborava come consulente dell’opposizione. I due si erano conosciuti quando Helvey insegnava ad Harvard. L’ufficiale era convinto che le idee del professore potessero scongiurare la guerra. “Nella giungla leggevamo le opere di Gene Sharp a lume di candela”, racconta Helvey. “Quell’uomo ha avuto delle intuizioni straordinarie sulla società e sulle dinamiche del potere sociale”.

Ma non tutti sono entusiasti. Il politologo libanese As’ad Abu Khalil ha criticato la tendenza dei giornalisti occidentali a cercare un “Lawrence d’Arabia” per spiegare il successo della rivolta in Egitto. Un atteggiamento che, secondo lui, è un tentativo colonialistico di togliere il merito agli egiziani.

Negli ultimi anni Sharp ha rallentato il ritmo. La sua voce è incerta. Quando è stanco, i suoi occhi azzurri si annebbiano. Di recente, dopo un incidente, ha smesso di guidare. Sharp fa la spesa da solo, ma Raquib lo segue quando la strada è ghiacciata. Lui non ne è contento. Convinto che il suo lavoro sia tutt’altro che finito, ha appena inviato alla Oxford University Press il manoscritto di un nuovo libro che uscirà in autunno, “Sharp”s dictionary of power and struggle”. Sharp vorrebbe far sapere ai lettori che non è stato lui a scegliere il titolo, che secondo lui “è un po’ immodesto”. Un altro manoscritto già pronto riguarda i suoi studi su Einstein, i cui timori sul totalitarismo hanno spinto Sharp a dare il nome dello scienziato al suo istituto (Einstein ha anche scritto la prefazione al primo libro dello studioso, “Gandhi wields the weapon of moral power”). Nel frattempo Sharp segue con grande interesse la situazione in Medio Oriente. E’ rimasto molto colpito dalla disciplina mostrata dai manifestanti egiziani nelle loro proteste, e soprattutto dal loro coraggio. “E’ stato Gandhi ad insegnarlo”, dice Sharp. “Se il popolo non ha paura della dittatura, la dittatura è nei guai”.

Biografia di Gene Sharp:
28 gennaio 1928: nasce negli Stati Uniti.
1949: ottiene un diploma in scienze sociali all’università dell’Ohio.
1953: viene arrestato e resta in carcere per nove mesi per aver fatto obiezione di coscienza durante la guerra di Corea.
1968: ottiene un dottorato in teoria politica ad Oxford.
1983: fonda la Albert Einstein Institution, per lo studio e l’utilizzo della nonviolenza nei conflitti.
1993: pubblica “From dictatorshipto democracy”, una guida su come rovesciare i dittatori in modo nonviolento.
2008: l’Iran lo accusa di essere un agente della CIA.

SHERYL GAY STOLBERG Gene Sharp, ispiratore di rivolteultima modifica: 2011-04-11T15:30:17+02:00da mangano1
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