Ercole Patti: “Un bellissimo novembre”, 1967

dal blog via delle belle donne
Ercole Patti: “Un bellissimo novembre”, 1967
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by Bartolomeo Di Monaco in Di Monaco Bartolomeo, Ercole Patti, Recensioni e note di lettura

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Ercole Patti

Nato a Catania il 16 febbraio 1903 e morto a Roma il 15 novembre 1976 (il giorno e il mese coincidono con quelle stringate parole che chiudono il romanzo: “Era il 15 novembre del 1925”), Ercole Patti appartiene alla larga schiera degli scrittori siciliani che hanno dato un contributo di alta qualità alla letteratura del nostro Paese.

Ottimo giornalista, si dedicò poi alla narrativa, scrivendo molti romanzi. Se ne ricordano alcuni: “Quartieri Alti” del 1940, da cui Mario Soldati trasse nel 1945 il film omonimo; “Giovannino” del 1954; “ Un amore a Roma” del 1956; “Le donne e altri racconti” del 1959; “Cronache romane” del 1962”; “La cugina” del 1965; “Un bellissimo novembre” del 1967, da cui Mauro Bolognini trasse nel 1969 il film omonimo, con la sensuale Gina Lollobrigida nella parte di Cettina; “Graziella” del 1970; “Diario siciliano” del 1971, vincitore del superpremio Campiello; “Gli ospiti di quel castello” del 1974.
Fu anche autore teatrale e sceneggiatore cinematografico.

“certamente lo zio Concetto era l’amante della mamma chissà da quanto tempo, forse da sempre, da quando lui era bambino e non poteva capire queste cose.” È Nino, il protagonista di “Un bellissimo novembre”, che sta riflettendo sui rapporti tra un uomo, che lui chiama zio Concetto, e sua madre, rimasta vedova quando Nino aveva tre anni e lei ventisette. Nino ha sedici anni, e solo ora dà un senso ai rapporti che intercorrono tra i due: “vedere la mamma sotto quell’aspetto erotico come donna che fa all’amore lo turbava molto e lo faceva soffrire con un sentimento misto di umiliazione e di gelosia.” Nino sta scoprendo la sessualità. Zia Cettina, che ha ventotto anni, bella e sensuale, ogni tanto compie nei suoi confronti gesti tesi ad eccitarlo.

È un romanzo che non ha preludio, entra direttamente nel tema: la scoperta della sensualità da parte di un ragazzo, ma anche la sensualità vista nella sua forza di seduzione attraverso la figura di Cettina.

Davanti al ragazzo la zia “si sfilò l’abito che appese a una gruccia e rimase in sottoveste; poi sedette su una delle poltrone ai piedi del letto e si tolse le calze.” I gesti di Cettina sono voluti, e richiamano alla mente quelli di Angela (interpretata da una splendida Laura Antonelli) nel film “Malizia” di Salvatore Samperi, del 1972. Viene in mente anche il film “Il laureato” di Mike Nichols, dello stesso anno del romanzo, il 1967.

Cettina è intrisa di seduzione, l’autore ne fa una specie di mantide religiosa, e lo sarà in effetti nei confronti di Nino; la sua vocazione alla conquista del maschio, ancor di più se inesperto di cose d’amore, ne fa un simbolo del potere maliardo e irresistibile della donna.

Il suo modo dimesso di vestire è lo strumento silenzioso della conquista, esibito con l’accortezza del ragno che tesse la sua tela invisibile: “Apparve davanti al palmento verso le cinque del mattino con un vecchio maglioncino scolorito, una corta veste di lanetta e un paio di stivaletti allacciati fino a metà polpaccio. La sottana stretta e tirata ad ogni passo le delineava le gambe.”

È la Cettina che si presenta ai vendemmiatori intenti al lavoro, all’interno di un quadro descrittivo che la innalza a dominatrice di uomini.

L’autore mantiene al centro della sua narrazione la sensualità, anche quando il suo occhio si volge in giro. Perfino al culmine della bella descrizione di Catania, lo sguardo torna di nuovo a calarsi nel turbinio dei sensi che avvolge il ragazzo: “Nino dal suo divanetto le vedeva le cosce fino in fondo.” Tutto si pone e si muove ispirato dalla sensualità. Sotto questo profilo è un libro intenso, sorretto da una scrittura semplice ed efficace, che non dà tregua. Quando Cettina mangia i fichidindia raccolti e sbucciati da Nino, non fa altro che celebrare un rito d’amore, lo stesso che nel mondo animale: “il succo le colorò le labbra, il mento e i denti bianchi, con un canino che sporgeva graziosamente sugli altri.”

Così pure allorché avvicina il ragazzo e si mette a togliergli le spine: “gli prese la mano, se la appoggiò sulla gamba per tenerla ferma e cominciò a cercarvi le spine”.

O quando spara con il fucile: “Nel contraccolpo le si sciolse una ciocca di capelli che le scivolò sul viso.”

In certi momenti la felicità di Nino somiglia a quella del ragazzo Leo che fa la spola tra i due amanti (la donna è interpretata da una irresistibile Julie Christie) nel bellissimo film di Joseph Losey, “Messaggero d’amore”, del 1971, tratto dal libro di Leslie Poles Hartley “L’età incerta”, del 1953: “Nino andava su e giù correndo come un bel cane affettuoso, coi suoi capelli a strisce scolorite dal sole e dal mare, felice di vedere Cettina così contenta e accalorata, di vederle sussultare la testa delicata agli scoppi del rustico fucile del massaro.” La scena di Nino che sorprende al termine del romanzo la zia che fa all’amore con Sasà ha molte affinità proprio con la scena in cui Leo sorprende Mariam e Ted nel film di Losey.

Non è amore, ma passione, quella di Nino. La gelosia che lo assale, ne fa un burattino nelle mani della donna, che gli si concede con quel bizzarro piacere di assistere ad una iniziazione. Dopo, “Lei lo trattò come sempre come se non fosse accaduto nulla fra loro.” È la donna a condurre la partita; acuisce con un’indifferenza apparente l’eccitazione del ragazzo, le piace constatare che la cerca con gli occhi e con ogni suo gesto. Gode del suo potere. Gli si concede ogni tanto, dosandone la misura. Nino è succube, stordito, e ancor più quando la gelosia si fa irruenta. Accade nel momento in cui sulla scena compare un bellimbusto, donnaiolo incallito, Sasà Santagati. Questi si mette a far la corte a Cettina, perfino davanti a Nino, dando mostra di non considerarlo affatto e di ritenerlo “un ragazzotto ingenuo che forse non capiva nemmeno se lui faceva o no la corte a Cettina.”

Per conquistare Cettina, Sasà si fa ben volere dal marito, lo zio Biagio, che lo ammira in tutto e non si accorge delle sue mire verso la moglie. Nino, invece, vede tutto questo, ma non sa come reagire per tenersi tutta per sé la zia. Il desiderio del possesso assoluto della donna che gli ha fatto scoprire il piacere della sessualità è dirompente. L’autore sta lavorando su di un crescendo che avvolge Nino di una aggressività latente e pericolosa: “Nino aveva perduto completamente la testa. Seguiva tutto il giorno Cettina e se gli era impossibile starle vicino la teneva d’occhio da lontano.” Quando Cettina torna da una corsa in auto con Sasà “A Nino parve tutta sottosopra come se il vestito e il fazzoletto le fossero stati molto manomessi.”

Ma non finirà qui. Nino è ancora adolescente, non può competere con un uomo. È scritta nelle leggi della natura la sua inevitabile sconfitta, e se ne renderà conto solo scoprendo i due amanti.

Patti ha scritto un romanzo breve, ma le poche pagine che lo compongono sono più che sufficienti a trasformare l’erotismo di cui è intriso in grande letteratura.

Ercole Patti: “Un bellissimo novembre”, 1967ultima modifica: 2011-04-20T18:19:35+02:00da mangano1
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