Per Giordana e Antonio
pubblicata su facebook da Maurilio Rino Riva il giorno venerdì 24 giugno 2011
Erano moglie e marito, due miei compagni. Lui se n’è andato oramai da sette anni, lei invece ci ha lasciato la notte di giovedì 16 giugno.
Antonio è stato uno dei miei amici più affini ma, per ragioni che il cuore spesso non conosce, il nostro rapporto arrivò a logorarsi di netto e per anni siamo rimasti in rotta di collisione.
Capita che appaia talvolta ai più come uno di quelli sempre in procinto di mordere qualcuno, invece sono un mollaccione sentimentale: fui io a riprendere i contatti che, a poco a poco, ci fecero tornare amici come prima, più di prima.
La nostra mente sognatrice già vagheggiava i futuri viaggi turistici e culturali che avremmo organizzato insieme: Parigi prima di tutto poiché Antonio, che della Ville Lumière è stato un innamorato da lontano e buona parte della sua iniziale formazione poetica e musicale proveniva quasi tutta da quella città, lì per qualche strano motivo non c’era mai stato.
La vita di frequente si incarica di sparigliare le carte e così, in pochissimi mesi, Antonio – che prima di quel momento non aveva mai sofferto di nulla – contrae un male incurabile.
L’ho assistito giorno dopo giorno, come un fratello, fu lui a definirmi in questo modo, fingendo una normalità inesistente e l’ho accompagnato sin sulla soglia del trapasso.
Giordana e il figlio Dario – condividendo le sue idee, organizzarono un degno funerale civile che vide la partecipazione di centinaia di persone – mi proposero di pronunciare l’orazione funebre.
Ce l’ho messa tutta ma non sono riuscito, in corso d’opera, a trattenere la commozione.
Ho mantenuto i rapporti di amicizia con Giordana, da cui mi recavo anche per farmi tagliare i capelli. Una consuetudine che metteva a frutto le sue competenze di acconciatrice per le più o meno attempate donne del quartiere.
Ci sentivamo per telefono e qualche volta capitava che ci vedessimo per una cena in comune.
Sono volati gli anni. In quello che sta trascorrendo, i nostri rapporti si sono un po’ diradati dopo le vicende in cui mia moglie è stata coinvolta: l’incidente automobilistico con la coda della lunga degenza ospedaliera e tutto ciò che ha comportato in seguito.
Ci siamo sentiti poco e visti ancor meno. Potrei accampare delle attenuanti ma niente mi toglie dalla mente che avrei potuto fare per lei qualcosa di più, quel tanto che la convincesse che su di me poteva ancora fare pieno affidamento per qualsivoglia motivo.
Per Giordana, la morte di Antonio non è mai stata messa alle spalle. Di questo ne sono assolutamente persuaso: il legame sentimentale era forte e solido è rimasto. Un giorno mi confidò che era in collera con il marito, non le doveva fare questo: «Non doveva andarsene così».
So che queste affermazioni possono apparire paradossali e irragionevoli ma, se ci si pensa bene, si può comprendere il senso profondo e desolato del suo risentimento.
La vita, senza Antonio, a un certo punto deve esserle sembrata poco interessante, tanto da farla ritirare progressivamente da quegli impegni sociali che aveva sempre onorato.
Colpa anche mia non essermi adoperato, per quanto era nelle mie facoltà, affinché allontanasse da sé questi brutti pensieri.
Che Giordana soffrisse di solitudine non ho mai avuto dubbi ma direi una bugia se affermassi che quello che di tragico è accaduto fosse stato in qualche modo presagito.
La morte ti sorprende sempre, arriva a colpo sicuro, non suona il corno né il tamburo.
Nell’orazione funebre pronunciata per Antonio, mi soffermavo sul carattere forte di Giordana che lei, con una espressione del volto nient’affatto convinta, tendeva a rigettare.
Forse così forte non lo era affatto, non così tanto da impedire chequella notte la solitudine prendesse il sopravvento fino a spaccarle il cuore.
Ho la speranza – nonostante tutto – che in qualche mondo parallelo dei non più vivi, lei ora sia tra le braccia del suo Antonio.