EGOVISTA. “La commedia sexy”

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Sul finire degli anni Sessanta irrompe l’elemento erotico nella cinematografia nostrana: “si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana nel costume italiano, frutto della modernizzazione forzata del periodo e della trasformazione dell’Italia da paese agricolo a potenza industriale, con la conseguente urbanizzazione che comporta anche un superamento dei valori propri del precedente modo di vivere” (S.Della Casa)[1]. Sono anche gli anni in cui il cinema italiano non  gode di quella che si definirebbe propriamente una “buona salute” (a differenza di oggi che si rimpiange Fellini, si manda Bellocchio a rappresentare l’Italia nei festival e, nel frattempo, si fanno fare i “film” a Muccino…), influenzato com’è dal cinema a stelle e strisce, e del quale gran parte della cinematografia indigena (nel senso di nostrana e di “primitiva”) non ne costituisce che il pallido riflesso (ma ci sono anche grandi autori del calibro di Leone e Argento). Trattremo brevemente la storiografia del filone (e dei suoi sottofiloni), nel corso di questo lavoro.

L’erotico casereccio, che secondo C.Cosulich si ricollega alla tradizione fescennina, oltre ad essere  un prodotto davvero “made in italy” in tutte le sue componenti  (luoghi, circostanze, situazioni e la componente erotica che attinge all’immaginario erotico collettivo dell’italiano medio), pur possedendo alcuni tratti propri del “genere” – “décors e personaggi ricorrenti, distribuzione dei ruoli, codici linguistici particolari, presenza di garanzie fisse per lo spettatore del genere in cui si iscrive il film singolo, richiami interfilmici, con le stesse scene trattate alla stessa maniera” (G.Buttafava)- è da considerarsi piuttosto un filone. La nostra attenzione si focalizzerà proprio sull’immaginario erotico che questo filone sottende, rappresenta e propone.

La commedia sexy, che ha sorretto con i suoi incassi  gran parte del cinema cosiddetto “nobile” di casa nostra, “esplode” nei primi anni Ottanta a causa della proliferazione delle tv private e dell’affermazione (sia pure in una dimensione di nicchia) delle pellicole a luci rosse, e delle sale ad esse dedicate. “Esplode” nel senso letterale del termine: quest’artefatto della fabbrica[2], è  talmente “condensato” nell’immaginario del pubblico, che non trova più spazio all’interno delle sue coordinate, così come erano state tracciate dalla sua evoluzione. In pratica, ciò che avviene non è la morte della commedia sexy, ma la sua reincarnazione nei consumi degli anni Ottanta. La sua diffrazione nelle forme stesse del consumo degli anni a venire. “La poliziotta della squadra del buoncostume” (1979) di Michele Massimo Tarantini e “La ripetente fa l’occhietto al preside” (1980) di Mariano Laurenti sono, a parere della critica, gli episodi più degni prodotti in questa fase. Azzardando:la commedia sexy si pone come “teoria”[3], una delle teorie, con cui l’Italia degli anni Ottanta si sarebbe rappresentata nelle forme stesse del consumo. Questo punto verrà trattato con più attenzione pur senza alcuna pretesa di totalità.

Una pellicola, letta in controluce, sa dirci molto dello spirito del tempo. Quello che cercheremo di fare in questo lavoro è essenzialmente cogliere l’istanza dello sguardo, o meglio:degli sguardi, che sono alla base della bistrattata commedia sexy. Perché “alla base di un film ritroviamo l’atto di uno sguardo, gettato sul mondo e disposto ad interpretarlo, ad attribuirgli un significato”[4].Ci concentreremo su alcune rappresentazioni, escludendone molte altre, sia pur non meno interessanti, e  inevitabilmente (per ragioni di spazio e nei limiti di chi scrive) semplificando molto…

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Breve storiografia della commedia sexy

 
Si rende necessaria, per meglio inquadrare la comprensione dei fenomeni in esame, una sia pur breve storiografia della commedia sexy (nella coscienza che non si avanzerà un lavoro storiografico vero e proprio, e che questo paragrafo non pretende di ricostruire esattamente la “filologia” della commedia sexy, quanto piuttosto definire  alcune coordinate entro le quali muoverci).

La commedia sexy, va ad inserirsi in un terreno già “concimato”, da un un filone che si tende a con-fondere con la la commedia sexy stessa, ma che è qualcosa di evidentemente diverso: il decamerotico. L’importanza di questo filone ai fini di questo lavoro, non è data tanto dalla sua genesi e dalla sua evoluzione, quanto dalla sua definizione di una estetica nel pubblico, e la sua capacità di iniziare un discorso che la commedia sexy porterà avanti: la liberalizzazione del nudo, la rappresentazione di una nuova poetica della femminilità, nonché la distanza imposta tra il corpo nudo di questa femminilità e lo sguardo del pubblico[5]. Questo filone esploso per una sorta di “filiazione volgarizzata” dalla trilogia della vita pasoliniana, ha passato alla commedia sexy non solo gran parte del suo canovaccio, ma anche una certa predisposizione del pubblico ad accoglierlo ed amarlo (davvero mutate saranno solo le ambientazioni) e della critica a denigrarlo (troppo facile sparare sulla commedia sexy, dando di fatto del deficiente al pubblico che pagava la fruizione di questa “pornografia dell’imbecillità”[6] ).

Il decamerotico, vero e proprio filone meteora,  ha prodotto dal 1972 al 1975 una cinquantina di pellicole, dall’alterna fortuna, e naturalmente di diverso valore. Sarebbe noioso e peraltro inutile elencarle tutte, basterà citare alcuni titoli. Il primo “omologo” pasoliniano è stato Una cavalla tutta nuda(1972, F.Rossetti), anche se una certa aria boccaccesca si respirava già in Sexy proibitissimo(1963, O.Civirani) che ha anticipato di qualche anno lo stesso Pasolini. Da  Boccaccio(1972, B.Corbucci) fino alla morte del decamerotico, vengono prodotti film dal cast piuttosto modesto, con l’apparizione di tante meteore del cinema nostrano e attrici che non facevano in tempo a denudarsi del tutto prima di sparire completamente, e da  budget ancora più esigui. Il minimo comun denominatore tra questi film è la struttura a cornice e l’ambientazione. Tra le varie rivisitazione delle novelle boccaccesche e la scrittura di soggetti più o meno originali, si inserisce il brancalerotico Quel gran pezzo dell’Ubalda, tutta nuda e tutta calda(1972, M.Laurenti), vero e proprio cult , che oltre a lanciare la sensualissima Fenech e vantare la presenza del dominatore del filone decamerotico, Pippo Franco, va a costituire un sottofilone, la cui differenza dal filone principale non si dà tanto nei contenuti, quanto nella funzione poetica dei titoli. Ecco allora l’aretiniano La bella Atonia, prima monica e poi dimonia (1972, M.Laurenti), sempre con la Fenech, Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno(1972, A.Albertini), Racconti proibiti di niente vestiti(1972,B.Rondi), Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti(1972,A.Massaccesi), Donne e magia con satanasso in compagnia(1973,R.Bianchi), Frà Tazio da Velletri(1973, R.Gastaldi), Novelle licenziose di vergini vogliose(1973, A.Massaccesi), I racconti di Viterbury(1973, E.Re), e Quant’è bella la Bernarda tutta nera e tutta calda(1975,L.Dandolo).

La lista sarebbe ancora lunga, ma tra i tanti è doveroso ricordare La principessa sul pisello(1976, P.Regnoli) che detiene un (imbarazzante) primato nel decamerotico: è riuscito a incassare appena settemila lire, e per un film dal titolo così allusivamente illuminante, che non aveva neppure la pretesa di essere, sia pur vagamente, impegnato è davvero un bel guinnes!

2. checco zalone .jpegPer arrivare al filone di cui questo lavoro si occupa, dobbiamo aspettare la metà degli anni Settanta, anche se i “modelli colti” dai quali la commedia sexy prende le mosse, escono nelle sale già un decennio prima dell’esplosione del filone. Modelli colti quali Signore & Signori(1966, P.Germi), Grazie zia(1968, S.Samperi) e Malizia(1973, S.Samperi), che sono espressione di un certo cinema, che certo la commedia sexy non è interessato a portare avanti e forse neppure a “volgarizzare”. Certo è che il marchio di Saperi si fa sentire, seppure il nome di questo giovane regista “arrabbiato” ha poco in comune con gli “artigiani” della commedia sexy. In effetti ciò che il pubblico ricorda dei film di questo filone, piuttosto che i registi e la loro professionalità, sono  comici del calibro di Pippo Franco (per il decamerotico in particolare), Lino Banfi (e la sua inconfondibile cadenza), Renzo Montagnani (per la sua disinvolta eccitabilità), Alvaro Vitali (il Peter Pan del “pruriginoso casto” dei pierini) e Lando Buzzanca (che in realtà ha frequentato la commedia sexy con meno pervasività di quanto il senso comune gli  attribuisca). Sono ancora la sensualità di attrici quali Edwige Fenech, Nadia Cassini, Gloria Guida, Annamaria Rizzoli, Lilli Carati, Lory Del Santo, Carmen Villani e Carmen Russo. Il tutto condito da caratteristi come Aldo Maccione, Pino Colizzi, Enzo Cannavale, Carlo Giuffrè, Bombolo, e Roberto Cenci (come dimenticare il suo infaticabile onanismo?). Detto ciò bisogna sicuramente sottolineare quanto poco importasse agli “artigiani” della commedia sexy, sottolineare qualsiasi presunta autorialità. Ciò che interessava loro era filmare, e spesso con budget davvero ridotti, piuttosto che firmare (tant’è che molti registi utilizzavano pseudonimi, e non solo per una sorta di imbarazzo da serie Z). I “grandi” nomi della commedia sexy sono, per un equilibrato rapporto qualità-quantità,  comunque tre: Fernando Cicero, Michele Massimo Tarantini e Mariano Laurenti. Da ricordare è anche  la professionalità di Roberto Bianchi Montero, Mario Girolami, Adalberto Alberini e Giuliano Carnimeo.

 Dopo questa doverosa premessa, è altrettanto doveroso  porci una domanda: cos’è la commedia sexy? Una prima definizione della commedia sexy è quella di un prodotto audiovisivo che si caratterizza per la miscela di tre caratteristiche fondamentali: la comicità (più o meno triviale) di comici e caratteristi e del rapporto con il loro corpo[7], l’elemento sexy ovvero la nudità (più o meno esibita) delle attrici, e infine ma non meno importante, la serialità (di tematiche, ambientazioni, situazioni oltre che di attrici, comici, e registi). E’ quindi lecito, anche se l’elemento “commedia” è piuttosto marginale o manca del tutto,  inserire all’interno di questo lavoro sulla commedia sexy , i filoni erotici-famigliari di “derivazione maliziesca”, gli psicologici-adolescenziali, in quanto è riscontrabile in essi gli elementi (schemi e figure) che andranno a caratterizzare la commedia sexy “pura”.  Nella protocommedia sexy dobbiamo annoverare il mitico Giovannona Coscialunga, disonorata con onore(1973, S.Martino) e All’onorevole piacciono le  donne(1972,L. Fulci), il quale viene ricordato per la censura che incontrò, non per forma e contenuti, ma perché sembrava ispirarsi a un ministro democristiano di quegli anni(interpretato tra l’altro da Lando Buzzanca, con sottotitolo Nonostante le apparenze e purchè la nazione non lo sappia…censura a parte, alla sua uscita questo film venne decisamente stroncato). E ancora Sessomatto(173, D. Risi), il “bidone”[8] La signora gioca bene a scopa?(1974, G. Carnimeo), nonchè lo scollacciato filone nato con Quando le donne avevano la coda(1970, P. Festa Campanile) fino ad arrivare a Quando gli uomini armarono la clava e con le donne fecero din-don(1971,B.Corbucci) nel quale ha lavorato una futura icona della commedia sexy:Nadia Cassini.  Dal 1974 e per un paio d’anni, si impone (più che dal sapore samperiano antiborghese di Malizia, dalle cosce della Antonelli,) l’  erotico-familiare, che porterà nella commedia sexy cugine, zie, cognate, nipoti, matrigne ecc. pronte a iniziare l’onanista capellone di turno o la gelosa bambina edipica che fa gli occhi dolci al paparino con l’amante. Ecco allora La cugina(1974, A.Lado), L’amica di mia madre(1975,M.Ivaldi) con la presenza di Barbara Bouchet e il lancio di Carmen Villani, La cognatina(1975, S.Bergonzelli), Le dolci zie(1975,M.Imperioli), La nuora giovane(1975, L.Russo), La nipote del prete(1976, E.Greco), e così via. La malizia si concentra ora sull’età ed è proprio Quell’età maliziosa(1975, S.Amadio) a lanciare la bellissima sempregiovane Gloria Guida. E’ l’età del La minorenne(1974, S.Amadio), La ragazzina(1974, M.Imperioli), L’adolescente(1975, A.Brescia) e la lista sarebbe lunga davvero…

Dai vizi di famiglia, passando per i peccati delle ragazzine, la commedia sexy si dirama in una miriade di sottofiloni che rappresentano, e in parte saturano, le fantasie erotiche del maschio siculo-latino: ce n’è praticamente per tutti, o meglio: c’è di tutto per tutti, ma si vede poco di quel Solco di pesca(1976, M. Liverani)  che la commedia sexy sembra promettere fuor di metafora. Ne parleremo più avanti. Intanto, per concludere questa breve storiografia della commedia sexy, dobbiamo ricordare proprio quei sottofiloni in cui la commedia sexy si dirama. Il primo, se dovessimo attenerci ad un criterio strettamente cronologico, sarebbe lo “scolastico”, per aprire il passo al “militare”, al “professionale” e, in ultimo, al “vacanziero”, che coincide con la fase terminale della commedia sexy.

Per quanto riguarda lo scolastico, da cui deriverà il filone lampo dei pierini con il mitico Alvaro Vitali, basterà ricordare pochi titoli, per legarli alle icone della commedia sexy. A inaugurare questo fortunato sotto-filone è la prosperosa Fenech con L’Insegnante(1975, N.Cicero). Dello stesso anno è il film(a metà strada tra lo psicologico adolescenziale e lo scolastico, comunque molto scollacciato) che si lega al nome di Gloria Guida(che già nella prima scena mostra in primo piano il proprio pube, prima di rinfrescarsi nella doccia) e che la vede dall’altro lato della cattedra: lì dove la Fenech era la professoressa(di Greco), la Guida è La liceale(1975, M.Tarantini) un po’ distratta e immatura. Carmen Villani invece è La supplente(1975,G.Leoni) , mentre Dagmar Lassander è ancora una professoressa in Classe mista(1976,M.Laurenti), così come Lilli Carati ne La professoressa di scienze naturali(1976,M.Tarantini) e l’affascinante Nadia Cassini, lanciata proprio da questo film, in L’insegnante balla con tutta la classe(1979, G.Carnimeo).
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Anche le caserme divengono luogo privilegiato per esibire le proprie curve: i seni della Fenech ne La dottoressa del distretto militare(1976, N.Cicero), o i glutei della Cassini in La dottoressa ci sta con il colonnello(1980,M.Tarantini). La Fenech rimane comunque la principale frequentatrice di questo sottofilone, dando il via a una serie di emuli senza militari: Il medico…la studentessa(1976, S.Amadio)

con la Guida, Il ginecologo della mutua(1977,Joe D’Amato) con Paola Senatore,  e trovano posto persino i bidoni, sempre secondo l’accezione di cui sopra, come La dottoressa preferisce i marinai(1981, M.Tarantini).Il cerchio delle professioni(e dei bidoni se si fa riferimento al titolo) si apre:abbiamo Daniela Giordano ne La cameriera(1974,R.Bianchi Montero), Femi Benussi ne La commessa(1975, R.Garrone), Martine Brochard ne La governante(1975, G.Grimaldi), Ursula Andress ne L’infermiera(1975,N.Rossati), Irene Miracle ne La portiera nuda(1975,L.Cozzi),e ci sono addirittura Le impiegate statali(1976,M.Landi, sottotitolo:Batton story). Nadia Cassini è L’assistente sociale tutta pepe(1981, N.Cicero), Lory del Santo La gorilla(1982,R.Girolami), Edwige Fenech La pretora(1976, L.Fulci), ma anche una Taxi Girl(1977, M.Tarantini). La poliziotta fa carriera(1976, M.Tarantini) dischiude un minifilone all’interno dei professionali, da ricordare, sempre con la Fenech, La poliziotta della squadra del buoncostume(1979, M.Tarantini). Il “vacanziero”, invece, ha avuto meno fortuna degli altri sottofiloni di cui abbiamo finora discusso, probabilmente perché non poteva vantare nel cast grandi nomi(ed è vero sia per i comici, che per le attrici) se si esclude quello di Annamaria Rizzoli, regina incontrastata di questa incursione della commedia sexy nel mondo “holiday” delle vacanze al mare. I titoli più interessanti sono senza dubbio L’insegnante al mare con tutta la classe(1980, M.Tarantini), La cameriera seduce i villeggianti(1980, A.Grimaldi) e Una vacanza del cactus(1982, M.Laurenti) che rè doveroso ricordare anche per la grande presenza nel cast dell’ormai scomparso Bombolo.

 
Ancora tutta da scoprire…

 
Nel 1958, l’anno prima che uscisse Europa di notte di Blasetti (pseudoducumentario[9] che lanciò i sexymondo), considerato dalla critica come il prodromo del cinema sexy in Italia, mentre il cinema scendeva a patti con la televisione (non si sviluppa un sistema organico e funzionale dei generi, non si pensa in termini di industria, c’è una flessione del cinema in questo decennio d’avvento della tv), e la democrazia cristiana conquistava l’industria culturale (in primis la tv) palesando la sua missione pedagogica, Aichè Nana esibeva la sua nudità nelle “caldi” notte trasteverine. Carosello, “primo specchio del desiderio degli italiani”[10] , aveva conquistato l’Italia già da un anno, vendendo l’euforia del consumo prima ancora dei prodotti pubblicizzati. La crescita economica della nostra nazione, insieme all’aumento dei redditi e dei consumi (non solo naturali ma anche psicologici e sociali, veri e propri “beni di status, il cui possesso ha la funzione di rappresentare la posizione di ceto occupata dagli individui”[11]) vanno a ridefinire l’universo valoriale nonchè la sessualità degli italiani. Le marche introducono un nuovo criterio di selezione dei consumi così come i consumi introducono nuovi criteri di selezione dei valori. L’Italia è in Europa uno dei maggiori paesi per investimenti pubblicitari. Passando per le contestazioni anticonsumistiche del ’68 , fino ad arrivare alla fine degli anni Settanta, l’Italia  continua a consumare, magari più moderatamente, ma continua a consumare. Intanto le donne avevano cominciato a misurarsi con l’acquisizione di alcuni diritti, quali l’aborto (che “apre la stagione delle grandi manifestazioni di piazza” facendo sì che il femminismo diventi un “fenomeno sociale diffuso, una bussola per una intera generazione”[12] ), il divorzio, la legge sulla parità nel lavoro, la riforma del diritto di famiglia ecc. Ma non è soltanto sul piano legislativo che la condizione femminile si trasforma. Nell’istruzione (superando per numero diplomati e laureati dell’altro sesso) come nel lavoro (specie nel terziario), le donne sapranno imporsi  in maniera piuttosto decisa. Proprio quell’esercito di commesse, segretarie, impiegate, maestre andranno ad alimentare le fantasie erotiche dell’italiano medio; fantasie che verranno “cavalcate” dalla commedia sexy…andandosi certo a con-fondere  con l’immagine della casalinga madre tutta cucina e marito, insieme a una indiscussa ironia sul femminismo.

Ma torniamo indietro. E’ il 1961, esce Io amo, tu ami di Blasetti. Qui c’è già parecchio della commedia sexy: voyeurismo e ironia, reggicalze e buchi della serratura.. Contemporaneamente Jacopetti, Prospero e Cavara propongono il loro Mondo cane. Sorta di documentario dal retrogusto sadico che farà strada non solo ai successivi La donna nel mondo e Africa addio, ma produrrà una miriade di altri prodotti, nei quali l’elemento sexy sarà in effettti quello prevalente, e l’accettazione del nudo passerà grazie al pretesto documentaristico. E’ l’elemento esotico, antropologico e d’inchiesta giornalistica,  insieme ai giochi di luce(e soprattutto di ombre) che aveva permesso una certa esposizione dell’elemento erotico negli apripista del mondo-movie di Jacopetti e Prosperi , prima, e in tutte le loro possibile declinazioni dei “mondo-movie”, “sexy-movie” e “Africa-movie”, dopo. Questo fenomeno ha sicuramente catalizzato quel processo di liberalizzazione del nudo, che  nella sua evoluzione nella commedia scollacciata verrà relativamente normalizzato. E in questo fenomeno non voglio certo rintracciare la filologia della commedia sexy (di cui questo lavoro non si occupa) quanto piuttosto definire un contesto, sia pure approssimativo, di una mutata concezione del nudo. Comunque, è con I segreti delle città più belle del mondo, di Luciano Martino(con lo pseudonimo di Dan Lopert), che il folto gruppo dei mondo-movie va in pensione. Era ora di alzare la posta:l’Italia era cambiata. Gli ammiccamenti del corpo esibito avevano invaso lo spazio urbano nelle  copertine delle riviste e nei manifesti pubblicitari. Anche la tv aveva deciso di mettersi a nudo. La Ciuffini dello storico Mike Bongiorno esibiva con “allegria” le sue forme alle riviste per uomini soli(e non solo…) sino ad accompagnarli al cinema con Oh, mia bella matrigna(1976,Leoni), mentre le Kessler si erano tolte la calzamaglia per Playboy .

 
Sexy senza sex.Voyeurismo, reggicalze e tormenti  adolescenziali

 
“Era una piccola attrice Fu definita grande

Quando apparve in un film

Senza mutande”

Dino Risi, “Era una piccola attrice”[13]

 
Il filone “pseudo-boccacesco” celebra indubbiamente una sessualità “gaudente e ridanciana”[14], ma raggiunge una tale saturazione del mercato, oltre ad una  “impressione di avere, nel corso di quattro o cinque anni, dato fondo alla letteratura erotica universale”, che registi e produttori cominciano a volgere l’attenzione al presente: “quando l’erotismo lontano nello spazio e nel tempo ha esaurito il suo ciclo, si riprende a guardare attorno, tra le quattro mura di casa, nelle aule, nelle caserme e nei collegi”.Secondo Pitteri, dal medievale-boccacesco in poi, non si può affermare che  l’origine sia propriamente quella letteraria: non è tanto dalla tradizione erotica, sia essa letteraria o cinematografica,  che si può ascrivere l’origine della commedia sexy, quanto piuttosto nelle “tendenze più nobili espresse nel cinema italiano nel periodo fra il ’65 e il ’73 e che di questo-almeno nella prima fase- altro  non fu che la volgarizzazione, un tentativo maldestro di sposare argomenti, temi e generi di attualità, con gli ammiccamenti erotici che poco alla volta stavano prendendo piede in altri Paesi”[15].Così ad esempio, il familiare trarrebbe ispirazione da “una tendenza nobile degli ultimi anni ’60, quel cinema protestatario molto spesso centrato sulla degenerazione dei rapporti familiari e sugli scontri generazionali che trovava in Marco Bellolcchio e in Bernardo Bertolucci gli autori più significativi”. Ma è forse proprio nella distanza tra un Bellocchio e un Brescia, che si può rintracciare un motivo del successo della bistrattata commedia sexy di quegli anni: ha saputo comunicare ad un pubblico piuttosto vasto, un pubblico stanco delle elucubrazioni intellettualistiche di un certo cinema nobile. Gli anni Settanta sono quindi gli anni di un progressivo affermarsi “egemonico, nelle fasce basse , della dimensione erotica […] che mira a frenare l’emorragia del pubblico giovanile e popolare, abbandonando ogni pretesa inventiva e narrativa, giocando solo la carta della trasgressione e dell’incontro sempre più ravvicinato tra macchina da presa e corpo femminile”[16].  Che la trama sia ridotta all’osso e ci si affidi al corpo comico degli istrioni di turno e al corpo nudo delle protagoniste, è innegabile. Ma quanto di trasgressivo c’è davvero nella commedia sexy? “Se esite una misura dell’erotismo, essa consiste nella sovversione”[17]. Nella commedia sexy  è ipotizzabile sì una liberalizzazione del nudo, ma il desiderio non sfocia nella sua legittima consumazione ne tantomeno nella trasgressione sociale delle sue regole. La rappresentazione del sesso è opacizzata dalla contemplazione del nudo. Nella commedia sexy non c’è sex: ciò che viene rappresentato è il corpo (così come mamma l’ha fatto)  di Edvige Fenech, di Gloria Guida, di Carmen Villani, di Lilli Carati, di Carmen Russo, di Annamaria Rizzoli di Nadia Cassini, di Lory Del Santo…il corpo nudo, anzi de-nudato e de-contestualizzato. C’è la pura contemplazione del corpo femminile, un corpo che si concede al solo atto del guardare. “Poco alla volta scomparirono i viaggi iniziatici, le citazioni letterarie, i tormenti adolescenziali, le tensioni familiari, le ambientazioni esotiche e o medioevali, e presero piede i linguaggi da caserma, ambienti caserecci e trame che altro non erano che puri pretesti per spogliare le protagoniste[…]Rivolgendosi ad un pubblico più vasto e progressivamentte più giovane, questo cinema ha dovuto semplificare le situazioni e, soprattutto, evitare di infondere nello spettatore, seppur lontanamente, il senso della trasgressione”[18]. Effettivamente alla gratificazione del puro piacere voyeuristico non viene accompagnata una tensione al sovvertimento, e il corpo nudo della donna non è il motore che accende il desiderio per compiere un viaggio, ma la meta stessa di questo viaggio. “Non lasciando intravedere la possibilità di un piacere del sesso, non paventando l’eventualità del desiderio, eliminava il rischio di una curiosità nei confronti del sesso, riconducendo dunque la sua funzione ad un ambito esclusivamente riproduttivo”. Inoltre pare essere assente qualsivoglia problematizzazione del sesso, “il sesso è osservato dal buco della serratura” e si arresta alla contemplazione del corpo femminile”[19], spesso a parti di corpo (nelle quali vengono a identificarsi in toto le attrici: così la Cassini è i suoi glutei, la Fenech è i suoi seni, ecc.)  mentre non assume alcuna rilevanza un ruolo sessualmente attivo della donna, la cui unica soddisfazione è rappresentata dall’esser vista, nel farsi vedere, e nel vedersi vista. In pratica la donna rappresentata nella commedia sexy è l’ultimo baluardo dell’italiano maschio di quegli anni, che vedeva arretrare la propria posizione di superiorità rispetto a una donna in forte ascesa nella configurazione dei ruoli nella società .Una donna residuata nella propria ninfomania narcisista, un vampiro a cui non puoi che concedere il collo come tributo alla sua bellezza. Ma è proprio nella rappresentazione del ruolo di subalternità della donna, puro oggetto di desiderio di visione, agito e gratificato nell’atto della  visione stessa, e il distanziamento dalle problematiche relazionali e sociali, che si può cogliere non solo il ruolo “forte” della donna così come andava configurandosi in quegli anni, ma anche il desiderio di evasione derivante dalle tensioni  proprie di quel periodo storico. La donna rappresentata, seppur “inferiore” vince, e vince in virtù dello stereotipo che rappresenta: bella, troppo bella per perdere. Bella però d’una bellezza quotidiana. Se perde è perchè non abbastanza bella nella sua quotidianità, non contano i rivali (che sembrano anzi porsi allo stesso livello di imbecillità). Nel confronto vince la donna (bella) sull’uomo(brutto): il confronto viene cioè a porsi su un piano prettamente estetico. E su questo si innesta, per strati, lo stereotipo. Le protagoniste di questi film risultano vincenti proprio in forza del carattere selettivo ed autoritario della bellezza. E la bellezza è sempre uno sguardo sociale sul corpo, è “basata su criteri di giudizio culturali, spietatamente connessi ai rapporti di potere, a complesse e sofisticate forme di dominio del sapere”[20].

 Un caso esemplare di queste considerazioni è costituito da L’assistente sociale tutta pepe e tutta sale(1981,Cicero). Nadia, l’assistente sociale interpretata dalla Cassini, è caratterizzata nella trama per le sole qualità fisiche, e in virtù di queste agisce nella trama. Pur essendo il personaggio principale, assume un ruolo piuttosto marginale nello scioglimento: puro oggetto del desiderio voyeuristico, le sue uniche possibilità di ascesa sociale risiedono nella sua bellezza. Tutti dicono che è “bbona” e si voltano a guardarla. Può sposare un uomo ricco e passare le giornate mezza nuda sul bordo piscina. Ma, altro elemento di stereotipizzazione, lei è sensibile: vuole aiutare la gente, è quasi una madonna. Ha una bella voce ed è buona oltre che bella. Ma è la sola prestanza fisica, della quale nemmeno completamente  cosciente, a garantirle un ruolo di protagonista nel film e la possibilità di realizzare i suoi sogni (la sua carriera nel mondo dello spettacolo, il matrimonio con l’uomo che ama).Alla fine ottiene quello che vuole, gli altri semplicemente quello che meritano. E’ la Semiramide delle borgate. Inoltre l’atto sessuale è continuamente rimandato, mentre il piacere voyeuristico è immediatamente gratificato (all’inizio del film) e successivamente riprodotto. Questo film è però, ricordiamolo, un caso limite, forse il punto di “non ritorno” della commedia sexy. Se comunque, da un lato la logica dominante di questi film sembra essere quella di “ottenere una regressione collettiva al piacere del voyeurismo, alle emozioni del buco della serratura, al senso del peccato consumato solo con il desiderio”[21]; dall’altro appare piuttosto evidente la rilevanza sociale di questo spostamento del desiderio.

Verso la metà degli anni Settanta, nasce il filone dei “vizi di famiglia, e sollecita il ritorno del  rimosso dello spettatore di mezza età alle curiosità e al rapporto con i temi sessuali vissuto negli anni della scuola e dell’adolescenza in una società ancora fortemente repressiva”[22], ma anche la rappresentazione dei legami familiari fondati sul sesso e l’interesse. Proprio sesso e interesse economico (l’acquisizione di un certo status, piuttosto che l’acquisizione di una eredità, ecc.) si intrecciano su vari livelli. Costanti sono le esibizioni “archetipiche” del corpo femminile(doccia, letto, scala,ecc.). Famiglie benestanti e aristocratiche nelle quali i rapporti tra marito(“grande cornuto”) e moglie (“grande mignotta”[23])sono di mera convivenza. Sia lei che lui hanno uno o più amanti. E lui si fa raggirare da intraprendenti cameriere, segretarie ma anche da nipotine e figlie illegittime, che sanno sfruttare tutta la loro carica erotica per portare a termini i loro diabolici piani. Nel Simposio, Eros, figlio di Penia e Poros, della mancanza e dell’espediente,  viene descritto come “povero […] scalzo e senza dimora”, ma anche “infaticabile nell’escogitare astuzie […] incantatore terribile, preparatore di filtri”[24].  Ma in fondo “cos’è la parentela di fronte a due tette così?” si chiede Vito Gnaula di fronte all’adolescente Serenella, sua nipote.

 
 

 

Basta guardarla

 
Basta guardarla non è soltanto il titolo di un film di Salce. La regina Semiramide con la sua bellezza riuscì a sedare una rivolta. “Lo sguardo della bellezza distrae e governa la società. L’immagine del corpo […] vive in queste forme di distrazione e di governo:ne è impossessato e se ne impossessa”[25]. Le Semiramidi della commedia sexy, con la bellezza della nudità (spesso non integrale, e fugacemente colta attraverso un buco della serratura) del loro corpo possono ottenere tutto quello che vogliono. Un’eredità, come ne Il vizio di famiglia(1975,Laurenti), o un bottino, come ne La compagna di viaggio(1980,Baldi), e perchè no? Un marito, come in Buona come il pane(1982,Sesani). Perchè la storia delle Semiramidi della commedia sexy , è la storia dell’ascesa (sociale ma non solo) della bellezza e attraverso la bellezza. Spesso prostitute (ancora, ad esempio, Buona come il pane, e Il vizio di famiglia) , cameriere (Il vizio di famiglia), casalinghe & co. riescono a raggiungere posizioni sicuramente più ambite di quelle  di partenza.

Basta guardarle per capire perchè vincano. E il nudo, nella sua rappresentazione seriale, è , insieme alla comicità, la formula vincente della commedia sexy. Sfortunatamente per la commedia sexy si vedrà, e si vedrà anche di più e più spesso, il nudo altrove. Ma intanto è la commedia sexy a portare avanti (più per soldi, in verità, che per vocazione) quella liberalizzazione del nudo nella società italiana degli anni Settanta. Anzi: a portarlo talmente avanti da “normalizzarlo” a una fruizione, più o meno castigata, ma comunque familiare( forse anche e soprattutto perchè accompagnato dall’elemento comico).Questo, all’interno di un processo di liberalizzazione sessuale sicuramente più vasto…stava cambiando soprattutto  il rapporto tra gli italiani e il sesso, così come stavano cambiando i consumi, non soltanto mediali, degli italiani. “Il grande schermo ha riverberato le sue luci sui corpi di carne che abbiamo amato e desiderato. Ha governato il nostro sentire, educato il nostro sguardo, guidato le nostre scelte, addestrato la tattilità delle nostre mani, eccitato la nostra pelle e il nostro sesso[26]”. E’ nel grande schermo, secondo Abruzzese,  che Semiramide esercita, con maggiore efficacia, il suo potere sulle folle (il pubblico, i consumatori). E nel consumo realizza se stessa. Semiramide appare per vendere ed acquistare […] , per conseganare se stessa e te stesso alla geografia dei consumi”[27]. Il reggicalze che la moda femminile aveva messo ai margini, attraverso la rappresentazione di questo indumento intimo nella commedia sexy, ritorna in auge, e anzi viene ad essere individuata come icona della tentazione e del peccato. La liberalizzazione del nudo che la commedia sexy porta avanti in concomitanza con una maggiore disponibilità economica ( ergo una maggiore attitudine al consumo), non si accompagna alla problematizzazione della sessualità, così come gli italiani la vivevano. “La sessualità agisce sempre più nell’inconscio, come pulsione primaria, ma si esplica, si realizza per deviazioni e sostituzioni. Al posto del soddisfacimento sessuale si inseriscono altri piaceri su cui il desiderio può agire e fantasticare senza per questo impegnare i propri organi genitali. L’offerta dei consumi è fantasmagorica rispetto alle reali offerte di sesso”[28]. Allora l’immaginario rende sessuata le merce, con la conseguente “astrazione” della sessualità: dalla consumazione del sesso si passa così alla sessualità del consumo. E’ proprio alle dinamiche dei consumi che possiamo riferire quel mutamento progressivo da una sessualità concretamente agita dai corpi, alla sua più o meno parziale  deviazione nelle sfere dell’immaginazione. Quindi se “il mercato ha liberato il desiderio deviandolo  dalla sessualità in senso stretto ma anche legittimandola e rafforzandola, facendo cadere ogni comune senso del pudore, ogni pregiudizio morale, pretendendo elasticità e disponibilità, enfatizzando il corpo sessuato, propagandando il piacere laico e fine a se stesso dei rapporti erotici ecc.”[29], è anche vero che l’immaginario dei consumi si è dovuto scontrare con una realtà (istituzioni, forme di vita, la consistenza culturale e affettiva dei corpi)  meno disposta a legittimare una sessualità “liberata”.Così la commedia sexy propone una sessualità continuamente rinviata, ma sempre eccitata dalla visione di corpi nudi. Raramente nella commedia sexy viene mostrato un rapporto sessuale, e quando lo fa è in maniera molto più castigata di quanto non suggerisca . Piuttosto che liberare la sessualità, la commedia sexy, la riconduce alla sua funzione riproduttiva, quella cioè legittimata dalla realtà sociale. Contemporaneamente esprime ed esalta la gratificazione voyeuristica che rinvia costantemente il reale possesso dell’oggetto del guardare.  In questo senso risulta essere pienamente funzionale alle vecchie legittimazioni, “sapientemente costruite come trasgressione controllata”[30]. La commedia sexy si inserisce comunque all’interno di questi processi e li amplifica sino a quel punto di “rottura” che sarà l’avvento delle tv commerciali (e in misura minore, per le sue modalità di fruizione, il porno). Anche in questo sta l’estremismo del quale veniva (mentre oggi pare ci sia una sorta di rivalutazione) accusata la commedia sexy. Non soltanto in essa si trova ciò che gli italiani ci volevano trovare, ma lo si trova nella schiettezza (triviale?non solo…) più disarmante.  Vi si trova la crisi (sociale, strutturale,  economica, autoriale) in cui versava il  cinema (e quantomeno a livello economico, la commedia sexy ha garantito più di qualche boccata di ossigeno…), vi si trova il ripiegamento nel privato e il rifiuto delle istituzioni, della politica, nonchè di un un universo valoriale oramai logoro. Vi si trova la leggerezza, una voglia di “perelà”[31] lontana dalle riflessioni di un certo cinema (quello autoriale, molto spesso interessante, ma meno capace di parlare al grande pubblico). Vi si trova, ancora, la voglia di rappresentare e rappresentarsi un universo, magari omofobo, qualunquista, maschilista (e mille altri ismi negli epiteti lanciati contro la commedia sexy, da critici dal palato fine, in un momento in cui comunque molto cinema sapeva di tappo…) e stereotipato ma comunque abitabile e rassicurante. Dopo il grande ottimismo, gli anni si erano fatti di piombo: la commedia sexy  ha saputo toglierci qualche kg  di pensiero dalla testa e ha orientato la nostra attenzione altrove: sulle  generose forme di Semiramide. Ci ha detto: “Basta guardarla”. E in effetti (non) è bastato.

 

Ninfa sotto la doccia: il cervo, semmai, lo fa il marito.

 
“Irrora nice il getto della roggia

Sciacquandosi la schiuma se l’asperge

Di finto nembo simulata pioggia”

Marcello Frixione, “Ninfa sotto la doccia”[32]

 
 
Il cacciatore Atteone, figlio di Aristeo e Autonoe, che fu sorpreso a spiare  Artemide, dea della luna e della castità, mentre nuda si bagnava in un rivo d’acqua, fu mutato in cervo dalla dea e sbranato dai suoi cani. Il suo voyeurismo è stato punito dallo stesso oggetto del suo sguardo. Atteone viola l’ hortus conclusus della pudica dea. Ma cosa sarebbe successo all’incauto Atteone se fosse vissuto nell’era in cui i confini tra lo spazio pubblico e quello privato si fanno più evanescenti? E se al posto di Artemide ci fosse stata Nadia Cassini?

“La bellezza erotica del corpo della donna è, per l’uomo, come la natura, come il mondo, fonte di continua meraviglia. Ne è incantato, rapito. Per questo l’uomo vorrebbe tutte le donne”[33]. Nella commedia sexy la bellezza erotica del corpo della donna, assume una centralità rispetto a tutte le altre componenti in gioco. Tale bellezza si coglie e si concretizza attraverso lo sguardo: la commedia sexy è sexy non per la nudità delle protagoniste, ma per lo sguardo attraverso cui si coglie quella nudità. Lo sguardo erotico è infatti “facilmente eccitabile, [ma] altrettanto volubile”.[34]E’ però solo “nello svolgimento del rapporto erotico che l’uomo scopre […] il turbameneto provocato dalla bellezza”. Nella commedia sexy non c’è turbamento, struggimento, conoscenza. Tutto si ferma alla pura superficie: eccitazioni  seriali senza orgasmi (se non individuali e/o virtuali). Dallo sguardo si può passare al tatto, ma senza un vero con-tatto: non si esperisce l’altro, non c’è quella componente fondamentale del desiderio, ossia la volontà di fermare il tempo, vivere quello spazio compreso tra il “non ancora” e l’attimo successivo in cui tutto è ormai svanito (e al limite replicabile). In effetti nella commedia sexy il passaggio tra l’eccitazione del corpo nudo e il possesso di quel corpo (sempre femminile), qualora sia effetivamente presente, è sempre risolto tramite l’ellisse: c’è in quanto presagito e se agito (o mimato) non mostrato. Ovvero: c’è ma solo nella sua virtualità, nella sua non necessità.

C’è, nella sessualità narrata dalla commedia sexy, una componente animalesca:la sua prevedibilità.  Non è allora una riconduzione della sessualità alla gratificazione degli istinti a instaurare una semplificazione dei rapporti uomo-donna all’interno della commedia sexy. Innanzi tutto perchè ad essere gratificato è il puro voyeurismo. Poi perchè la donna non prova effettivamente quel  piacere erotico che esibisce nell’atto di essere guardata, spesso a sua insaputa. C’è da parte della donna rappresentata nella commedia sexy, una  ostentazione della propria nudità che è innaturale e pomposa, che non è esibizionismo ma  piuttosto performance. Il piacere di lei presuppone sempre lo sguardo dell’altro, colui che guarda, anche se l’altro per lei non ci dovrebbe essere.L’altro è presupposto, come nelle pubblicità analizzate, sotto il profilo della rappresentazione differenziale uomo-donna, da Sabrina Pomodoro[35], un soggetto (maschile) è osservatore implicito. Chi irrompe con il proprio sguardo nell’intima nudità (spesso distratta e inconsapevole) della donna  è  proprio il pubblico (è il pubblico della pubblicità, delle tv commerciali). E’ il pubblico che guarda senza essere visto ma sempre pre-visto dallo sguardo (della donna verso se stessa e il suo corpo). Il pubblico guarda il corpo nudo di una nudità che si guarda, che si contempla e che agisce su di sè. Citando “Vizio di Famiglia”: “Non mi toglierai mai le mutande anche perchè non le porto”. Il messaggio è proprio questo: non puoi spogliare ciò che è già nudo in quanto predisposto a de-nudarsi al tuo sguardo.Essere guardati pressuppone infatti l’esserci di chi guarda, e la bellezza di chi è guardato; tuttavia lo sguardo è “il prodotto di un conflitto tra gli sforzi per guardare e gli sforzi per evitare di guardare”[36] e l’intimità prodotta da un contatto visivo reiterato o prolungato, nella commedia sexy, sembra essere finalizzata soprattutto a colmare l’assenza di un reale possesso dell’oggetto del desiderio solo contemplato. E’, parafrasando Abruzzese[37], pornografia dello sguardo (per l’assenza delle dimensioni sacrale e psicologica) senza la compensazione dello sguardo con la tattilità delle mani ( come pratica sessuale su se stessi stimolata dalla visione iperreale della penetrazione). Con questo non voglio azzardare un improponibile paragone tra commedia sexy e pornografia (che anzi è considerata, forse un pò semplicisticamente, una delle cause del tramonto della commedia sexy), fenomeni evidentemente diversissimi, ma soltanto sottolineare come la commedia sexy  distanzi l’immagine dal suo possesso carnale  attivando particolari  procedure dello sguardo e del desiderio che saranno alla base del rapporto tra pubblicità e consumatori negli anni Ottanta, e che già lo sono, in nuce, negli anni della commedia sexy .

Atteone, condannato alla ferinità dell’animale, è letteralmente preda della bellezza di Artemide. Di quella bellezza (è proprio il caso di dirlo!) fatale che oggi non è più: si è belle, ma belle come altrove.

Belle come altrove. Dalla minigonna all’Ubalda.

 
Come afferma Abruzzese, “la macchina sociale si concentra sul corpo e vi trova le ragioni più profonde del potere”[38].Nel 1966 arriva in Italia la minigonna di Mary Quant, che non scopre soltanto le gambe di spregiudicate signorine, ma accende la miccia del desiderio facendo esplodere i consumi: intimo femminile, profumi, abbigliamento, dischi….Pubblicità, cinema, carta stampata e musica cavalcano l’onda del mutamento sessuale che sottende ed esplicita una maggiore consapevolezza della donna, del suo ruolo sociale , del suo rapporto con l’altro sesso,  nonché una concezione più “aperta” della famiglia grazie al nuovo diritto di famiglia del 1970 e alla vittoria del 1974 del referendum sul divorzio.. Sempre il 1966 è l’anno in cui arriva in Italia la benzina Shell e con essa la pubblicità in cui presenta un rovente gruppetto di ragazze  in una stazione di servizio. Lo slogan della campagna è: “Una ventata di accellerazione”. Mario Belli, il responsabile di questa campagna pubblicitaria, descrive così, sulla rivista “Shell”, le sue ragazze  : “sono libere ma forti, autonome ma dolci”.Così è la nuova femminilità: “bellezza, forza, inquietante sicurezza […] Ventata di gioventù, ventata d’accellerazione”[39] .Questa campagna riempie coi suoi cartelloni le città, “costringendo” lo sguardo ad incontrarsi con questa nuova concezione di femminilità. Dal 1970 in poi, inviti sessuali più o meno espliciti, accompagnano normalmente le pubblicità. “L’erotismo e la sessualità entrano in modo prepotente nella pubblicità” ma la “rappresentazione femminile appare pervicacemente adagiato sul binomio stereotipato casalinga-oggetto sessuale”, riportando cioè l’onda del mutamento nella quieta stasi della conservazione dei vecchi valori. Nella società però, tutto era già drasticamente cambiato: una retromarcia valoriale non era più possibile.La donna era diventata già un’altra donna, e se da una parte si diffonde un femminismo come stile di vita con le sue categorie di consumi, dall’altra “l’ingresso della donna nel mondo del lavoro ha messo in crisi le tradizionali forme di relazione fra i sessi, scuotendo le strutture basilari della famiglia”[40]. “Uomo il tuo ruolo nella società è merda, la donna finalmente si è liberata dalla tua dominazione e dal tuo gioco”, dice la psichiatra lesbo-nazista  dell’Adolescente(1975,Brescia) al focoso(quanto cornuto) siculo Vito Gnaula. Il baricentro dei consumi si sposta, attorno alla donna (che era stata, fino ad allora, la referente privilegiata dei messaggi pubblicitari) sorgono “aree di consumo autonome o autoreferenti” (Pitteri, 2002, p.111). La commedia sexy rappresenta proprio, e in anticipo sulla televisione, la fruizione della bellezza nell’economia libidinale del mercato dei consumi:una bellezza che “vive sulla soglia del nostro proprio apparire, nel rovesciamento di sè sotto l’occhio della società e dell’altro[…]di un corpo che si sottrae al desiderio invece di aprirsi”[41]. Un corpo che si concede (allo sguardo) nell’atto di negarsi. Un corpo nudo e frammentato, sessualmente connotato e negato, un corpo allusivo e contraddittorio: da un lato è evidente la sua tensione al cambiamento, dall’altro esplicita in maniera altrettanto evidente la sua riconduzione ad un mondo valoriale (sul quale si è innestato il processo di modernizzazione) ormai logoro.

La bellezza che abbiamo abitato negli anni Ottanta è inscritta nei simulacri dei corpi denudati delle protagoniste della commedia sexy, corpi che si sono mescolati “alla stessa placenta dei consumi di massa”[42].Questi corpi emanano una bellezza quotidiana, raggiungibile. La Antonelli che lentamente  si sfila il reggicalze nell’apripista Malizia, la Cassini che si insapona le natiche sotto la doccia ne’ L’assistente sociale tutta pepe (e tutta sale),  la Fenech che corre “tette al vento” nei prati in Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda, non fanno che rappresentare i desideri carnali dell’italiano medio. Le forme di questa bellezza sono (quasi…) quelle della ragazza della porta accanto, della vigilessa, della maestra, della studentessa,  dell’assistente sociale, dell’infermiera, della cameriera, della soldatessa, della poliziotta ecc. Una bellezza che non ha nulla di etereo o sacrale, ma che coglie la sua forza dalla possibilità che incarna: anche un uomo non bello, non brillante, può raggiungere quella bellezza. Una bellezza che dischiude una possibilità ulteriore, in quanto chi detiene quella bellezza ne è spesso inconsapevole. Quella stessa bellezza può essere colta ovunque: negli ospedali, nelle scuole, nelle caserme, negli uffici e persino per strada. Invade lo spazio fisico della metropoli.  Quella bellezza è  poi, in fin dei conti, facilmente abitabile: è lo stereotipo della bellezza, che sgorga direttamente dalle piccanti fantasie dell’italiano medio. Vittima della donna, detentrice di quella bellezza inconsapevole e raggiungibile, l’uomo non può che perdere.

La commedia sexy della tv

 
“Sù sù sù, fa sentire la tua voce, fuori la voce, sù, culo allegro!”

Emilio Villa, da “La me ga scritto(III)”[43]

 
 
La commedia sexy sta alla televisione in un processo dialettico che passa dapprima per la sua negazione per arrivare ad una sua riaffermazione, sia pure con modalità del tutto differenti: la commedia sexy nella tv (nel saccheggio dei magazzini del cinema da parte della neotv e con il rilancio della commedia sexy come  genere familiare prima e/o di “fanzinari” dopo) e la commedia sexy della tv . Vediamo meglio questo secondo punto.

“La bustarella”[44], trasmissione della TV lombarda Antenna 3, costituisce una linea di continuità e insieme di rottura rispetto alla commedia sexy. La logica delle tv commerciali in contrapposizione a quella di una tv generalista, in crisi  di controllo sull’audience da parte dei suoi linguaggi, “conduce alla ribalta vasti settori del pubblico storicamente ignorati dalla tv del monopoloio”[45]. Uno di quei settori è plausibilmente il pubblico della commedia sexy, pubblico in verità trasversale ai settori[46] e che si è riversato in un certo modo di fare televisione che , se da una parte viene classificato  come “tv dei deficienti”, dall’altro risulta essere un canale privilegiato per gli inserzionisti pubblicitari in un regime di produzione postfordista e di specializzazione flessibile. Come afferma Abruzzese,“Le estetiche della bellezza […] invadono l’esperienza quotidiana per dividerla e assoggettarla”, entrano “sottopelle, nell’anima, nella psicologia del consumatore, nelle sue più intime  relazioni personali ed affettive”[47].Tra l’altro, l’aspetto commerciale di queste tv non è soltanto chiaro, ma assolutamente esplicitato proprio “producendo un’ampia gamma di aste televisive, televendite, telepromozioni e facendo emergere personaggi del tutto nuovi come imbonitori, maghi, donne fatali, venditrici di creme e unguenti, battitori d’asta”.[48] Si può inoltre “collegare il successo della tv commerciale in Italia alla diffusione di un senso comune “antistatalistico” e spesso antipartitocratico e tale successo sembra dovuto soprattutto ad un mutato atteggiamento dell’uditorio giovanile e femminile”[49]. La commedia sexy era stata la referente privilegiata  di queste sensibilità, maturata e infine esplosa nell’avvento delle tv commerciali. Con “Drive in”, di Antonio Ricci, tale maturazione si fa ancora più evidente: più o meno stessi contesti e protagonosti della commedia sexy: “una struttura facile e immediata  […] fatta di sketch e barzellette, tormentoni e naturalmente soubrette dalle forme prosperose difficilmente contenute in microabiti e bikini”[50]. Funzione non secondaria della commedia sexy è stata la sua capacità di esprimere  non solo la sensibilità del suo pubblico ma anche i suoi modelli estetici, proponendo vere e proprie icone dell’eros casereccio: figure o parti di esse impresse nell’immaginario erotico nostrano che pervaderanno la tv degli anni a venire sino ad arrivare alle odierne veline, letterine e letteronze(seppure in un contesto e con modalità del tutto diversi). Ma è anche nel prevalere dello sguardo erotico senza eros, che la commedia sexy ha saputo sopravvivere alla sua morte, diffratta nei palinsesti televisivi e contaminata da mille altre diffrazioni. Quella sua trivialità dello sguardo, oltre a raccontare qualcosa della e nella vita nei simulacri di uno schermo rimpicciolito sino a divenire esso stesso buco della serratura, ha imposto una estetica del voyeur (che si riverserà ancora nei varietà del sabato sera e della domenica dei trenini e dei balletti) distratta e a-sessuata, quasi coreografica e per “famiglie”. Le stesse scene “archetipiche” della commedia sexy che si sono imposte nell’immaginario erotico collettivo, hanno trovato naturalmente sbocco e nuova vitalità in altri contesti: si vedano ad esempio  i promo delle linee erotiche, che hanno isolato queste scene sedimentate nell’immaginario erotico nostrano, semplificandole ulteriormente e inserendole in un flusso che è commedia della citazione.Con questo non intendo certo dire che la commedia sexy abbia più parentele con i promo delle linee erotiche  di quanto ne ne abbia con la compagnia del Bagaglino[51], ma soltanto cogliere le suggestioni delle sue “migrazioni” (più che di passaggi delle figure professionali della commedia sexy, dalla commedia sexy alla tv, pur interessanti) e “contaminazioni”.

E’ improbabile un ritorno della commedia sexy sul grande schermo.Lo sa bene Laurenti che nel 95 ci ha provato con Chiavi in mano, innanzitutto per il suo essere più televisivo che cinematografico (già quindi nella tv…)e poi per un cast che non può certo vantare le grandi icone della commedia sexy, e quindi di gran parte dell’immaginario erotico nostrano, e neppure riproporre quelle icone che oggi hanno naturalmente seguito il loro processo di invecchiamento. Non potendo proporre un immaginario nuovo,  e tantomento ri-proporne uno sbiadito, nel suo essere già nella televisione e non più nel cinema, non ha trovato posto nel piccolo schermo e neppure nel grande.

 
Conclusione-introduzione: avendo semplificato molto

Tirare le somme è sempre una operazione approssimativa e, quando efficace, pur sempre provvisoria. Non ci proverò nemmeno. Abbiamo cercato di mostrare(e non certo dimostrare) alcuni punti di contatto tra la commedia sexy e il suo tempo. Tutto qui. La critica si è sempre rivolta alla commedia sexy, come il bamboccio di turno con la ragazza un po’ scialba che però ci sta, perché si dice che c’è sempre stata: soprattutto potrebbe non starci proprio con lui. E l’insuccesso sarebbe ancora più deprimente. La commedia sexy, “riabilitata” come fenomeno “cult”, negli ultimi anni  si è fatta vanto dell’etichetta trash,  ma non basta. Significa innamorarsi di quella ragazza perché c’è stata con tutti tranne che con il bamboccio di cui sopra. Comprendere la commedia sexy non significa ne l’una, ne l’altra cosa. E il giusto, come sempre, non sta nemmeno nel mezzo.

 

 

 
 

 

Filmografia

 
·           Europa di notte(1959,A.Blasetti)

·           Io amo tu ami(1961, A.Blasetti)

·           Mondo cane(1961, P.Cavara, G.Jacopetti,F.Prosperi)

·           Sexy proibitissimo(1963, O.Civirani)

·           Signore & Signori(1966, P.Germi)

·           Grazie zia(1968, S.Samperi)

·           Quando le donne avevano la coda(1970, P. Festa Campanile)

·           Quando gli uomini armarono la clava e con le donne fecero din-don(1971,B.Corbucci)

·           Una cavalla tutta nuda(1972, F.Rossetti)

·           Boccaccio(1972, B.Corbucci)

·           Quel gran pezzo dell’Ubalda, tutta nuda e tutta calda(1972, M.Laurenti)

·           La bella Atonia, prima monica e poi dimonia (1972, M.Laurenti)

·           Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno(1972, A.Albertini)

·           Racconti proibiti di niente vestiti(1972,B.Rondi)

·           All’onorevole piacciono le  donne(1972, L.Fulci)

·           Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti(1972,A.Massaccesi)

·           Donne e magia con satanasso in compagnia(1973,R.Bianchi)

·           Frà Tazio da Velletri(1973, R.Gastaldi)

·           Sessomatto(1973, D. Risi)

·           Novelle licenziose di vergini vogliose(1973, A.Massaccesi)

·           I racconti di Viterbury(1973, E.Re)

·           Giovannona Coscialunga, disonorata con onore(1973, S.Martino)

·           Malizia(1973, S.Samperi)

·           La minorenne(1974, S.Amadio)

·           La cugina(1974, A.Lado)

·           La ragazzina(1974, M.Imperioli)

·           La cameriera(1974,R.Bianchi Montero)

·           La signora gioca bene a scopa?(1974, G.Carnimeo)

·           La commessa(1975, R.Garrone)

·           La governante(1975, G.Grimaldi)

·           L’infermiera(1975,N.Rossati)

·           La portiera nuda(1975,L.Cozzi),

·           Quant’è bella la Bernarda tutta nera e tutta calda(1975,L.Dandolo)

·           Quell’età maliziosa(1975, S.Amadio)

·           L’amica di mia madre(1975,M.Ivaldi)

·           La cognatina(1975, S.Bergonzelli)

·           Le dolci zie(1975,M.Imperioli)

·           La nuora giovane(1975, L.Russo)

·           L’adolescente(1975, A.Brescia)

·           L’Insegnante(1975, N.Cicero)

·           La liceale(1975, M.Tarantini)

·           La supplente(1975,G.Leoni)

·           La nipote del prete(1976, E.Greco)

·           La principessa sul pisello(1976, P.Regnoli)

·           Il solco di pesca(1976, M. Liverani)

·           Il medico…la studentessa(1976, S.Amadio)

·           La dottoressa del distretto militare(1976, N.Cicero)

·           Classe mista(1976,M.Laurenti)

·           Le impiegate statali(1976,M.Landi)

·           La poliziotta fa carriera(1976, M.Tarantini)

·           La pretora(1976, L.Fulci)

·           La professoressa di scienze naturali(1976,M.Tarantini)

·           Oh mia bella matrigna(1976,Leoni)

·           Il ginecologo della mutua(1977,Joe D’Amato)

·           Taxi Girl(1977, M.Tarantini)

·           L’insegnante balla con tutta la classe(1979, G.Carnimeo)

·           La poliziotta della squadra del buoncostume(1979, M.Tarantini).

·           La dottoressa ci sta con il colonnello(1980,M.Tarantini)

·           La compagna di viaggio(1980,Baldi)

·           La ripetente fa l’occhietto al preside(1980,Laurenti)

·           L’insegnante al mare con tutta la classe(1980, M.Tarantini)

·           La cameriera seduce i villeggianti(1980, A.Grimaldi)

·           L’Onorevole con l’amante sotto il letto(1981, M. Laurenti)

·           La dottoressa preferisce i marinai(1981, M.Tarantini)

·           L’assistente sociale tutta pepe(1981, N.Cicero)

·           La gorilla(1982,R.Girolami)

·           Una vacanza del cactus(1982, M.Laurenti)

   Bibliografia

 
 
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EGOVISTA. “La commedia sexy”ultima modifica: 2011-07-26T17:22:23+02:00da mangano1
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