MICHELA TAMBURRINO,Gino Paoli: “Gina, una rosa e il sogno infranto”

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30/07/2011 – L’ESTATE DEL PRIMO AMORE
Gino Paoli: “Gina, una rosa
e il sogno infranto”

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Gino Paoli, 77 anni

Era un ragazzino quando
la vide a Pegli, giurò
che sarebbe durata una vita.
Ma a fine stagione lei lo lasciò
MICHELA TAMBURRINO

Gino Paoli canta sul mare. Ad ascoltarlo c’è Sting, ma a lui non fa un grande effetto. Piuttosto, la moglie che lo guarda. Sembra poesia di serie B evocare lo sciabordio del mare, la luna piena. Ischia. Lui non lo fa ma ci sorride sopra. Ci è abituato, a chi dice di tutto sulle note che lui regala con tanta generosità da una vita. Spesa nella bella musica. Che poi con quelle stesse corde abbia accompagnato le estati di tanti innamorati non dispiace.

«Ti lascio una canzone da mangiare se avrai fame, da cantare a chi tu amerai dopo di me». Gino Paoli, a chi l’ha dedicata questa canzone?
«Certi contesti cambiano, sole e mare, è un’illusione che restino inalterati. Si trasformano nel nostro ricordo. Io ho vissuto la mia infanzia a Pegli, una perla della riviera Ligure all’opposto di Nervi. Ci si lavorava su e giù con il treno. Le macchine erano poche. Da Milano si gravitava su Voghera, da Torino su Alassio. Noi di Genova si andava lì».

E lei era innamorato?
«Le ragazze allora non erano generose. Averne una era un’utopia, farci sesso poi, impensabile. Chi aveva queste capacità erano le bagnanti che arrivavano da fuori, a mucchi in luglio e agosto. Duravano un’estate. Le amavi senza un futuro con la certezza della precarietà. Particolare romantico. Un mese e mai più visti. Al massimo l’anno dopo».

Una frustrazione, però.
Una fragilità. La frustrazione era la sua bellezza, come la nostalgia e il rimpianto. Ora che le distanze si sono accorciate non esistono più i limiti che davano una consistenza diversa al romanticismo».

Non svicoli. Era innamorato?
«Io mi ero innamorato di una ragazza di Torino. Si chiamava Gina».

Non mi prenda in giro…
«No, è vero. Mi rendo conto solo ora parlandone che sembra finto. Ma allora era tutto tanto vero. Ci eravamo giurati eterno amore. Poi finì l’estate».

Terribile. E lei?
«Ero disperato. Dopo un mese raccattai tutti si soldi che potevo, feci di tutto per raccogliere la cifra che mi serviva. Poi comprai una rosa, una di quelle belle con il gambo lungo e un colore pazzesco. E andai alla stazione. Con la mia rosa in mano che non si doveva sciupare arrivai a Torino. Ma i soldi erano finiti e lei abitava non vicinissimo alla stazione: Corso Francia 1350. Sono andato a piedi, quasi di corsa, sempre con la rosa».

Ma che bella storia.
«Me la lasci finire la bella storia. Dicevo, sempre con la rosa in mano bussai tutto agitato alla porta di casa sua. Mi aprì la madre. Mi accolse con estremo calore. Mi rifocillò, prese la povera rosa che aveva risentito del viaggio e la mise in acqua. Poi con un sorriso disarmante mi disse: “Vai nella camera di Gina, sarà contenta di vederti. Così ti presenta il suo nuovo fidanzato”».

Fu un colpo?
«Scornacchiato me ne tornai a Genova. Fortunatamente avevo già fatto il biglietto di ritorno. In quello ero stato previdente».

Da grande si è messo a scrivere canzoni romantiche. Per ripicca? Chissà oggi Gina quanto si sarà pentita.
«Le ho scritte perché dovevano essere. Ma oggi le canzoni non hanno più nulla di romantico. Sono constatazioni, sterilizzate, neutre. Si affidano a una ritmica che nella scansione riproduce già il senso del tempo. Tutto detto, non c’è spazio per la partecipazione, per la fantasia. Allora si finisce per apprezzare quello che è perfetto o la sua riproduzione. Gli archetipi. La fantasia invece, ti fa vedere bello il non bello, corrisponde alle tue cose».

Questo che porta?
«Al brutto, all’uniformato e al fatto che non ci si ascolti. Se un ragazzino sta con una ragazzina che il gruppo trova brutta, la lascia perché non combacia con l’idea di bello che hanno tutti. Siamo oppressi da un condizionamento terribile e da una rapidità che ci sconcerta. L’uomo non è pronto per tanta velocità. E’ la soglia critica di Popper. Non si ascolta».

La velocità è una nuova forma di potere.
«Anche. Ma io dico, come si fa a mettere su un giradischi Mozart, a giocare a carte e a chiacchierare. Tutto insieme. Io tre cose in una volta non le faccio. Se parlo con te non ho retropensieri. Ti sto a sentire. Mia moglie s’incazza quando leggo un libro perché se mi chiama non la sento. Sono fatto così. M’immergo».

I ragazzi sono condizionati dalla televisione?
«Macché, mica la guardano loro la tivù. Le informazioni le prendono altrove. E’ il gruppo, sono tornati al tempo di mio padre che si vergognava di manifestare i sentimenti».

E la musica da che è condizionata?
«Dal fatto che non c sono più i mecenati. Le case discografiche non vendono e così non investono. Lucio Dalla ha fatto sei dischi prima di avere successo. Oggi non succederebbe più. Si producono dischi in base a quello che può piacere. Non so quanti talenti ci possano essere in giro. So solo che non usciranno mai. Guardi Amy Winehouse. Il successo è un brutto cavallo da domare. La stupidata la facciamo tutti al primo successo. Poi dipende da chi hai alle spalle, da come sei stato tirato su, dalla famiglia e dal rispetto delle regole. Se te lo hanno insegnato, prima o poi torni in te, capisci e forse ti salvi anche».

MICHELA TAMBURRINO,Gino Paoli: “Gina, una rosa e il sogno infranto”ultima modifica: 2011-07-31T16:01:58+02:00da mangano1
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