Roberto Zichittella,È il tramonto del Re dei Re

da IL RIFORMIISTA

È il tramonto 
del Re dei Re

di Roberto Zichittella
Mu’ammar al-Qadhdhafi. Il più longevo capo di Stato africano. Un dinosauro che in quarantadue anni di potere si è sempre travestito da camaleonte. Passando dal leader del socialismo arabo amico dell’Urss, al sostenitore di gruppi terroristici; dal figliol prodigo riammesso nel salotto internazionale al despota sanguinario, sordo agli slogan della Primavera araba.

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Nella foto: Muammar Gheddafi

Nessuno, in Africa e nel mondo arabo, ha mai governato a lungo quanto Muammar Gheddafi. Quasi quarantadue anni di potere. Gheddafi divenne signore e padrone della Libia il 1° settembre del 1969, poche settimane dopo lo sbarco del primo uomo sulla Luna.
Allora Gheddafi aveva soltanto 27 anni.
La sua straordinaria longevità politica si deve soprattutto alle sue doti di grande trasformista, pronto a cambiare pelle, politica e alleanze pur di garantirsi la sopravvivenza e restare al centro dell’attenzione del mondo. Negli ultimi tempi, ormai vicino ai 70 anni, più che un dinosauro riusciva ancora a sembrare un abile camaleonte.
In quasi 42 anni di potere abbiamo conosciuto tanti Muammar Gheddafi.
Il fiero rivoluzionario leader del socialismo arabo, l’amico di Arafat e dell’Unione Sovietica, il sostenitore di gruppi terroristici come i nordirlandesi dell’Ira (che riforniva generosamente di bombe per i loro attentati), il “cane rabbioso” bombardato da Ronald Reagan, il “figliol prodigo” pronto ad essere riammesso nel salotto buono della comunità internazionale, infine il despota sanguinario, insensibile alla voglia di democrazia innescata dalla “Primavera araba”.
Figlio del deserto, discendente di beduini, Gheddafi è nato in una zona desertica della Sirte nel 1942. Secondo le biografie ufficiali, il suo destino di combattente era in qualche modo segnato. Suo nonno, Abdessalam Bouminyar, fu un martire della resistenza libica contro l’invasione italiana del 1911.
Nella sua giovinezza Gheddafi segue con passione le vicende tormentate del mondo arabo. Piange con rabbia la sconfitta palestinese che segna la nascita dello Stato di Israele, segue con entusiasmo l’ascesa dell’egiziano Nasser, protagonista della rivolta dei “giovani ufficiali” che nel 1952 scalza la monarchia dall’Egitto. Si entusiasma nei giorni della crisi di Suez.
Appassionato di storia, Gheddafi entra nell’accademia militare di Bengasi e in seguito completa il suo addestramento militare in Gran Bretagna. Il 1° settembre del 1969, seguendo l’esempio di Nasser, Gheddafi si mette alla testa di un gruppo di ufficiali e senza spargimenti di sangue depone la monarchia. Re Idris si trova all’estero, in Turchia, per delle cure mediche e il principe ereditario viene deposto senza difficoltà. Nasce la Repubblica Araba Libica.
Nei primi mesi di potere Gheddafi decide la chiusura delle basi americane e britanniche, poi, nel 1970, decreta la confisca dei beni degli italiani presenti in Libia e il 7 ottobre ordina l’espulsione dei nostri connazionali. La sua ideologia viene codificata nel “Libro Verde”. Gheddafi propone una specie di “terza via” panaraba e anticolonialista, alternativa al socialismo e al capitalismo, laica, ma al tempo stesso combinata con alcuni aspetti dell’Islam. Il sistema politico messo in piedi dal Colonnello invece prende il nome di Jamahirya, cioè “Stato delle masse”, una entità nella quale il potere sarebbe detenuto da migliaia di “comitati popolari”.
In realtà Gheddafi ha represso con violenza le voci dissidenti, fin dai primi tempi del suo regime. La repressione ha preso di mira di volta in volta i berberi, i fondamentalisti islamici (già molto prima della nascita di al Qaeda), i militari poco fedeli, i dissidenti che contestavano il regime dai loro rifugi all’estero.
Più volte Gheddafi ha tentato di proporsi e di imporsi come leader panarabo e panafricano, ma è sempre stato guardato con sospetto per le sue megalomanie e giravolte, nonché per la sua confusa ideologia. Così sono più volte falliti i suoi tentativi di guidare una unione dei Paesi maghrebini.
Gheddafi si è messo contro gran parte dei governi occidentali negli anni Ottanta, quando è diventato lo sponsor di varie organizzazioni terroristiche, da lui generosamente finanziate. Il nome di Gheddafi spunta dietro le attività del gruppo palestinese “Settembre nero”, ma è aperto anche il suo sostegno ai nordirlandesi dell’Ira. Ci sono anche agenti libici dietro l’attentato alla discoteca “La Belle” di Berlino Ovest, frequentata dai militari americani in servizio a Berlino, che lascia in un lago di sangue tre morti e 229 feriti.
E’ l’aprile del 1986 e, pochi giorni dopo, il presidente americano Ronald Reagan tenta di regolare i conti con Gheddafi ordinando il bombardamento di Tripoli e Bengasi. Il Colonnello perde sotto le bombe alcuni familiari, ma salva la pelle e per ritorsione ordina il lancio di due missili, che affondano in mare a poche miglia dall’isola di Lampedusa.
Due anni dopo, il 21 dicembre 1988, c’è la mano della Libia di Gheddafi dietro la l’attentato al volo della PanAm che esplode nei cieli scozzesi di Lockerbie mentre è in volo fra Londra e New York. Muoiono tutti i 243 passeggeri, i 16 membri dell’equipaggio e 11 residenti di Lockerbie travolti dai frammenti dell’aereo.
La strage costa alla Libia l’embargo e l’isolamento internazionale. Ma dopo gli attentati dell’11 settembre 2011 Gheddafi si schiera contro al Qaeda e comincia a trasformarsi da lupo in agnello. Rinuncia ai suoi programmi di armamento, ammette la responsabilità del regime in vari attentati, paga risarcimenti alle vittime degli atti terroristici sponsorizzati da Tripoli. Così la comunità internazionale riabbraccia il figliol prodigo, non dimenticando che il Colonnello regna su un Paese ricco di risorse petrolifere.
Nel 2004 il premier britannico Tony Blair è il primo leader occidentale di peso che atterra a Tripoli per stringere la mano al Colonnello. Ma in seguito non mancano altri contatti diretti fra il leader libico e capi di Stato e di governo del mondo occidentale. Per Gheddafi l’apoteosi diplomatica si realizza nel 2008, quando viene invitato al G8 organizzato all’Aquila in veste di leader dell’Unione Africana. Nell’occasione Gheddafi incontra Barack Obama e gli stringe la mano. E’ la prima volta, in 39 anni di permanenza al potere, che Gheddafi ha un incontro diretto con un presidente degli Stati Uniti.
Fra il 2008 e il 2010 Muammar Gheddafi diventa una presenza abituale anche a Roma. Dopo la firma del trattato di amicizia e cooperazione fra i due Paesi, che pone fine a un contenzioso rimasto aperto fin dall’epoca coloniale, Gheddafi viene accolto in Italia con tutti gli onori.
Al leader libico vengono concesse tutte le stravaganze di cui è capace:le divise da operetta, le amazzoni di guardia, la tenda nel prato di Villa Pamphilj, le lezioni di teologia islamica a uno stuolo di ragazzotte reclutate per l’occasione. Il governo italiano è ai suoi piedi senza alcun imbarazzo.
Fra l’umiliante baciamano di Berlusconi e i salamelecchi di Frattini solo Gianfranco Fini mostra un sussulto di dignità istituzionale quando, di fronte all’ingiustificato ritardo di Gheddafi, cancella un incontro ufficiale previsto alla Camera dei deputati.
Ma per Gheddafi le passeggiate romane sono gli ultimi momenti nei quali può presentarsi come un leader potente, riverito e impunito. Quando all’inizio del 2011 cominciano a soffiare i venti di libertà della “Primavera araba”, la campana suona anche per lui. E come per il tunisino Ben Alì e l’egiziano Mubarak, alla fine arriva il momento della caduta dal piedistallo.

Roberto Zichittella,È il tramonto del Re dei Reultima modifica: 2011-08-25T16:28:48+02:00da mangano1
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