Corrado Bevilacqua,Riforma del mercato del lavoro Alcune note teoriche

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La teoria economica è materia da prendere con le pinze perché corri il rischio di scottarti. Io ho deciso di correre questo rischio perché mi sono stufato di sentire fare dei discorsi senza capo né coda da eminenti esponenti del governo presieduto da un famoso economista.

Ora, per  cominciare la discussione, occorre ricordare, e il professor Monti dovrebbe saperlo, che la teoria economica sulla quale si basa il suo progetto di riforma contiene un errore logico che inficia la sua validità. L’errore logico, messo in rilievo da Piero Sraffa e Pierangelo Garegnani in due testi pubblicati entrambi nel 1960, consiste nel fatto, che date le premesse su cui si fonda la teoria marginalista che è la teoria di riferimento del nostro governo, non si può determinare contemporaneamente il valore del capitale e l’ammontare del saggio del profitto.

Ciò può essere fatto soltanto dopo che, in via extra-economica quindi politica, si è determinato il saggio del profitto, ovvero si è determinata la distribuzione del reddito tra salari e profitti. Così facendo, si riesce a chiudere il cerchio tra produzione e distribuzione del reddito e si riesce a determinare anche la tecnica più conveniente.

Domanda. Non vi ricorda niente? Non vi ricorda il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg? Léon Walras, nell’elaborare la teoria marginalista con la quale dette avvio alla rivoluzione del 1870 si ispirò alla meccanica classica. L’universo walrasiano è un universo ancora newtoniano.

La rivoluzione quantistica era di là da venire. Sraffa, per contro, viene dopo la rivoluzione quantistica. La prima stesura di Produzione di merci a mezzo di merci risale al 1930, anno in cu Sraffa dette la sua opera da leggere al suo collega di Cambridge Iohn Maynard Keynes.

Keynes, a sua volta, nel 1930 aveva dato alle stampe un ponderoso trattato in due volumi sulla moneta: opera oggi pressoché dimenticata o comunque considerata un’opera minore rispetto alla più famosa Teoria generale dell’interesse, occupazione e moneta del 1936.

Nella sua opera del 1936, Keynes svolge una serrata polemica in punta di teoria economica con tutti quei suoi colleghi che continuavano a sacrificare la loro capacità di giudizio al mito della mano invisibile in base al quale essi affermavano che non esisteva disoccupazione involontaria, ma che essa era volontaria e dipendeva dal fatto che i lavoratori non accettavano di lavorare per i salari correnti sul mercato, i quali erano, data la crisi economica più bassi di quelli pre-crisi.

Keynes dimostrò che non era così. La disoccupazione dipendeva dal fatto che, come aveva scritto nel trattato sulle probabilità, noi agiamo in condizioni di ignoranza e di incertezza, sospinti dai nostri istinti animaleschi e solo per un caso le decisioni di milioni di operatori economici possono incontrarsi dando vita ad un equilibrio di piena occupazione. In questo quadro, lo stato veniva a svolgere un ruolo fondamentale, essendo suo compito quello di fissare le regole che avrebbero dovuto agire come le norme del codice della strada.

Per tale via, Keynes, introducendo il concetto di probabilità, operava una vera e propria rivoluzione nel modo di pensare la scienza economica che ancora nel 1932 era stata definita da Lionel Robbins come la scienza che studia la migliore allocazione possibile di risorse scarse che hanno usi alternativi – istinti animaleschi permettendo, notava Keynes, e soprattutto, dando per scontata una conoscenza della realtà che noi non possediamo.

La conclusione che possiamo trarre da tutto ciò è, per usare una metafora di Max Planck, che noi abbiamo a che fare solitamente con tre mondi: il mondo che noi percepiamo attraverso i nostri sensi; il mondo al di là dei nostri sensi che noi percepiamo attraverso i nostri strumenti di osservazione e il mondo quale ce lo rappresenta la scienza.

Allargando il discorso all’economia, potremmo dire che l’economia come scienza non può prescindere dalla politica, perché è solo attraverso la politica che si può produrre coerente teoria del capitale, ovvero, della produzione e distribuzione del reddito.

Note
P. Sylos Labini, a cura di, Prezzi relativi e distribuzione del reddito, Boringhieri
J. Harcourt, Teoria del capitale, Isedi
G. Lunghini, a cura di, Produzione e distribuzione del reddito, Isedi
A. Leijonhufvud Informazione, coordinamento, Instabilità macroeconomica, Laterza
P. Garegnani Il capitale nelle teorie della distribuzione, Giuffè
P. Sraffa Produzione di merci a mezzo di merci, Einaudi
J, M. Keynes Teoria generale dell’occupazione interesse e moneta, Utet

Corrado Bevilacqua,Riforma del mercato del lavoro Alcune note teoricheultima modifica: 2012-03-26T14:56:05+02:00da mangano1
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