Alfonso Navarra, Escoriazioni 2012

Care amiche ed amici,
 

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un lavoro, che ho iniziato in estate, sulle scorie radioattive, è ancora allo stadio di bozze.
La parte propositiva – che, per dimostrare anche a me stesso, che comunque non si dorme, anticipo (insieme ad un pezzo della premessa) – è, come si può facilmente notare, molto allo stadio embrionale…

Mercoledi scorso ci siamo incontrati allo Spazio Kronos sul Giappone che comincia timidamente ed ambiguamente a pensare di mettere il piedino fuori del nucleare.

Mercoledi 3 ottobre la proposta (ci siamo visti Agostinelli, De Giuli ed il sottoscritto al Seminario verso il Forum Sociale Europeo) è di vederci alla LOC, in via Pichi 1 – costo 25 euro – per il Direttivo di Energia Felice. All’odg ci sarebbe la convocazione dell’Assemblea dell’Associazione (è richiesto per statuto, come è giusto, un adeguato preavviso).

Mercoledi 10 ottobre ci rivedremmo allo Spazio Kronos (via Borsieri, 12), con inizio alle ore 18.00, per discutere le “storie di scorie”…

 
Alfonso Navarra

 
 
 
Escoriazioni 2012

Attuare il referendum – smaltire la spazzatura radioattiva

Di Alfonso Navarra – Associazione Energia Felice

 
Un problema irrisolvibile: le scorie radioattive

 
La decisione- la abbiamo appresa a metà settembre 2012 – del governo giapponese di chiudere, entro 30 anni, gli oltre 50 reattori impiantati sul Sol Levante, era, per noi, ecologisti “scafati”, inattesa ma, per quanto ambigua, è comunque benvenuta: è frutto di una ampia e sofferta mobilitazione popolare che ha tratto il dovuto insegnamento dalla catastrofe di Fukushima.

Il Giappone, dove è nato l’allarme atomico più clamoroso, segue ora a ruota le decisioni simili di Germania, per 17 impianti, e Svizzera, per 5 centrali.

Il nucleare era stato recentemente riproposto a livello mondiale come la soluzione “ecologica” all’effetto-serra: ma la retorica non ha fatto presa a lungo perché Fukushima ha rivelato, dopo Three Miles Island del 1970 e Chernobyl del 1986, che la fonte costituisce di per sé un grave rischio.

La maggior parte dei circa 450 reattori esistenti al mondo è stata costruita oltre 30 anni fa e, al di là delle recenti decisioni di questo o quel Paese, nei prossimi anni occorrerà comunque gestirne lo smantellamento.

Solo in Europa se ne contano già 80 sulla via della chiusura e dello smantellamento.

Il problema della dismissione degli impianti da bonificare e della gestione delle altre scorie (in quanto le centrali stesse sono la prima e principale “scoria” del ciclo atomico) impone tecnologie complesse dai costi altissimi: ma purtroppo non risolutive.

Bisogna, infatti rendersi conto che il ciclo atomico produce un genere di rifiuti non trattabile e gestibile entro il nostro livello di civiltà tecnologica: le scorie a più alta intensità radioattiva e più lunga durata emissiva, ad es. le barre esauste di combustibile, costituiscono un problema irrisolvibile adesso e – secondo ogni previsione razionale – non risolvibile in centinaia, se non migliaia di anni.

Per la “trasmutazione” degli elementi radioattivi tramite bombardamento neutronico che propone il Nobel Carlo Rubbia occorre l’acceleratore del CERN di Ginevra: macchinari enormi (una “ciambella” di 27 km di perimetro), consumi di energia “stellari”, trasformazioni ottenute pulviscolari.

Il business, su presupposti menzogneri, si affaccia comunque all’orizzonte. Scrive Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, sul Sole 24 Ore del 15-09-2012:

“Si stima che a livello mondiale nei prossimi 20 anni vi sia un mercato dell’ordine di oltre 800 miliardi di dollari relativo a bonifiche e smantellamento di centrali nucleari. È un mercato dove l’Italia è già presente, grazie al primato dovuto all’essere stato il primo Paese a uscire dal nucleare spegnendo i suoi reattori già nel 1986”.

L’articolo prosegue fornendo dati interessanti:

“Le nostre quattro centrali nucleari sono sotto bonifica da parte di Sogin, con un investimento programmato, e già stanziato, oltre i 4 miliardi di euro. Il fatto che le centrali fossero tutte diverse e costruite quando, almeno per alcune, non ci si poneva il problema dello smantellamento, rende il processo più impegnativo…

Il problema centrale è quello del deposito permanente, dove destinare le scorie nucleari, non solo delle vecchie centrali, ma anche quelle medicali, i cui volumi, ora a volte dispersi negli scantinati degli ospedali, sono in continua crescita, grazie ai successi della medicina nucleare…

Si stima un investimento di oltre 2 miliardi di euro per il deposito e per un annesso polo tecnologico su cui sviluppare la ricerca sulla gestione sicura delle scorie”.

Gli italiani, in tanti, a causa di bombardamenti mediatici mal motivati, sono spaventati alquanto dalla criminalità rom dei campi abusivi, ma non hanno la minima cognizione che i loro territori potrebbero essere devastati in modo terrificante da alluvioni che invadono depositi radioattivi collocati dove non dovrebbero stare; si lamentano, a Roma, per l’elettrosmog di Radio Vaticana ma ignorano che gli incendi che si verificano al Centro Enea di Casaccia, ospitante Plutonio, potrebbero desertificare la “città eterna”; dovrebbero restare insonni per cosa mai di losco si sono detti al telefono Napoletano e Mancino e non, invece, di ospitare, ad Aviano e Ghedi, armamenti stranieri centinaia di volte più distruttivi delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.

Va sottolineato subito che con l’inquinamento radioattivo non si scherza: pensiamo solo al plutonio ed alla sua elevatissima tossicità e cancerogenicità. Un decimo di milligrammo, se ispirato, costituisce ufficialmente una dose mortale. Il tempo di dimezzamento è di oltre 24.000 anni: paragoniamolo alla diossina, sostanza simbolo dell’inquinamento chimico, che persiste su un territorio per soli (si fa per dire) 1000 anni!

La radioattività rilasciata dai reattori di Fukushima potrebbe causare oltre 400.000 casi di cancro nei prossimi 50 anni. La stima è dello studio presentato il 30 marzo 2011, “The health outcome of the Fukushima catastrophe”, di Christopher Busby, segretario scientifico dell’ECCR, il comitato europeo sul rischio radioattivo.

Sulla questione nucleare è evidente che la politica ed i media ufficiali stanno esercitando il massimo di disinformazione e di distrazione.

Giampiero Godio, di Legambiente Piemonte, ha fatto un bilancio da tenere bene a mente: “Tutta la stagione nucleare in Italia ha prodotto l’equivalente del fabbisogno energetico nazionale per tre mesi. Per ogni kilowatt/ora prodotto – l’energia necessaria per cuocere una torta in forno – si formano 50 milioni di becquerel di sostanze radioattive. A Chernobyl nella cosiddetta “zona di esclusione”, nel raggio di 30 km intorno al reattore, c’è una contaminazione di 1 milione di becquerel per metro quadrato, quindi produrre un chilowatt significa produrre anche cinquanta metri quadrati inquinati quanto la zona più contaminata del mondo “.

Quando affrontiamo il problema dei rifiuti radioattivi, di cosa stiamo parlando?

Abbiamo una loro classificazione in base all’intensità radioattiva ed al tempo di decadimento:

1) bassa attività o di prima categoria: decadono velocemente e ce ne liberiamo presto. Oltre che dalle centrali, sono prodotti da ospedali e laboratori (camici, guanti, stracci, eccetera);

2) media attività o di seconda categoria: decadono in centinaia di anni. Comprendono scarti, fanghiglia, liquidi e resine;

3) alta attività o di terza categoria: quantitativamente non pesano gran che ma sono responsabili del 95% delle emissioni. Decadono in migliaia di anni (ma anche in milioni, e persino miliardi, non si sta esagerando!) perché derivano dalla fissione dell’uranio e includono il combustibile nucleare irraggiato e i vari residui del processo, tra cui elementi transuranici.

I rifiuti altamente radioattivi sparsi nel mondo, per le stime molto approssimative, ad es. quelle effettuate dall’AIEA, che abbiamo, ammontano a 250.000 tonnellate. Entro il 2015 saranno 400.000 e addirittura 1 milione nel 2050. Tutta questa spazzatura è stoccata in depositi temporanei o lasciata nel luogo di produzione: la “sicurezza”, concetto in questo caso veramente relativo, è garantita (?) solo per qualche decina di anni. Ci si può allargare ad un paio di secoli, ad essere ottimisti.

La situazione in Italia

I rifiuti in Italia, secondo l’inventario, ammonterebbeo a circa 25.000 mc, a cui ogni anno se ne aggiunge un migliaio derivante dall’industria farmaceutica, dai laboratori di ricerca e dai residui degli ospedali (le radiografie…).

Altri 90.000 mc sono da mettere in conto sullo smantellamento delle ex centrali nucleari e degli impianti connessi (produzione e trattamento del combistibile).

Da smaltire abbiamo combustibile per ben 280 tonnellate. I rifiuti ad alta attività sono quantificati tra il 5 e il 12% del totale; è certo però che da soli, con le loro emissioni intensive, danno luogo ad almeno il 90% della radioattività italiana.

Una strategia razionale per gestire alla meno peggio il rischio scorie radioattive

Bisogna purtroppo insistere sul fatto che il ciclo nucleare ha disgraziatamente creato, con i suoi rifiuti, (ma non solo, ogni fase del ciclo presenta i suoi gravi problemi), una situazione di rischio, anzi di pericolo, attualmente insolubile per il livello tecnologico della nostra civiltà. Ma qualche cosa di ragionevole, anche se costosa, deve essere fatta per ridurre il danno e minimizzare i rischi. Incrociando le dita, perché occorre veramente tanta, tanta fortuna, e nei millenni a venire (non è affatto un modo di dire)…

La gestione delle scorie radioattive deve essere diversificata a seconda della tipologia del rifiuto. Non si possono usare le stesse soluzioni per la prima, la seconda e la terza categoria di scorie radioattive. Ed all’interno stesso delle categorie vanno fatte delle differenziazioni.

Lo stesso impianto nucleare, che nella sua vita operativa produce un bel quantitativo di scorie, quando termina di funzionare, va considerato esso stesso un grande, pericolosissimo rifiuto.

In ogni caso vanno messe in campo, per tutto il tempo necessario, risorse umane ed economiche adeguate: non è il caso di badare a spese!

Diciamo, per semplificare, che occorre una strategia a tre velocità.

La soluzione immediata per i rifiuti nucleari di prima categoria, la “robetta” dal rapido decadimento, che può essere gestita in modo decentrato (protocollo aggiuntivo del TNP permettendo), è un “adoperiamo il buon senso e, per esempio, evitiamo le situazioni scandalose denunciate da giornalisti d’assalto o da Report”.

Non affidiamoli, insomma, alla camorra per poi ritrovarceli nelle discariche abusive!

La soluzione di medio periodo per i rifiuti di seconda categoria è quella di grandi depositi superficiali “regionali”.

Vi sono “rifiuti intermedi”, tipo la grafite, che sarebbero meglio collocati nel “deposito unico nazionale”. (Possiamo qui parlare di “seconda categoria bis”, magari da classificare giuridicamente).

Per essere chiari, contenere le scorie di seconda categoria in un unico deposito significa edificare uno stadio di San Siro coperto, con mura di calcestruzzo alte 10 metri e spessi 50 centimetri, da costruire in un’area non sismica, pianeggiante, poco abitata e lontana da corsi d’acqua. Ma nemmeno la dimensione di uno stadio può considerarsi adeguata, se si deve tener conto anche di un quantitativo di circa 300-400 metri cubi generato dalle attività industriali, dalla ricerca scientifica e dal settore medico-sanitario, diagnostico e terapeutico.

La “soluzione”, diciamo così, perché è al momento inesistente, a lungo termine per i rifiuti di terza categoria: controlliamo attentamente la situazione in loco, custodiamo il tutto con il massimo scrupolo per evitare i pericoli e continuiamo a fare ricerca innalzando preci agli dei che non accada nulla di grave nel frattempo.

Non “custodia passiva” ma “custodia attiva”! Nel senso che impianti, depositi, strutture vanno poste al riparo, con adeguate “corazze”, da incidenti tipo: fulmini che si abbattono, aerei che cadono, proiettili di artiglieria sparati da questo o quello fanatico guerrigliero…

La strategia sopra delineata risponde al criterio: gestiamo il più possibile in loco i rifiuti prodotti. Non concentriamo se non quando proprio non ne possiamo fare a meno: in fondo la “bomba” da inquinamento radioattivo per la biosfera nasce proprio dalla concentrazione “artificiale” del materiale fissile.

Spostiamoli quindi il meno possibile, questi rifiuti atomici: solo quando è necessario ai fini di una gestione efficiente. E soprattutto: non sognamoci, con la solita mentalità colonialista, di rattoppare la faccenda esportando le schifezze nella cloaca africana!

Per il tutto occorre comunque trasparenza e partecipazione, e quindi, traduciamo noi, consenso pieno delle comunità locali, che non devono essere scavalcate da decisioni centrali (= parere vincolante di Regioni e Comuni previo referendum tra i cittadini).

Ecco le proposte, più in dettaglio:

1- La “minutaglia” di prima categoria va sistemata subito, evitando almeno che finisca nelle mani della camorra. Questi rifiuti meno pericolosi vanno trattati-vetrificati/cementificati subito. E posteggiati in depositi locali possibilmente ma non necessariamente coincidenti con le strutture nucleari esistenti.

2- Individuare depositi superficiali o sub-superficiali “regionali” per le scorie a media attività, quelle di seconda categoria. Esistono attualmente le tecnologie per una gestione con ragionevoli garanzie per, diciamo, 300 anni. L’individuazione dei siti non deve, ripetiamolo, avvenire con il “metodo Scanzano”, che cala dall’alto le soluzioni.

3- Per le scorie tipo “grafite” da 5.000 anni, individuare il deposito unico nazionale, nella consapevolezza che si tratta di una “soluzione temporanea di lungo periodo”.

4- Bloccare i viaggi delle scorie all’estero, siano essi via treno, via nave o via aereo.

5- Solidificare subito le scorie liquide.

6- Avviare lo smantellamento delle centrali perseguendo la modalità “decon” (nonostante gli alti costi immediati) e la condizione di “green field” (non di “brown field”).

7- Fare pagare i costi della dismissione e della bonifica all’industria responsabile (o alla banca che l’ha finanziata, in caso di suo fallimento).

8- Mandare a casa gli esponenti della lobby nucleare, sciogliere la SOGIN ed istituire al suo posto un’agenzia per la sicurezza nucleare coordinante le più diverse ed avanzate competenze scientifiche.

 

Alfonso Navarra, Escoriazioni 2012ultima modifica: 2012-09-22T15:42:49+02:00da mangano1
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