Panait Istrati ,L’uomo che non aderisce a niente – Aderire o non aderire

L’uomo che non aderisce a niente – Aderire o non aderire [grazie a Marina Roskova]
pubblicata da Luigi Haamiah Perfetti
* L’uomo che non aderisce a niente
 

 

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Nel numero dell’11 marzo di Monde, la mia amica Magdeleine Paz dichiara categoricamente, facendo la recensione del mio ultimo lavoro, La Casa Thüringer, che, “rispetto ai miei altri libri, quest’ultimo è reazionario”. Aggiunge: “Quello che dice Istrati non è altro che una difesa della borghesia.” E la suo conclusione è “Calzolaio, preoccupati piuttosto delle tue scarpe!” (Ordine che mi è stato dato da tutti i miei amici politici e che io stesso cito nella prefazione del libro citato.)
Poi, Magdeleine Paz esclama: “Come era emozionante Istrati e come era valoroso il suo messaggio quando non era altro che un narratore!” Il mio amico, Philippe Neel, parlando più di cinque anni fa su Mes départs in Les Nouvelles Littéraires, mi diceva la stessa cosa, ma il motivo era totalmente opposto a quel opposto a quello invocato da Madeleine Paz: lui mi rimproverava la tendenza di difendere la classe lavoratrice.
Così, da tutte le parti mi si raccomanda di preoccupami piuttosto delle mie scarpe. Me lo si raccomanda anche nel momento in cui la mia mano quasi non è più capace di tenere la penna, nel momento in cui il direttore del sanatorio da dove scrivo queste righe mi dice apertamente: “Ogni giorno che vive è un giorno rubato alla morte!”
Madeleine Paz lo sa. E per dimostrare la bontà del suo cuore (bontà incontestabile!), scrive: “Oh, so bene, sembra inumano, crudelmente inumano dire verità dure ad un uomo sfortunato e deluso, che soffre da solo, lontano, su un letto di malato. Ma nascondere la preoccupazione sincera riguardante il suo atteggiamento quanto meno sconcertante non significherebbe piuttosto insultarlo?”
 
 Sì, ovviamente, significherebbe piuttosto insultarmi che risparmiarmi, solo perché sono sul punto di chiudere i conti con la vita. Perciò ringrazio il destino che non ha avuto tali cautele nei miei confronti, cautele necessarie solo per persone la cui esistenza è stata confortevole e che loro rimpiangono.
Sono abituato a essere trattato con durezza. Non hanno sentito forse i compagni di Magdeleine Paz gridare urbi et orbi, dopo il mio ritorno dalla Russia, che sono un “agente della Siguranţa” e un “venduto alla borghesia” mentre mi cacciavano via dall’Egitto e mi arrestavano in Italia? E si è visto qualche mio amico aiutarmi, difendermi? Nessuno. Forse perché nessuno era sicuro che io fossi una persona onesta. In quel momento ho vissuto il più pesante dei dolori morali che ho conosciuto nella vita. In quel momento, la mia vitalità, che spaventava i medici, ha ricevuto il colpo di grazia: avevo smesso di credere nella bellezza della più bella vita, quella di combattere contro tutti e di essere colpito dai tuoi, ma di sentirsi capito da alcuni, di quelli a cui devi quello che hai di meglio. No, non c’era più bellezza da nessuna parte. Per l’uomo onesto, quindi, l’esistenza non è altro che un’abominevole frode!
E tuttavia non voglio cedere alla morte ingiusta, alla morte che ti chiude la bocca quando devi parlare. Parlare con asprezza, senza pietà, in questo secolo in cui la menzogna sociale domina tutte le classi e conquista ogni giorno le più belle menti! Con tutto ciò, questo deve essere permesso a un uomo che non si è costruito ville con i soldi guadagnati dai suoi libri, a cui l’editore fa in questo momento l’elemosina di mandare esattamente la somma per poter far fronte ai debiti, agli impegni morali! Sì, voglio perire su questo foglio bianco che ho tanto amato!
 
 Ma no! Uno dei miei ultimi amici mi ha detto no! Categoricamente. Crepa, ma non parlare più! Tu non sei una “guida”. Le guide siamo noi. Sono nostri i problemi del mondo. Magdeleine Paz scrive: “Quando narrava semplicemente, lui faceva, solo attraverso la sua parola, scoppiare la rivolta; ma quando vuole istruire, la insulta. Bel insegnamento, veramente, respingere qualsiasi sforzo di organizzare, confondere indistintamente le vittime e i carnefici, negare a quelli che sudano, sanguinano e soffrono qualsiasi speranza di liberazione!”
 
Ebbene, sì, lo ripeto davanti a tutto il mondo: di qualsiasi “organizzazione” non approfittano e non approfitteranno mai che i suoi organizzatori! Ecco quello che voglio raccontare prima di morire. Tutti quelli che vogliono trasformare l’uomo in un animale da tenere in un gregge sono i suoi assassini. Chiunque essi siano, inclusa Magdeleine Paz. Nonostante la sua volontà. Nonostante se stessa. Nonostante la sua bontà reale. Perché? Perché sono convinto che le rivolte dei pastori non sono che rivolte per accomandita nonostante talvolta questi pastori arrivassero anche loro a rompersi il collo, nel pieno dell’impegno o dell’illusione.
 
Ecco perché dal mio triste letto grido: Evviva l’uomo che non aderisce a niente! Lo grido nel mio ultimo libro e lo griderò ancora, se dovessi scappare ancora una volta dalla morte, in tutti i libri che mi restano da scrivere. Si troverà là tutto il mio Adrian Zografi223, la sua storia universalmente detestata: la liberazione dell’uomo attraverso il rifiuto di qualsiasi adesione, anche a questo lavoro tecnico, troppo bene “organizzato” contro di lui da tutte e due le parti della barricata. Sì, si deve provare anche questo: il ritorno dell’umanità per un secolo alla vita normale, a questa vita in cui la società non ha autorità sull’individuo. E se neanche questo non gli riesce, ebbene allora l’uomo ritorni all’esistenza gregaria fino allo “spegnimento” delle luci, per la felicità dei suoi tiranni, democratici o assolutisti.
 
È, tra l’altro, la mia fede da sempre: la rivoluzione fatta da solo, attraverso il rifiuto dell’adesione a qualsiasi cosa. Alcuni critici dicono sul mio ultimo libro che attribuisco ad Adrian-adolescente le idee e i miei sentimenti di oggi. Errore! La mia vita, per parlare come La Palice, è integralmente contemporanea – e quindi facilmente indagabile. Non si può immaginare fino a che punto io sia stato il vero ribelle del mio secolo, l’uomo che, rimanendo ancora bambino, indovina istintivamente il crimine della sottomissione alla mentalità tradizionale: della famiglia, della società, poi di quella propria all’ideale del gregge. Così, ho rifiutato di sottomettermi a mia madre, abbandonandola quando avevo 12 anni, per guadagnare da mangiare e per disporre dalla mia vita; ho rifiutato di essere lo schiavo di un solo mestiere, praticandone, senza abilità, una dozzina; poi mi sono dimostrato, quasi senza volerlo, inabile per il servizio militare e nonostante fossi arruolato, ho ricorso a tutte le follie contro la mia salute, riuscendo dopo un mese ad essere esentato; sono sfuggito a due guerre, scappando lontano dal gregge nazionale che belava all’unisono con i suoi padroni; ho rifiutato di metter su famiglia, senza imporre mai a una donna una prole indesiderata; non ho voluto mai essere membro di un partito o di un’associazione, o di qualsiasi “organizzazione” professionale e, quando sono stato iscritto con la forza,
 non ho mai pagato la rata più di un mese. In fine, mai una fabbrica, un atelier o altro mezzo di guadagno per la mia esistenza, anche nei contesti più favorevoli, sono riusciti a tenermi più di tre mesi. Tutto ciò basta per riempire 40 volumi, ed è un’odissea vissuta e non letteratura inventata. Pochi la hanno provata. E merita di essere raccontata. Si vedrà là come è stato possibile a un uomo non aderire a niente. E come in questo non vi è niente di fenomenale, niente di sovraumano, credo che quello che è stato possibile per me sarà possibile per tutti gli schiavi della terra. Il giorno in cui saranno stufi di essere pecore.
 
No, Magdeleine Paz, non sono un “deluso” – o non lo sono solo perche così vuole Lei, poiché non voglio aderire alla sua fede. Ma non mi dica che la mia non vale quanto la sua. Cosa La fa credere che la sua “verità” è l’unica accettabile e, soprattutto, l’unica che corrisponde all’umanità sofferente? E poi, questa spudoratezza di parlare a me dell’esistenza di quelli che “faticano, soffrono e sanguinano”! si scorda forse che son stato sempre e che sono ancora uno di loro? È possibile perciò che si ricordi a me che “questo campo è santo, che è qui che la sorte dei lavoratori si decide”?
Non voglio farLa arrabbiare, ma è cosa ben nota – che Lei stessa ha reso pubblica – che per poter conoscere un po’ “la sorte dei lavoratori” Lei stessa ha dovuto trovare lavoro presso una fabbrica, da Citroën. Suo marito la conduceva là la mattina in macchina; La prendeva a mezzogiorno per andare a pranzo in un ristorante simpatico; all’1 la riportava, e la sera ritornava per riprenderLa e portarLa nella sua bella casa. Dopo un mese (o tre) era esausta – e ha dovuto rinunciare a condividere “la sorte dei lavoratori”.
 
 No, cara amica, noi non abbiamo conosciuto nella stessa maniera la vita di quelli che faticano. E quindi non è la stessa la maniera in cui li amiamo o li odiamo. E quando qui, alle frontiere dell’Europa borghese, assisto allo spettacolo dei lavoratori che evadono dalla Russia dei lavoratori e che vengono mitragliati sul ghiaccio del Dnestr, seguiti finché arrivano davanti ai picchetti di guardia romeni, liquidati sul posto o, a volte, recuperati dai “proletari” della GPU e riportati con la forza nella “patria dei lavoratori”, quando assisto, dico, a questo sistema di organizzare il mondo nuovo, mi permetta di amare e odiare la gente in un modo diverso dal suo.
Mi permetta anche di fermarmi sulle “delusioni personali” e di continuare a “raccontarle” al mondo, lottando da solo, sotto la bandiera “dell’uomo che non aderisce più a niente”. Queste sono, dice, “vecchie chiacchiere” (poiché sono “vecchie, vecchie!”), aggiunge Lei fra le parentesi.
Si “vecchie, vecchie..” e sempre vere. Sfortunatamente…
 
 
** Aderire o non aderire
 
.. voglio dichiarare quello che segue:
Non sono un convertito e non lo sarò mai. Non credo dunque né nelle preghiere né nelle divinità. Ma questo non significa assolutamente niente dal punto di vista della mia capacità di comprendere e di ammettere tutto quello che significa amore e fede sincera. Voglio essere capito bene: sono al di sopra di tutte le Chiese e tutte le religioni, poiché considero fratello qualsiasi persona che non fa della sua fede una situazione prospera, ma apostolato. E sono stato assai felice di scoprire che, fra i miei corrispondenti, non vi fosse nessun mercante di religione o di dottrina sociale ma, a partire dal dott. Mauriac e fino alla più sconosciuta e umile operaia dal Belgio, solo anime sincere che – credenti o non credenti, aderenti o non aderenti – mi hanno fatto sentire la loro simpatia pura, mi hanno offerto la loro amicizia disinteressata e hanno riempito d’amore la mia devastatrice solitudine. E se fra di loro, i credenti o soprattutto le credenti, intendevano amarmi pregando per me, allora evviva la preghiera!
 
Così niente si è perso, ho sentito tutto a migliaia di chilometri di distanza e mi è stato impossibile morire. E a tale prezzo non voglio mai più essere sano. Mai, quando ero in buona salute, in occasione dell’apparizione dei miei più bei libri, si era stabilita una relazione così profondamente umana fra i miei lettori e me. Niente di quello che ho scritto non è riuscito a richiamare emozioni in individualità così diverse, nessuno dei miei libri mi ha portato una corrispondenza così ricca e interessante come quella che ha potuto provocare da solo, il mio articolo dell’8 aprile sull’adesione.
È quindi vero, cosa di cui ho sempre dubitato, che la letteratura uccide la sincerità e che, nei nostri tempi, un lettore nuovo appare quando stabilisce una differenza chiara fra lo scrittore che si guadagna così da mangiare e quello che predica la sua fede. La maggioranza dei miei corrispondenti mi scrivono quasi le stesse parole: “La conosco solo di nome, non ho ancora letto nessuno dei suoi libri, ma leggendo l’articolo ho sentito la sincerità del tono della sua confessione.”
 
Ebbene, sia benedetta la nostra epoca, che uccide il libro-portatore-di- pane e il libro-orgoglio! Ho sempre avuto la sensazione che la vera
 letteratura, la vera arte non sono professioni senza morale. Sono religioni. Se non lo sono e se lo sono meno di qualsiasi altro momento, loro lo devono diventare, sotto la minaccia della sparizione nella massa di professioni amorali oppure immorali, come i fabbricanti di libri su ordinazione dei paesi capitalisti e anche dell’Unione Sovietica.
 
Religioni ci saranno (o periranno), come la politica e le scienze che oggi ingannano i popoli e rendono la vita insopportabile. Il bisogno sociale di sincerità, di onestà assoluta diventerà fra poco più forte che mai. Questo secolo, la cui prima metà ha scatenato con tanta violenza il bisogno di conforto del corpo, dovrà, nella seconda metà, cercare una strada per il conforto dell’anima, senza di cui la vita non sarà più possibile. Le religioni muoiono per non tornare più alla vita. Ma l’anima umana è interamente religione: può cedere un attimo sotto la pesantezza del corpo avido di soddisfazioni materiali, ma poi si riprenderà, più esigente che mai. Chi le darà allora il nutrimento spirituale?
 
Credo che questo nutrimento sarà la bellezza artistica, la bellezza senza macchia, senza difetto. L’artista di domani deve essere il prete della nuova fede, ma un prete cui la fede non deve portare il pane. Esso guadagnerà il suo pane come il resto del mondo, attraverso una professione redditizia. Se necessario, lo chiederà in elemosina. Sarà l’unico mendicante di questi temi futuri, il mendicante divino. La bellezza, custode di tutti i valori morali, non deve più essere ottenuta con soldi. E sarà equo: chi pretende di appartenere all’élite umana non deve avere lussurie. Solo così si distinguerà dal mercante di bellezza di oggi. Quel giorno la “stella” avrà finito la sua esistenza. E forse avrà finito la sua anche lo scienziato senza coscienza e il politico demagogo. Per arrivare là, bisogna essere inesorabile.
 
Ecco quello che capisco io con aderire a niente.
Quanto vale una tale fede? Come si usa essa nella vita, qual è il suo lato pratico?
È la domanda che traspare dalla maggioranza delle lettere che ricevo continuamente da numerosi paesi dell’Europa e anche al di là del mare. Il lato pratico? Nessuno. Né oggi, né domani. Oggi: perché la cifra di quelli che possono aderire a niente è infinitesimale e un fiore non fa primavera. Domani: perché, anche se un giorno succedesse che rappresentassimo la ma maggioranza, tale maggioranza dovrà condurre il mondo e, naturalmente, il suo comando non sarà troppo diverso da quelli precedenti. L’uomo che diventa massa non potrà mai lanciarsi al di sopra del proprio cappello. Siamo fatti di fango e così rimarremmo. Questo significa non aspettarsi più niente dalla vita! Ed è inutile aderire a niente!
 
No. Non è inutile, è piuttosto molto utile. È più utile aderire a niente che aderire a qualsiasi cosa. La vita degli esseri umani non si nutre dalla pratica, dal necessario materiale. Quella è la vita delle bestie. Solo le bestie si accontentano con il necessario materiale, senza soffrire per questo. Una stalla pulita, cibo in abbondanza, un buon trattamento e un po’ di divertimento. Sicuramente una maggioranza schiacciante delle persone corrisponde a questa animalità. Guardate con quanto entusiasmo la gente circonda oggi Stalin, Hitler, Mussolini, che gli promettono una stalla migliore e la mandano a guadagnarsela con il prezzo della vita – una vita che non vale più di quella di un asino. E da questa massa animale viene reclutato lo scienziato senza coscienza, l’artista senza vocazione, il politico-canaglia, tutti avidi di stalle splendenti. Loro non hanno altro scopo nella loro esistenza bestiale.
 Ma nella loro più grande parte soffrono: se non questa generazione, la prossima. Alla fine di un secolo, si soffocano. In pieno conforto materiale, durante la vita facile che avrebbero voluto assicurare in eterno anche ai loro discendenti.
 
Da quando mi trovo gravemente malato, al mio letto sonno arrivati anche tali animali umani. All’inizio si rifiutavano di credere che non fossi ricco. (la leggenda è cosi copiosa per quanto mi riguarda!). Poi si sono ritirati davanti all’evidenza: la mia miseria non era simulata. Ho visto la paura, mischiata al disprezzo, fissarsi sul viso livido o gioviale, secondo la loro natura: ricchi che scoppiano da privazioni o quelli che approfittano dai loro averi. Qualcosa di più forte di loro gli faceva ritornare e stare intorno al mio letto: non capivano la mia gioia. Non la capivano, ma li contagiava. Lo trasmettevo a loro. Addirittura a loro. Addirittura a queste canaglie. Partivano perché non mi potevano dimenticare.
 
È così vero che non la pratica, non il necessario materiale fanno la vita, ma solo il sublime assoluto. Da questo sublime, la Creazione ha buttato una goccia anche sulla più abietta massa di fango. Solo questa goccia di sublime, che esiste, fa la vita. Solo essa esige imperativamente la continuità durante le decine di secoli. Solo essa tormenta l’essere umano più dalla fame, più dalla malattia, più dall’idea della morte.
Ecco in che consiste l’Eternità. Non ne esiste altra. La combatto da sempre. Io sono fatto di fango e mi piace il necessario materiale come a qualsiasi altro, ma la goccia di eternità che si trova in me è più forte del gusto per una bella stalla. Non essendo né santo, né asceta, la mia anima ha gridato spesso fra il demone del benessere materiale e il mare profondo del benessere spirituale.
 
La lotta continua, ma non ho altra scelta. Ho scelto. La bruttezza mi ripugna. Amo la bellezza che mi serve di religione. La bellezza che contiene tutti i valori morali. Passasse allora la vita bestiale accanto a me. Affari suoi. Per quanto mi riguarda, io non aderisco più a niente. Mi piacce vivere per questa scintilla di sublime che lampeggia nelle tenebre dell’esistenza bestiale. Esiste solo essa. Senz’alcuna utilità, forse.
Non fate come me, se vi sembra che si paga troppo caro. Si deve agire solo con gioia.
 
P.S. Prego di essere scusato per non poter rispondere ad ogni lettera. Supererebbe le forze di cui dispongo al momento. Ma leggo con passione tutto quello che mi scrivete. Ecco il mio indirizzo stabile: c/o Ionesco, 24, rue de Colisée, Parigi (8e).
 
Panait Istrati
 

Panait Istrati ,L’uomo che non aderisce a niente – Aderire o non aderireultima modifica: 2012-10-20T12:38:01+02:00da mangano1
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