corrado bevilacqua, Il pane e le rose

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Quando si vuole screditare un progetto politico che mette in discussione l’ordine costituito e non si hanno argomenti validi per sostenere le proprie critiche, il modo più semplice per raggiunger comunque l’obiettivo è, come ebbe a notare Martin Buber in Sentieri in Utopia, quello di accusare il progetto d’essere utopistico, dove per utopistico si intende qualcosa di fantastico, di irreale, un non-luogo, come l’isola che dà il nome al famoso racconto di Tommaso Moro.

[Sul tema dell’utopia vedi, Martin Buber Sentieri in Utopia, Lewis Munford Storia dell’utopia, Ernst Bloch Spirito dell’utopia, Herbert Marcuse La fine dell’utopia, Karl Mahnneim Ideologa e utopia].

A questo proposito, non dobbiamo dimenticare che, nel suo
racconto, Tommaso Moro non si limitava a descrivere la struttura sociale, l’organizzazione politica ed economica vigente nell’isola di Utopia, ma muoveva delle vibranti critiche alla società inglese del suo tempo, ai metodi di governo in uso, alla futilità della vita di corte. Il taglio polemico dato da Moro al suo racconto, non piacque, manco a dirlo, ai cortigiani inglesi che erano presi di mira da Tommaso Moro; il quale sarebbe entrato ben presto in rotta di collisione con re Enrico VIII, e si sarebbe aperto, in questo modo, da solo la strada che lo avrebbe condotto al patibolo.

[Per chi fosse interessato alla personalità morale di Tommaso Moro, un’utile lettura è rappresentata dalle sue lettere dal carcere; lettere sulle quali, molti politici dei nostri giorni farebbero bene a riflettere, qualora non si siano fumati il cervello]

Il metodo di denigrare le idee degli avversari per fa rprevalere le proprie venne seguito anche da Marx e da Engels, i quali accusavano gli scrittori socialisti che li avevano preceduti d’essere degli utopisti. Nacque così la distinzione fra socialismo scientifico – quello che gli stessi Marx e Engels avevano elaborato – e socialismo utopistico, il quale era così definito perché, a detta di Marx e di Engels, mancava d’una solida base scientifica.

Tutto ciò venne esposto con grande chiarezza da Engels nel saggio L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza in cui venivano pubblicati i pimi tre capitoli di AntiDuhring e da Marx nella prefazione al Capitale dove affermava che il suo intento era quello di studiare l’evoluzione della società come un processo di storia naturale. Affermazione che contrastava con i “civettamenti” di Marx con Hegel e con l’affermazione dello stesso Marx con la quale egli sosteneva di voler isolare il nucleo razionale entro il “guscio mistico” della dialettica hegeliana.

[Per saperne di più, può essere utile la lettura dei saggi di Mario Rossi Max e la dialettica hegeliana, Mario Dal Pra La dialetttica in Marx, di Lucio Colletti Hegel e la dialettica marxista, di Galvano della Volpe Logica come scienza storica dove l’autore definisce il marxismo una sorta di “galileismo morale”. Può essere altresì utile la lettura dell’antologia curata da Franco Cassano Marxismo e filosofia in Italia e il saggio di Giuseppe Bedeschi La parabola del marxismo teorico in Italia]

In tale contesto, l’aggettivo “utopistico” veniva ad assumere un significato affine a quello dell’aggettivo “ideologico”. In realtà, all’origine, il termine ideologia aveva, come voleva il suo coniatore, Destutt de Tracy, il significato positivo di scienza delle idee. Salito al potere Napoleone, caduti in disgrazia gli “Ideologues”, il termine “ideologia” venne ad assumere, come ricordava Sergio Moravia nel saggio intitolato Il tramonto dell’Illuminismo, un significato negativo.

Tale trasformazione del significato del termine ideologia venne in seguito successivamente perfezionata da Marx per il quale l’ideologia era una “falsa rappresentazione della realtà”, mancando duna solida base scientifica. Marx era, infatti, sostanzialmente un “positivista” e considerava la conoscenza scientifica come l’unica vera forma di conoscenza.

Oggi, nessuno affermerebbe di voler studiare il processo di sviluppo della società come un processo di storia naturale; la riflessione condotta da scienziati e da filosofi sul “metodo scientifico di analisi” dei fenomeni naturali, penso agli scritti in materia di Planck, Einstein, Heisenberg, Bohr, Schrodinger – per ctare i più famosi – ha dato vita ad una visone della natura e dei processi naturali, molto più complessa, come ha dimostrato Marcello Cini nel saggio Un paradiso perduto, di quella esistente al tempo di Marx, quando la scena era dominata, vedi il saggio di Leszek Kolakowski, dalla filosofia del positivismo.

In questo quadro, va inserita la enunciazione da parte di Marx della legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, della legge della proletarizzazione crescente dei ceti medi, della legge dell’immiserimento dalle masse popolai. Nell’enunciare queste leggi, Marx compì degli errori sia di metodo che di contenuto che spiegano perché nessuna di queste eleggi andò a fagiolo.

Nello stesso tempo, dobbiamo pure sottolineare il fatto che , se esse non andarono a fagiolo, ciò accadde grazie anche all’azione del movimento operaio e delle sue organizzazioni che imposero tutta una serie di riforme a favore delle classi lavoratrici; dalla riduzione dell’orario di lavoro, all’introduzione delle assicurazioni sociali fino alla moderna cassa integrazione. [Sul metodo di Marx e sulle sue leggi, può essere utile leggere il libro di Ronald Meek Scienza economica e ideologia, oltre al volume dello stesso autore Studi sulla teoria del valore lavoro]

I palesi errori metodologici di Marx, abbinati alle trasformazioni del capitalismo, aprirono tra fine Ottocento e inizio Novecento un lungo e acceso dibattito all’interno della sinistra da cui presero vita, come ha raccontato G. D. H. Cole nella sua monumentale Storia del socialismo, tre correnti politiche: la corrente rivoluzionaria con alla testa Lenin e Rosa Luxembug; la corrente riformista con alla testa Kautsky; la corrente revisionista con alla testa Eduard Bernstein.

E’ trascorso più di un secolo d’allora, la sinistra continua, malgrado ciò, ad essere divisa al proprio interno, seppure in forma diversa da allora, fra revisionisti, riformisti e rivoluzionari; o, per dirla con osa Luxemburg, tra coloro che vogliono il pane e coloro che oltre al pane vogliono anche le rose.

corrado bevilacqua, Il pane e le roseultima modifica: 2013-01-10T17:04:48+01:00da mangano1
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