Sergio Romano, L’assassinio di Gentile e la sentenza di Togliatti

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DAL CORRIERE DELLA SERA venerdì 20 giugno 2008

Lettere a SERGIO ROMANO

L’ASSASSINIO DI GENTILE E LA SENTENZA DI TOGLIATTI

Rileggendo una pagina della storia del nostro Paese, mi sono imbattuto in questa domanda: «Perché fu assassinato il filosofo Giovanni Gentile?». La sua morte, avvenuta a Firenze nel 1944, non è stata del tutto chiarita, se non sbaglio. Dico questo, perché alcuni storici ipotizzano che dietro quel delitto ci siano stati i servizi segreti inglesi, mentre per alcuni altri ci sarebbe una pista che porta al vecchio Partito comunista, senza peraltro escludere altre tesi a me sconosciute. Può aiutarmi a capire come andarono le cose?

Michele Toriaco ,

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La prima delle due ipotesi da lei prospettate è contenuta in un libro affascinante di Luciano Canfora («La sentenza») apparso presso l’editore Sellerio nel 1985. Canfora applicò alla lettura dei documenti (un articolo di Concetto Marchesi, un articolo di Togliatti, le notizie diramate dalla Bbc e una sorta di necrologio del filosofo apparso a Ginevra con una sconcertante preveggenza nel giorno stesso della morte) la stessa accattivante perizia filologica con cui ha letto più recentemente il papiro di Artemidoro. Per quanto mi riguarda, tuttavia, continuo a pensare che il caso sia meno misterioso di quanto lei pensi e che le responsabilità comuniste siano evidenti.
È vero, tuttavia, che l’assassinio di Giovanni Gentile di fronte alla villa fiorentina che lo ospitava, il 15 aprile 1944, suscitò immediatamente illazioni e sospetti. Il filosofo aveva aderito al fascismo repubblicano, aveva accettato incarichi innocui ma simbolici, come la presidenza dell’Accademia d’Italia, aveva pronunciato discorsi d’intonazione nazional- fascista e aveva fatto un’affettuosa visita a Mussolini nella sua villa sul Lago di Garda. Ma si servì della sua autorità per deplorare la crudeltà delle bande fasciste, invocare la pace civile degli italiani e intervenire presso il prefetto per salvare la vita di persone arrestate e condannate a morte. Vi era quindi tra i fascisti fiorentini, nelle settimane che precedettero la sua uccisione, un partito degli intransigenti per cui il filosofo era diventato un pericoloso esempio di lassismo morale e ideologico.
Ma sull’identità e sull’affiliazione politica degli uccisori non esistono dubbi. L’assassinio fu opera di un Gap fiorentino, guidato da un uomo, Bruno Fanciullacci, che venne arrestato tre mesi dopo e morì, per non parlare, gettandosi dalla finestra della villa in cui era stato interrogato e torturato. Secondo lo storico Sergio Bertelli, l’ordine sarebbe stato impartito da un gruppo di intellettuali comunisti fiorentini che decisero la morte del filosofo senza consultare il Cln della città, dove i rappresentanti del partito d’Azione erano legati a Gentile da vecchia amicizia. Agivano sulla base di istruzioni provenienti dalla direzione del partito? È questo il punto in cui la vicenda si complica. Qualche settimana prima lo storico Concetto Marchesi, già rettore dell’Università di Padova, aveva scritto in Svizzera un articolo polemico contro Gentile e i suoi inviti alla riconciliazione nazionale. L’articolo apparve anonimo su un giornale clandestino dei comunisti milanesi in una versione che terminava con queste parole: «Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: MORTE!». Le parole conclusive non appartenevano al testo di Marchesi ed erano state aggiunte da Girolamo Li Causi. Ma divennero parole di Marchesi quando Palmiro Togliatti riprodusse l’articolo su Rinascita dell’1 giugno 1944 e lo fece precedere da una nota intitolata «Sentenza di morte» di cui Sergio Bertelli ha ritrovato il testo autografo. Eccolo: «Questo articolo di Concetto Marchesi venne pubblicato nel numero 4 (marzo 1944) della rivista del Partito comunista La nostra lotta che si pubblica clandestinamente nelle regioni occupate dai tedeschi. Esso venne scritto in risposta a un miserando e vergognoso appello di Giovanni Gentile alla “concordia”, cioè al tradimento della patria, apparso nel Corriere della Sera fascista. Poche settimane dopo la divulgazione di questo articolo, che suona come atto di accusa di tutti gli intellettuali onesti contro il filosofo bestione, idealista, fascista e traditore dell’Italia, la sentenza di morte veniva eseguita da un gruppo di giovani generosi e la scena politica e intellettuale italiana liberata da uno dei più immondi autori della sua degenerazione. Per volere ed eroismo di popolo, giustizia è stata fatta».
Non è importante quindi chiedersi se gli uccisori di Firenze abbiano eseguito un ordine impartito da Togliatti. Vi sono casi in cui l’avallo a posteriori ha il valore di una sentenza.

Sergio Romano, L’assassinio di Gentile e la sentenza di Togliattiultima modifica: 2008-06-20T20:06:28+02:00da mangano1
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