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L’Europa divisa dalla cortina di ferro

Mercoledi 2 marzo 2011, alle 17,30, a Trento, nella Sala Manzoni della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro-dibattito L’Europa divisa dalla cortina di ferro. Interviene Fernando Orlandi. Introduce Piero Sinatti.

Con l’intervento di Fernando Orlandi prosegue il ciclo di incontri Momenti di storia Mitteleuropea.
Nella storiografia contemporanea è ancora molto acceso il dibattito sui caratteri della politica estera sovietica, soprattutto per quando riguarda il periodo immediatamente precedente l’inizio e quello immediatamente successivo la fine della Seconda guerra mondiale.
Il famoso patto Molotov-Ribbentrop fu molto di più di quello che i sovietici ammettevano. Nei protocolli segreti allegati alla parte pubblica dell’accordo si stabiliva la spartizione dell’Europa in sfere di influenza fra Germania e Unione Sovietica. La divisione della Polonia e l’annessione di Estonia, Lettonia, Lituania, Bessarabia e Bucovina da parte di Mosca, rappresentavano la diretta conseguenza dell’accordo sulla divisione dell’Europa in sfere di influenza. La postura aggressiva di Mosca prosegue con l’attacco dell’Armata Rossa alla Finlandia, infine costretta a cedere all’aggressore una parte del proprio territorio.
La politica di Stalin, convinto che l’alleanza con la Germania fosse vantaggiosa per tutti e due i paesi, si rivelò poi suicida. Il noto storico russo Mikhail Narinskii ha messo in evidenza che “alla luce dei nuovi documenti cade la tesi, per decenni affermata dalla storiografia e propaganda sovietiche, che il patto con la Germania doveva concedere all’Urss una pausa di respiro e ritardare la guerra… In realtà, Stalin non ha guadagnato tempo ma territorio”.
La stessa logica, quella della conquista territoriale, anima Stalin quando confida all’allora dirigente comunista jugoslavo Milovan Gilas: “Questa guerra è diversa da tutte quelle del passato; chiunque occupa un territorio gli impone anche il suo sistema sociale. Ciascuno impone il suo sistema sociale, fin dove riesce ad arrivare il suo esercito; non potrebbe essere diversamente”.
Quando Stalin pronuncia queste frasi siamo nell’aprile del 1945, solo un paio di mesi dopo la conferenza di Yalta, quella conferenza che nelle intenzioni dei dirigenti occidentali doveva aprire le porte alle elezioni libere e democratiche.
La realtà sarà ben diversa. Fin dove arrivarono le truppe dell’Armata Rossa con al suo seguito gli uomini dell’Nkvd, la polizia segreta, predecessore del Kgb, sarà poi imposto un regime di tipo sovietico.
Gli anni dell’immediato dopoguerra saranno particolarmente duri per i paesi dell’Europa centro-orientale: la ricostruzione dalle gravissime distruzioni della guerra si accompagnerà con la sovietizzazione, la collettivizzazione delle campagne e la statalizzazione di tutta l’industria.
Negli ultimi anni di vita di Stalin il primato assegnato all’industria pesante verrà ulteriormente accentuato, con l’introduzione di un quasi regime di guerra e la militarizzazione delle economie nazionali.
La situazione inizia a cambiare nella primavera del 1953 quando, dopo la morte di Stalin, verrà introdotto il “nuovo corso”, vale a dire l’allentamento della stretta sulla società, il trasferimento delle priorità dall’industria pesante all’industria leggera (vale a dire ai beni di consumo), la limitazione dei potere della polizia segreta, la liberazione dei detenuti e un cambiamento nei gruppi dirigenti, con la sostituzione degli uomini più compromessi con lo stalinismo.
Questo periodo storico viene esaminato nella conferenza L’Europa divisa dalla cortina di ferro, che Fernando Orlandi terrà mercoledì 2 marzo alle ore 17,30 (“Sala Manzoni” della Biblioteca comunale di Trento, via Roma 55).

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CSSEO,L’Europa divisa dalla cortina di ferroultima modifica: 2011-02-25T16:52:20+01:00da mangano1
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