Patrizia Gioia, Eran 300, eran giovani e forti

ERAN TRECENTO, ERAN GIOVANI E FORTI E SONO MORTI
patrizia.jpg…mi ricordano questi versi della poesia “la spigolatrice” le trecento donne che a nome di tutte le donne del mondo cercano con dignità la dignità di ogni essere umano, uomo e donna che sia.
Davvero a volte il dolore e lo sgomento per ciò che l’essere umano continua a perpetrare su sè stesso paiono insostenibili.
Come poter parlare di dialogo interculturale e interreligioso quando ogni giorno la violenza è perpetrata ancora su chi ci sta accanto in un rapporto che dovrebbe essere di amore e di solidarietà?
Come poter tener fede alla nostra fede, come non abdicare al sentire profondamente dentro noi che è solo nella non violenza la vita della vera vita, come poter continuare a non essere “homo homini lupus”? 
“La speranza è nell’invisibile” scrive Raimon Panikkar e la speranza può divenire realtà perchè ognuno di noi è co-creatore nel visibile, una relazione di mutua fecondazione che crea la dinamicità della creazione e fa partecipi ognuno di noi all’avventura cosmica, dove spirito e corpo sono inseparabili. 
Facile parlare qua, troppo facile.  
Ci sono momenti, e questo per me è uno di quelli, dove lo sgomento e il dolore prevalgono sulla gioia, pur sapendo che occorre riprendersi e riprendere il cammino.
Non siamo a Kabul, ma possiamo essere vicino alle trecento donne e ad ogni uomo di buona volontà se ognuno di noi, con responsabilità e consapevolezza, farà il meglio di ciò che può. 
OGNI CRESCITA RICHIEDE SIA CONTINUITA’ SIA MUTAMENTO
sono trecento, sono giovani e forti e non sono morte
Buon cammino a noi tutti, patrizia gioia
  
 patrizia1.jpg 
 
—– Original Message —–
From: Attilio Mangano
To: Attilio Mangano
Sent: Friday, April 17, 2009 10:11 AM
Subject: eran trecento, eran giovani e forti… si studiava a scuola

sassi sulle donne a Kabul…

• da La Stampa del 16 aprile 2009, pag. 16

Le Trecento si sono radunate strette e compatte davanti all’Università sciita di
Kabul, con i fazzoletti colorati in testa, senza burqa e con tanta rabbia
dentro. Urlavano «vergogna!». Urlavano «no alla legalizzazione dello stupro!».
Erano quasi tutte giovani studentesse, della minoranza sciita afgana che ha
espresso storicamente gran parte della borghesia progressista di questo Paese. E
che adesso si ritrovano sul capo una legge retriva apprezzata persino dai
taleban. Di fronte un contro corteo di almeno un migliaio di persone, moltissime
le donne, sciite anche loro, che dagli insulti, «Siete cagne, occidentali, non
donne sciite!», sono passati rapidamente al lancio delle pietre, un tentativo di
lapidazione di massa fermato a stento dal cordone di poliziotti che si sono
messi a sparare in aria e poi anche alle gambe, visto che si registrano almeno
tre feriti.
Nel tumulto si è sgretolato anche il quadrato delle 300 studentesse, ma non si è
fermata l’onda di indignazione contro la legge sul diritto di famiglia firmata
lo scorso mese dal presidente Hamid Karzai. L’articolo 132 stabilisce (soltanto
per le famiglie degli sciiti) che le mogli debbano assecondare sempre i desideri
dei mariti, e che un uomo degno di questo nome debba avere un rapporto con la
consorte «almeno una volta ogni quattro notti», a meno che non sia indisposta. I
matrimoni con le bambine, pratica comune in Afghanistan e non soltanto tra gli
sciiti, vengono di fatto legalizzati e si proibisce alle donne di uscire di casa
senza il permesso del coniuge, come ai tempi del mullah Omar.
Karzai, sommerso dalle critiche, su pressione degli alleati europei e americano
– che sostengono il suo traballante governo con 85 mila soldati e aiuti per
miliardi di dollari – si è impegnato a modificare l’articolo 132, «se risulterà
in contrasto con la Costituzione». Finora il responso dei costituzionalisti non
è arrivato e difficilmente arriverà prima del 20 agosto, data stabilita per le
elezioni presidenziali.
Karzai per farsi rieleggere ha bisogno dei voti dei partiti che rappresentano la
minoranza sciita, oltre il 10 per cento della popolazione, ed è stato di manica
larga nelle concessioni a quelli più integralisti. Suggeritore del famigerato
articolo 132 è l’ayatollah Mohammad Asif Mohsini, ispiratore anche del contro
corteo integralista e che ha definito le trecento studentesse «apostate e
schiave dei cristiani» e ha radunato in piazza una massa d’urto sufficiente a
disperderle.
A organizzare la protesta erano invece state le poche attiviste dei diritti
umani e parlamentari oggi presenti in Afghanistan. Una di loro è Sabrina Sabiq,
che ha cercato invano di fermare l’approvazione della legge in Parlamento: «Le
pressioni dei religiosi sciiti hanno spazzato via tutto, abbiamo dovuto votare
il provvedimento in blocco, non articolo per articolo, come prevede il
regolamento». L’avvocato Fauzia Kofi punta invece il dito contro l’Iran. «Karzai
cerca nuove alleanze per rimanere la potere – accusa -. È disposto a sacrificare
donne e bambine per far passare gli integralisti sciiti dalla sua parte».
Il riavvicinamento di Karzai all’Iran sta rimettendo in moto il grande gioco
nella regione, nel momento in cui Teheran cerca nuovi spazi di manovra e vuole
sfruttare al massimo le aperture di Obama. Il grande gioco questa volta prevede
un aiuto da parte dell’Iran a stabilizzare il vicino di casa e a isolare i
taleban (che sono sunniti) irriducibili. In cambio l’Iran potrebbe ottenere un
primo riconoscimento a «potenza regionale» a cui tiene strenuamente.
L’Afghanistan è da sempre nella sfera di influenza persiana, per lingua e
cultura, ma è sulla religione che ci sono stati gli scontri maggiori. La
dinastia persiana safavide, all’inizio del 1700, cercò di imporre la religione
sciita alle tribù afgane che si rivoltarono e arrivarono a saccheggiare la
capitale persiana Isfahan. I safavidi furono spazzati via e il successore Nadir
Shah riuscì a riportare sotto il suo controllo i guerrieri pashtun soltanto
arruolandoli nell’esercito e dando pari dignità a sciiti e sunniti.
La minoranza sciita afghana, oggi, guarda a Teheran ma anche a Washington. Abas
Noyan, deputato sciita moderato, citato dal sito Afghanistan News, ha chiesto a
Karzai di rimandare la legge in Parlamento per «permettere l’emendamento
dell’articolo 132». Le Trecento, intrepide sotto la sassaiola e riprese dai siti
di tutto il mondo, hanno almeno smosso qualcosa.

Patrizia Gioia, Eran 300, eran giovani e fortiultima modifica: 2009-04-17T20:12:00+02:00da mangano1
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