Paolo Mereghetti, Questioni di cuore

( DAL corriere della sera, 17 aprile)

ROSSI STUART E ALBANESE PROTAGONISTI DI UNA COMMEDIA CHE MESCOLA SOCIOLOGIA E TROVATE CINEMATOGRAFICHE
Questione di cuore
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L’intellettuale e l’artigiano, amici di corsia: la Archibugi fa centro con due tipi italiani
Si può ancora fare oggi una commedia «all’italiana»? O meglio: che senso ha, in questi anni sfilacciati e porta- a-portisti (dove anche le cose serie si riducono a teatrino masocone di retorica e vanità), che senso ha raccontare una storia con le unghiate e le furbizie della commedia alla Age e Scarpelli? O alla Scola e Maccari?
Francesca Archibugi, che di Scarpelli è un’allieva orgogliosa, ci riprova dopo qualche regia non molto indovinata, recuperando una scrittura forse meno ambiziosa ma più oliata, dove lo scontro di caratteri prende il posto di quello generazionale e l’incontro interclassista con l’altro diventa momento di conoscenza e di esperienza. Della commedia (e della scuola) «all’italiana », però, è rimasto molto poco, se non il punto di vista romanocentrico con annesse inflessioni dialettali. Ma forse sarebbe solo illusione aspettarsi la rinascita di un gene?re che agli anni Sessanta e Settanta era irrinunciabilmente legato.
Meglio dimenticare Risi e Monicelli e recuperare la lezione di un Comencini più umanista e «antropologo».
Da lì e dal romanzo quasi omonimo di Umberto Contarello (nel libro, pubblicato da Feltrinelli, c’è un articolo in più: Una questione di cuore) parte l’Archibugi per raccontare l’incontro tra due tipi opposti, accomunati da un in?farto e da una degenza comune in ospedale.
Alberto (Antonio Albanese) è uno sceneggiatore farfallone e inaffidabile, che convive con un’attrice (Francesca Inaudi) senza sapere bene il perché e che sembra sfruttare la sua cultura e le sue intuizioni più per far colpo sulle donne che per onorare gli impegni di lavoro. Ange?lo (Kim Rossi Stuart) è un carrozziere di borgata, che ha chiamato la primogenita Perla e il figlio Airton (in onore di Senna), che è in attesa di un terzo figlio dalla moglie Rossana (Micaela Ramazzotti) e che dal proprio lavoro sa trarre molte soddisfazioni, compresi quei compensi in nero che gli hanno permesso di costruirsi una più che solida sicurezza economica.
paolo1.jpgIl borghese e l’artigiano, uno che gioca con le parole e un altro che non riesce a evitare di esprimersi in dialet?to, l’uomo di mondo (che in ospedale riceve la visita degli artisti per cui ha lavorato: Luchetti, Virzì, Sorrentino, Verdone — che regala due minuti in?dimenticabili — la Sandrelli) e il borgataro: la differenza di caratteri non potrebbe essere più evidente e il film corre lungo i binari di questo incon?tro/ scontro, mescolando un po’ di so?ciologia spicciola (Angelo abita al Pi?gneto, il quartiere popolare dove Pasolini ambientò Accattone; Alberto non può fare a meno dello psicoanalista, una simpatico cameo del critico Adriano Aprà) e molto, molto mestiere.
Che non è certo una critica, ma piuttosto la constatazione di una professionalità sempre più rara oggi in Italia. La Archibugi dimostra in questo film di saper usare al meglio tutti gli strumenti di cui può disporre un regista. Come la sceneggiatura (firmata in prima persona) che sa evitare le tante trappole che un tema così poteva disseminare, a cominciare dal facile pietismo che può innescare la malattia. E come la scelta dei due protagonisti, che ti saresti aspettato di vedere in ruoli opposti e che invece in questo modo sanno rendere — per bravura e sfumature di interpretazione ma an?che per merito della direzione registica — sempre interessanti personaggi che potevano essere stereotipati.
Perché il colto e raffinato intellet?tuale che scopre i valori dell’amicizia e della solidarietà e l’ex proletario che rivela sensibilità e impensatepaolo2.jpg generosità, ribaltando il quadro umano d’ini?zio film, non sono certo una trovata originalissima. Ma nel film dell’Archibugi funzionano e da spettatore ti ritrovi a seguire l’evoluzione dei due amici di corsia per scoprire come andrà a finire.

Certo, il personaggio di Alberto è più interessante perché più complesso (e sicuramente più vicino alla regista) e a lui sono affidate le scene più indovinate, come i battibecchi con l’in?fermiera dal volto triste (Chiara Noschese) o la lezione di sceneggiatura al piccolo Airton (Andrea Calligari). Senza contare che Albanese ha una carica di simpatia capace di vivificare anche i personaggi più antipatici. Ma anche Kim Rossi Stuart, il cui personaggio ha un’evoluzione psicologica (e medica) più scontata, riesce a evitare pietismi o lacrimucce ricattatorie. Per non parlate delle due donne, la Ramazzotti e la Inaudi, convincenti in due ruoli non certo facili.
Resterebbe da rispondere alla domanda iniziale (magari modificata così: che tipo di commedia si può fare oggi in Italia senza scadere nella farsa o nella fiction televisiva) e poi chiedersi perché la realtà, la realtà vera di questi anni, più brutti che sporchi e cattivi, finisca per apparire irrimediabilmente edulcorata o troppo distante dalle nostre commedie, anche da quelle ben fatte e piacevoli come Questione di cuore. Ma sono domande troppo complesse e forse troppo difficile per tutti, registi e critici compresi…
Paolo Mereghetti

17 aprile 2009

Paolo Mereghetti, Questioni di cuoreultima modifica: 2009-04-17T20:07:00+02:00da mangano1
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