Andrea Inglese,Il pisello di fuori, la notizia,l’oblio di sè

08cb7b080e16cf286ad1508f621b9f94.jpgdal blog nazioneindiana 25 Aprile 2008Il pisello di fuori, la notizia, l’oblio di sé di Andrea Inglese++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++Se ripenso un attimo alla mie vicende scolastiche, dalle elementari fino al liceo, in termini di infrazioni penali, penso che avrei potuto totalizzare almeno dieci anni di carcere. Senz’altro gli “atti osceni” l’avrebbero fatta da padrone, in quanto a tipologia di reato. Penso anche che almeno un terzo degli alunni di tutte le classi in cui sono stato avrebbero puntualmente condiviso con me tale destino. La prima denuncia avrei potuto collezionarla in seconda elementare quando, in refettorio, abbassai i calzoncini al fratello piccolo della mia giovane maestra, che mi sgridò poi inferocita. Ma i veri maxiprocessi si sarebbero svolti soprattutto a partire dalla terza media. La terza media corrispose, per noi alunni, ai grandi trionfi pubici, ossia alle più svariate e assidue esibizioni, in aula, della nostra peluria, dei nostri piselli in erezione, e delle tracce di sperma su lembi di camicia, fazzoletti, o altro.Ovviamente solo un’élite ben selezionata si dedicava a queste faccende, il gruppetto dei più audaci e ribelli, di coloro che erano già addentro, almeno sul piano dell’imitazione, alle grandi faccende post-puberali: bestemmie, feste con musica e prime sbronze, motorini ultimo grido, e avventure dai contorni enigmatici con ragazze più grandi. Ricordo ancora quando il gruppo dei fighi della classe, ai quali appartenevo, almeno in termini di mole di casino prodotto durante le lezioni, mi intimò di mostrare pubblicamente l’uccello. Tutto ciò durante una normale lezione di italiano o geografia. D’altra parte, i fighi si collocavano fatalmente nelle ultime file di banchi, dove ogni tipo di atto osceno in luogo pubblico era agevolmente realizzabile. Preso dalla classica ansia di competizione, decisi di andare in bagno per procurarmi una degna erezione. Così feci, e tornai poi al mio banco pronto ad esibirmi. Qualcuno volle ironizzare: “La prossima volta l’Inglese lo avvertiamo nell’ora di matematica, così ha tempo di prepararsi”. Ma nonostante la malevola battuta, nessuno ebbe formalmente niente da ridire: l’uccello era stato estratto, e durante la lezione. Non si poteva pretendere di più per rinnovarmi la patente di figo tra i fighi.Di certo i miei atti osceni appaiono un po’ sbiaditi, se penso a quelli riportati dalla straordinaria sequenza sulla vita scolastica in Amarcord di Fellini. Non io e nessuno dei mie compagni eguagliò mai quel gruppo di alunni che, utilizzando come acquedotti di fortuna delle cartine geografiche arrotolate, fecero scivolare fin sotto la lavagna il getto d’urina della teppa della classe, posto all’ultimo banco. Non vidi mai con i miei occhi né ricordo di aver sentito celebrare delle pisciate in classe, sia in forma diretta sia supportate da canalizzazioni. Certo che oggi anche Fellini, per quella scena, avrebbe potuto essere denunciato per pornografia.Cosa pensare nel momento in cui anche i rituali puberali e post-puberali vengono trattati in termini polizieschi, come reati da punire attraverso processi? Me lo chiedo leggendo una notizia apparsa sui quotidiani di ieri. La Repubblica la presentava così, nelle pagine nazionali di cronaca: “Atti osceni a scuola, bufera in Campania. Una professoressa accusata di concorso.” L’autore dell’articolo sceglie questo attacco in medias res: “Hanno tirato giù la lampo dei jeans esibendo gli organi genitali per poi sfidarsi sulle rispettive misure. Una scena che sembra uscita dal film American pie”. Già alla seconda frase, il lettore è fuorviato. Perché mai il recente e statunitense American pie e non invece il nostrano e classico Amarcord? E perché questo piccolo inserto cripto-sociologico che non ha alcun legame con la vera sociologia e tanto meno con il semplice buon senso? La solita solfa della gioventù pervertita dalla TV e dal cinema… Come se nel medioevo, senza internet e TV, i giovani non esibissero i loro uccelli… Ma questo è un dettaglio nell’infernale ingranaggio che si può mettere in moto a partire da un fatto così banale. Nel momento in cui, in seguito a denuncia, scatta la macchina poliziesca, scatta anche la macchina giornalistica: la notizia incombe funesta e allucinatoria sul “piccolo fatto vero”.Due regimi discorsivi s’impossessano di questo fatto, ma sono due regimi discorsivi del tutto sproporzionati ad esso: il regime del linguaggio giuridico e quello del linguaggio scandalistico. Una volta scivolati in queste maglie, non c’è che la presunzione di colpevolezza (la supplente è subito presentata come “complice”, ecc.), la scomparsa delle differenze, la confusione, il gran nero di seppia. Un nuovo tassello in quell’obbrobrio che è la scuola italiana, novello luogo di tutte le perversioni sessuali, di tutte le forme di crudeltà e tortura. E infatti, sulla stessa pagina di Repubblica, un trafiletto riporta con zelo “I precedenti: la prof che si fa palpeggiare in classe e finisce su You Tube, la supplente che viene sorpresa in atteggiamenti intimi con uno studente, la docente accusata di usare un linguaggio a ‘luci rosse’”. Siamo penetrati nel “girone scuola”, che per anni non ha interessato né i politici né la società, finché si trattava di ragionare sul merito delle questioni istituzionali importanti (assunzioni, contratti, programmi, metodi, risorse, stipendi, ecc.). Ora però si è aperto un nuovo e ben più attraente filone, quello dei comportamenti sessuali, visti ovviamente attraverso l’attuale buco della serratura: il filmino telefonico. Ma a sollecitare l’attenzione, vi è pure l’intreccio poliziesco: l’inchiesta e il processo. Bullismo e porno-lezioni, grazie a questi due temi la scuola è finalmente sotto i riflettori. Una volta all’anno, qualche coscienzioso giornalista fa il punto della situazione su questioni “marginali”: numero di precari, caos legislativo, inferno della graduatorie, disagio psichico del corpo docente per motivi professionali, ecc. Roba di pochissimo interesse. Poi si torna a bomba, con tette, culi & manette.Ricordo di aver visto il novembre scorso, a “Studio aperto”, uno speciale dedicato ad un blog di alunni, che “davano i voti ai loro professori”, ma secondo la logica di una hit-parade di Paperissima. Ecco allora una serie di brevi video – chissà quanto autentici – di sregolatezze del corpo docenti: professori filmati di nascosto dagli alunni mentre ballano in aula, o cantano, o si mettono la maschera di Topolino, ecc. Insomma, si torna ad Amarcord, ma in versione trash, senza nessun’ombra di quella nostalgia per la scuola che pur è percepibile nelle pieghe del grottesco felliniano. Ma il punto è un altro: finalmente la TV – quella berlusconiana in particolare – può prendersi la rivincita sull’istituzione scolastica: “Tu, scuola pubblica, pensavi di poter costituire un polo alternativo in termini educativi ai valori che io, TV, veicolo, e invece eccoti ridotta ai docenti-pagliacci, alla lezione-spazzatura. Tu non sei meglio né diversa da me: sei proprio come me!”Screditare i docenti e criminalizzare gli alunni, questo mi sembra l’esito di vicende come quella segnalata ieri da Repubblica. Ma tutto questo non riguarda solo il destino della scuola, ma il modo in cui è ancora possibile comprendere in forma sensata delle esperienze cruciali, per l’esistenza umana, come quelle legate alla sessualità. E tra queste esperienze c’è anche quella del gruppo di ragazzi che, in classe, fanno a gara a chi ce l’ha più lungo. In una situazione normale, ossia extrapoliziesca e extrascandalistica, sia gli alunni giovani sia i prof adulti sanno quali proporzioni dare ad eventi del genere. L’abilità del giovane sta tutta nel non farsi scoprire, la responsabilità dell’adulto sta nel punire con scandalo quel tonto o esagerato che si tradisce. Ma per nessuno dei due il fatto in sé suscita particolari interrogativi e angosce epocali. Ma appena sottraete il pisello estratto in aula dal suo contesto educativo normale, e ne fate un crimine punibile per legge e dunque una notizia di cronaca, questo pisello perde i suoi usuali contorni, e si carica di presagi tremendi, diventa un pisello sintomatico, e su di lui aleggia non una faccia da ragazzetto un po’ scemo ma una nuvola nera, che condensa in sé tutte le angosce apocalittiche e la fantasie morbose del lettore di giornale, lontano da quelle aule, cieco ai quei volti umanissimi di giovani, immemore della sua fase puberale, e delle sue esibizioni di pisello. La notizia, insomma, non crea solo l’ignoranza né la rafforza, ma può fare di più: cancellare la memoria di sé.

Andrea Inglese,Il pisello di fuori, la notizia,l’oblio di sèultima modifica: 2008-04-25T19:50:59+02:00da mangano1
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