F.Piperno, Elis.Della Corte, Vento del sud

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Vento del sud
di Franco Piperno, Elisabetta Della Corte

Questo testo è un breve estratto di uno dei saggi del volume Vento del Sud. Insorgenze meridionali ed esodo dalla modernità, a cura di Franco Piperno in uscita a settembre. Nei prossimi giorni pubblicheremo altri estratti.
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Gli altri estratti sinora pubblicati:
– Franco Piperno – A mo’ di introduzione
– Franca Maltese
– Massimo Ciglio
– Adalgiso Amendola
– Elisabetta Della Corte
– Oreste Scalzone
– Pietro Sebastianelli

linkografia
http://www.deriveapprodi.org/estesa.php?id=333&stato=prossi

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6. La rivalsa dei luoghi

Ciò che di nuovo anzi di antico è accaduto nel Sud negli ultimi dieci anni è un movimento di rivalsa dei luoghi. Il genius loci è ritornato a casa, ancora stranito e malconcio dal lungo esilio. Le città rurali meridionali hanno preso la parola e hanno compiuto gesti pubblici, rivolti alla condizione comune del vivere urbano, dell’abitare un luogo amato perché appropriato alla «buona vita». Basterà ricordare dei nomi di luoghi protagonisti, perché tornino in mente una lunga serie di eventi, di città insorte, Scanzano, Acerra, Cosenza, Parapoti e così via. Dai luoghi veniamo sì segnati, ma allo stesso tempo li segniamo, come nelle intense esperienze di attrazione passionale. In questo senso, entrare in comunione con l’altro, prendersi cura dei luoghi che, quotidianamente calpestiamo in modo distratto, vuol dire riconoscerne la bellezza negata, la ricchezza nascosta, non in vista di un ideale di benessere al di là da venire, ma in riferimento al presente. A differenza della prospettiva drammatica, emersa nella modernità, che sposta nel futuro la soluzione dei problemi, la sensibilità tragica del meridione si impegna a vivere giorno per giorno gli stessi problemi senza rinviare. Come scrive Maffesoli, nel primo caso è la Storia il vettore dell’emancipazione sociale, nel secondo, quello della sensibilità tragica, il luogo diventa lo spazio di un destino comune su cui è possibile intervenire. Questo cambiamento di prospettiva consente l’uscita dalla passività e dal lamento che rinvia sempre a cause esterne e invincibili i problemi quotidiani. È questo punto di vista che permette di riguardare al rovescio la questione meridionale: non più lo sviluppo economico ma la qualità della vita. Sia chiaro, qui non v’è alcuna malinconia pauperistica contro la crescita della produzione, né tanto meno un ottuso fondamentalismo a favore di una sua decrescita. Si tratta piuttosto di subordinare il lavoro produttivo all’appetito dell’abitare, inteso come realizzazione collettiva di una vita buona, cioè piacevole – dove la vita «riuscita», quella perfetta, è semplicemente quella piacevole. Il piacere ha la sua dimora nell’autogoverno in quanto pratica discorsiva, con la sua centralità degli aspetti persuasivi nella costruzione in «presenza» dell’accordo comunicativo; tutt’altro che le decisioni prese a distanza da finti Re Magi che propinano mezze verità e schemini risolutivi. L’autogoverno, cioè la facoltà di giudicare, è specificatamente politico, nel senso di vedere le cose non soltanto da un punto di vista individuale, ma nella prospettiva di tutti coloro che sono presenti; o, per meglio dire, il giudizio rende capace il cittadino d’orientarsi nel mondo comune.

7. Disporre del tempo proprio

L’esperienza epocale mostra abbondantemente che non v’è proporzione tra reddito monetario e vita piacevole; il primo è un’astrazione indeterminata che coglie il suo successo rimuovendo la vita dei corpi, il secondo si nutre dei corpi e delle esperienze che lo mettono in gioco nell’attrazione passionale. Non v’è dubbio che il mancato decollo industriale del Meridione, lo ponga oggi, per un’astuzia della storia, in una condizione di oggettiva «eminenza», per usare la parola del poeta. In effetti, il fallimento della modernizzazione del Sud non è solo riconducibile alle condotte rapinatrici dei finanzieri del Nord; e nemmeno alla virulenza insistita con la quale l’associazionismo criminale meridionale ha conseguito e mantenuto il controllo del territorio. Anzi, a vero dire, quest’ultimo tratto così specifico, questa sorta di morale collettiva premoderna che caratterizza la criminalità meridionale non è che la faccia orribile di quella sorda ostilità a vivere nell’epoca dell’industria, ostilità che nel Sud è ancora, fortunatamente, un sentimento comune. Viene via via delineandosi, al posto della vecchia contrapposizione tra Nord e Sud, lo scontro tra luoghi propri, ovvero città dell’abitare, e metropoli cioè non luoghi ma meri nodi di flussi produttivi. E’ proprio questa resistenza del senso comune che ha schiuso nel meridione l’esodo semantico come movimento in corso di farsi. In realtà ciò che qui è in gioco è l’uscita dall’economia intesa come ideologia agiografica della produzione industriale. Il dominio dell’economico non è ancorato ad una qualche legge di natura né espressione di un valore universalmente umano. Uscire dall’economico vuol dire solo sottrarsi all’idea dominante – che conferisce spessore ontologico ed efficacia pratica al mercato solo in forza di una convenzione linguistica umana e del consenso attorno ad essa. L’esodo si verifica su diversi piani semantici fra di loro intrecciati. Ai consumi indotti dalla necessità di valorizzare l’eccedenza smisurata del lavoro produttivo alienato si contrappone la ricerca dell’attività piacevole, che è fatica e gratificazione, mezzo e fine allo stesso tempo. Un mutamento di massa nella struttura dei consumi è il processo attraverso il quale l’attività si rivale sul lavoro salariato. L’attività autodeterminata è un criterio di verità corporalmente concreto e comunemente posseduto. La cittadinanza attiva coincide così con l’insieme dei cittadini che praticano la buona vita, una vita piena di ricchezza sensuale adattata al paesaggio, anche nel caso in cui ne venga delineato solo il tentativo. L’abitante non è un vaso da riempire ma un fuoco da accendere – la dimensione urbana è quella che consente a ciascuno di cercare il proprio demone; e, una volta trovato, riconoscerlo come un destino. La ricerca del piacere in quanto rigorosa regola morale presuppone e produce automaticamente una tale varietà di desideri che possono essere soddisfatti e contrastare, con successo, la ricchezza come valore monetario, astratto ed estenuato; praticando per mimesi il mondo della ricchezza segnato dal valore d’uso.

F.Piperno, Elis.Della Corte, Vento del sudultima modifica: 2008-05-17T17:58:14+02:00da mangano1
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