Antonello Catacchio, Zona Tortona

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da il manifesto del 20 Giugno 2008
DOC «Oltre il ponte» di Sabina Bologna

Zona Tortona, oggi territorio «brand»
ANTONELLO CATACCHIO
MILANO

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Piazzale della stazione di porta Genova. Proprio a fianco un ponte di metallo permette di passare oltre i binari per scendere in via Tortona. Una strada della vecchia Milano, di quelle cieche da un lato. Un percorso che migliaia di operai hanno fatto per anni, perché in quella zona erano allocate un’infinità di fabbriche. La Riva Cantoni, che produceva turbine e altri giganteschi manufatti, la Cge, filiale italiana della General Electric, la Nestlè, l’Ansaldo… Ora Milano è diversa, quei capannoni sono diventati altro rispetto a quello per cui erano stati costruiti e pensati. L’intero quartiere si è trasformato diventando sede di terziario avanzato e altro per animarsi e affollarsi oltre ogni limite nei momenti della moda e del design. Un quartiere di tendenza. A partire da questo mutamento Sergio Bologna, studioso di movimento operaio, ha avuto l’idea di realizzare un documentario, affidato alla figlia Sabina per la regia, con il contributo produttivo della fondazione Micheletti e della chiesa Valdese, dal titolo Oltre il ponte. Ecco allora che parlano coloro che alla Riva Calzoni hanno passato una vita intera, ricordando come all’epoca fosse motivo di orgoglio e privilegio far parte di un’azienda molto rispettosa degli accordi sindacali e in grado di offrire, forse anche paternalisticamente, una serie di servizi per i dipendenti. Servizi che arrivavano a comprendere anche un’assistenza sanitaria integrativa. Il sindacalista dei metalmeccanici che operava nella zona negli anni ’60 ricorda come non si riuscisse a trovare modo o pretesto per scioperare alla Riva. Anzi viene rievocata una frase che diceva come si entrasse in Riva ancora con i calzoni corti per andarsene solo al momento della pensione. Diverso il discorso per la Cge che vide invece, proprio nei primi anni ’60, scioperi compatti con l’esordio dei fischietti nei cortei.
Poi la città ha iniziato la sua mutazione. Le fabbriche a chiudere o dislocarsi e quegli enormi spazi hanno cominciato a incuriosire. Qualcuno racconta che costavano così poco da essere appetibili per chi operava nel settore immobiliare. Il fotografo Ferri è tra i primi a insediarsi in zona negli anni ’80 creando il Superstudio, un centro di servizi, poi è arrivata anche la fondazione Pomodoro, con Arnaldo entusiasta per le dimensioni degli edifici che consentono di esporre e proporre in modo originale. Un po’ alla volta tutto si trasforma, impazzano i loft, ma anche le sedi di un’infinità di società che intervengono in svariati settori, come la multinazionale finanziaria Deloitte. E proprio un suo rappresentante è chiamato a dare il segno concreto di questa mutazione genetica della zona, della città e del lavoro, parlando in quella lingua piuttosto ridicola composta per tre quarti di vocaboli inglesi. Le immagini d’epoca in bianco e nero e il vocabolario degli interlocutori sembra lontano anni luce dal colore e dal delirio locutorio del manager.
Non tutti sono così, ovviamente, nei laboratori teatrali della Scala, subentrati nell’ex Ansaldo il lavoro continua a essere tale, seppure diversificato, resistono artigiani in grado di creare stravaganze che affascinano i ricchi arabi. Anche Armani, come Cp Company e Della Valle, sono approdati in zona. E il lavoro? Quella è un’altra storia, come racconta una ragazza, entusiasta del suo non essere assunta e fissa in un posto. Però è una presa in giro: tutti liberi professionisti, in teoria, in pratica invece dipendenti, ma senza contratto e senza garanzie. Figurarsi la case popolari e la mutua integrativa della Riva Calzoni, quelle sono storie di un altro secolo.

Antonello Catacchio, Zona Tortonaultima modifica: 2008-06-22T00:48:23+02:00da mangano1
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