Armando Torno,la bugia è un rifugio?

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Armando Torno (Corriere della Sera, 21.07.2008)

Ritorna l’affascinante polemica sulla falsità tra Constant e Kant. E un’opera dimenticata di Hobbes

Non possiamo vivere senza menzogna

Ignacio Mendiola: la bugia è un rifugio. Ci protegge dal mondo

nella foto IMMANUEL KANT

Nel 1797 il trentenne Benjamin Constant scrive un trattatello dal titolo Delle
reazioni politiche. Viene subito tradotto e ripartito in vari fascicoli da una
rivista tedesca. Tra i molti nervi scoperti che l’amico di Madame de Staël si
procura il piacere di toccare c’è il tema della menzogna. Da uomo del suo
tempo, disilluso quanto brillante, Constant ricorda che i princìpi universali,
qualora si dovessero utilizzare per le concretezze della vita, dovrebbero
fondarsi su qualcosa di intermedio, insomma su un riferimento capace di
concatenarli con la realtà. E, tra le molte frasi, ce n’è una che non poteva
passare inosservata: «Dire la verità è un dovere, ma solo nei confronti di chi
ha diritto alla verità».

Apparentemente sembra una teoria come molte altre di quel periodo ma,
mettendo a punto la cosa, Constant non riesce a trattenersi dal criticare
Immanuel Kant e, in particolare, alcune sue riflessioni. Tra le quali c’era la
seguente: «Persino di fronte a degli assassini che vi chiedessero se il vostro
amico, che loro stanno inseguendo, si sia rifugiato in casa vostra, la
menzogna sarebbe un crimine ». Era noto – e lo è ancora ai nostri giorni – che
per il sommo pensatore bisogna dire la verità in ogni situazione. Sempre e
comunque.

La replica non si fa attendere. Kant risponde, ribattendo punto per punto
(come fece Origene contro il pagano Celso), con uno scritto dal titolo Su un
presunto diritto di mentire per amore dell’umanità. Per dirla in breve, il
tedesco non si muove di un millimetro. Tra le sue parole vale la pena
ricordare: «Chi dunque mente, per quanto buone siano le sue intenzioni, ha
l’obbligo di assumersi le responsabilità delle conseguenze che ne derivano»;
e ancora: «È pertanto un sacro precetto della ragione – precetto che si
impone incondizionatamente ed è irriducibile a ogni ordine di convenienza –
essere veritieri (onesti) in ogni dichiarazione». Ora, chi volesse conoscere
quella polemica e prendere atto dei testi, trova in un delizioso libretto, firmato
Kant-Constant e dal titolo Il diritto di mentire, quanto desidera. La curatrice,
Sabrina Mori Carmignani, merita una menzione per il saggio introduttivo e la
confezione del piccolo volume edito da Passigli.

Pagine che sollevano una questione irrisolta da millenni: già Agostino aveva
scritto il De mendacio, dove distingueva e catalogava le bugie, mentre sette
secoli prima di lui Eubulide di Mileto (ripreso da Aristotele) elaborò il
«Sofisma del mentitore». Che, nella prima formulazione, suonava così: «Se
menti dicendo di mentire, nello stesso tempo menti e dici la verità ». Lo hanno
ripreso i logici del Novecento.

L’argomento sarebbe una questione oziosa e irrisolta della filosofia se non
fosse tornato di grande attualità. O meglio, per dirla con i francesi, «è nel
vento». Prova ne è la traduzione italiana, uscita da Tropea, di un brillante
saggio di Ignacio Mendiola, Elogio della menzogna. In esso si afferma una
verità incontestabile: sulla menzogna sono state dette molte bugie. Gli
esempi riportati si sprecano e il sociologo basco ne prende a prestito dal
cinema, dalla letteratura e dalle esperienze esistenziali. Che sarebbe l’amore
senza la bugia?

Mendiola rivendica il nostro diritto a mentire. Per lui Pinocchio non esiste ma
di questo burattino abbiamo bisogno, come del principe azzurro e del lupo
cattivo, giacché tra le braccia delle loro menzogne abbiamo trascorso ore
serene e sonni beati. Ma lasciamogli la parola: «La menzogna è una
protezione contro il mondo, un costrutto che ci salvaguardia dall’inclemenza
del nonsenso, un rifugio che deve essere costruito anche da chi ripudia la
menzogna, perché nella verità risiede solo l’inesistente occhio di Dio». Non si
esprime da credente, ma i suoi argomenti sono perfetti per la vita che
dobbiamo sopportare.

Si dovrebbe infine parlare di menzogna culturale, dell’inganno dell’arte e
dell’architettura, del fondamentale ruolo della bugia in politica, in economia e
nella società della comunicazione di oggi (senza menzogna ci sarebbe la
Tv?), ma preferiamo segnalarvi un ultimo libro che indirettamente soffia
sull’argomento.

Si tratta della Historia Ecclesiastica di Thomas Hobbes, che ha appena visto
la luce presso l’editore parigino Honoré Champion con il testo critico latino, la
versione inglese e una formidabile introduzione di 300 pagine di Patricia
Springborg dell’ateneo di Sydney (esce con il contributo della Libera
Università di Bolzano). Quest’opera, in forma di carme elegiaco, che non ha
mai trovato rilievo negli studi su Hobbes, è forse lo scritto più virulento e
polemico del filosofo inglese. Alla base c’è la condanna del potere papale,
ma i versi sono permeati da una domanda inquietante, espressa sovente in
forma di satira: quante menzogne ha avuto bisogno la Chiesa nella storia?

Come si fa a rispondere? Hobbes non ne offre l’elenco. E poi, tutto sommato,
per chi ha fede non è particolarmente importante

Armando Torno,la bugia è un rifugio?ultima modifica: 2008-07-21T17:32:00+02:00da mangano1
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