Marino Badiale, Il 68 di Bontempelli

da LA FRUSTA
marino badiale, MASSIMO BONTEMPELLI: IL SESSANTOTTO. UN ANNO DA CAPIRE

Il titolo di questo libro enuncia un’idea precisa: il Sessantotto non va celebrato, attaccato o difeso, ma va per
prima cosa capito. In quest’opera di comprensione, necessaria anche per capire il nostro presente, Bontempelli
utilizza approcci apparentemente diversi ma che in realtà convergono verso un’interpretazione unitaria. Proviamo a
sintetizzarla: il Sessantotto è il momento storico che conclude la storia della sinistra del Novecento.
Esso rappresenta una conclusione, e non l’inizio di una “nuova sinistra”, perché, nonostante la correttezza di
molte delle istanze allora poste, il movimento è radicalmente incapace di porsi all’altezza dei problemi che esso
stesso solleva, e questa incapacità deriva dai profondi limiti del movimento stesso, e in particolare dei suoi leader.
Nell’analisi di questi limiti Bontempelli introduce una categoria di origine psicologica, quella di “narcisismo”,
utilizzandola in un contesto di interpretazione non psicologica ma storico-sociale.
Il narcisismo di cui danno prova i vari leaderini del Sessantotto, e che fu uno dei motivi del suo sfaldarsi senza aver dato
un esito alle sue istanze migliori, non è un fatto casuale, ma è il risultato di una nuova fase storica, e in particolare della
nuova realtà antropologica prodotta dalla società dei consumi.
Questa analisi del Sessantotto in termini di “narcisismo” è uno degli assi fondamentali del testo di Bontempelli. Esso
contiene però molte altre cose. Il lettore vi potrà trovare una narrazione storica avvincente del Sessantotto italiano, con la
sua preparazione nel 1966-67 e la sua nconclusione nel dicembre del 1969 (per Bontempelli l’inizio della “strategia della tensione” segna la fine del movimento del 1968).
Inoltre, pur concentrandosi sul Sessantotto italiano, Bontempelli discute alcuni dei fenomeni internazionali la cui
interazione col Sessantotto italiano meglio permette di capirlo: il Vietnam, il Sessantotto francese e tedesco, la
rivoluzione culturale cinese, l’agosto cecoslovacco. L’autore propone interpretazioni originali e avvincenti.
Riassumiamo, come esempio, l’analisi che Bontempelli compie della vicenda cecoslovacca. Da una parte la
“Primavera di Praga” è giudicata come l’ultima possibilità di riforma interna e di autocorrezione del “socialismo
reale”, per cui, afferma Bontempelli, la sua sconfitta ha in sostanza preparato la resa del “socialismo reale” al
“capitalismo reale”, cioè la fine del “campo socialista” che precipiterà vent’anni dopo.
Dall’altra, la reazione di indifferenza e di fastidio dei contestatori sessantottini nei confronti della repressione
sovietica della Primavera di Praga è indice di quei limiti di cui si diceva sopra. I contestatori avvertono che nella
Primavera di Praga vengono posti come valori alcuni dei principi borghesi che loro contestano, e questo li infastidisce.
Sono incapaci di cogliere, nella vicenda cecoslovacca, l’articolazione di diverse linee di tendenza sociopolitiche, e
rimuovono la complessità di quella situazione con poche formulette pseudomarxiste.
Come spiega Bontempelli “ciò che essi non sanno di loro stessi è che il lato migliore e più valido della loro contestazione
è nato in loro dalla cultura ereditata dai loro padri, ed il giusto rivolgersi contro i lati negativi di quella cultura esigerebbe
di essere accompagnato, per essere davvero rivoluzionario, dalla consapevolezza, che però non può esserci in una
personalità narcisistica, che il superamento del capitalismo passa per la rettifica e l’inveramento, non la
distruzione, dei valori borghesi”.

Il testo può essere richiesto direttamente alla CUEC (Coopertiva Universitaria Editrice Cagliaritana). Sito internet
www.cuec.eu; tel. 070-291201, 070-271575; email: info@cuec.eu

Marino Badiale, Il 68 di Bontempelliultima modifica: 2008-08-23T22:56:54+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo