segnalazione, manifesto de LA SINISTRA

dalla mailing list del circolo Rosselli

COSTRUIRE LA SINISTRA: IL TEMPO E’ ADESSO

segnalazione.jpg

Le ragazze e i ragazzi che in questi giorni portano la loro protesta in tutte le
piazze del paese per una scuola che li aiuti a crearsi un futuro ci dicono che
la speranza di un’altra Italia è possibile.
Che è possibile reagire alla destra che toglie diritti e aumenta privilegi.
Che è possibile rispondere all’insulto criminale che insanguina il
Mezzogiorno e vuole ridurre al silenzio le coscienze più libere.
Che è possibile dare dignità al lavoro, spezzando la logica dominante che
oggi lo relega sempre più a profitto e mercificazione.
Che è possibile affermare la libertà delle donne e vivere in un paese ove la
laicità sia un principio inviolabile.
Che è possibile lavorare per un mondo di pace.
Che è possibile, di fronte all’offensiva razzista nei confronti dei migranti,
rispondere – come fece Einstein – che l’unica razza che conosciamo è quella
umana.
Che è possibile attraverso una riconversione ecologica dell’economia
contrastare i cambiamenti climatici, riducendone gli effetti ambientali e sociali.
Che è possibile, dunque, reagire ad una politica miserabile la quale, di fronte
alla drammatica questione del surriscaldamento del pianeta, cerca di
bloccare le scelte dell’Europa in nome di una cieca salvaguardia di ristretti
interessi.
Cambiare questo paese è possibile.
A patto di praticare questa speranza che oggi cresce d’intensità, di farla
incontrare con una politica che sappia anche cambiare se stessa per tradurre
la speranza di oggi in realtà.
E’ questo il compito primario di ciò che chiamiamo sinistra.
Viviamo in un paese e in un tempo che hanno bisogno di un ritrovato
impegno e di una nuova sinistra, ecologista, solidale e pacifista. La cronaca
quotidiana dei fatti è ormai una narrazione impietosa dell’Italia e della crisi
delle politiche neoliberiste su scala mondiale.
Quando la condizione sociale e materiale di tanta parte della popolazione
precipita verso il rischio di togliere ogni significato alla parola futuro; quando
cittadinanza, convivenza, riconoscimento dell’altro diventano valori sempre
più marginali; quando le donne e gli uomini di questo paese vedono crescere
la propria solitudine di fronte alle istituzioni, nei luoghi di lavoro – spesso
precario, talvolta assente – come in quelli del sapere; quando tutto questo
accade nessuna coscienza civile può star ferma ad aspettare. Siamo di fronte
ad una crisi che segna un vero spartiacque.
Crollano i dogmi del pensiero unico che hanno alimentato le forme del
capitalismo di questi ultimi 20 anni. Questa crisi rende più che mai attuale il
bisogno di sinistra, se essa sarà in grado di farsi portatrice di una vera
alternativa di società a livello globale.
E’ alla politica che tocca il compito, qui ed ora, di produrre un’idea, un
progetto di società, un nuovo senso da attribuire alle nostre parole.
Ed è la politica che ha il compito di dire che un’alternativa allo stato presente
delle cose è necessaria ed è possibile.
La destra orienta la sua pesante azione di governo – tutto è già ben chiaro in
soli pochi mesi – sulla base di un’agenda che ha nell’esaltazione persino
esasperata del mercato e nello smantellamento della nostra Costituzione
repubblicana i capisaldi che la ispirano.
Cosa saranno scuola e formazione, ambiente, sanità e welfare, livelli di
reddito e qualità del lavoro, diritti di cittadinanza e autodeterminazione di
donne e uomini nell’Italia di domani, quel domani che è già dietro l’angolo,
quando gli effetti di questa destra ora al governo risulteranno dirompenti e
colpiranno dritto al cuore le condizioni di vita, già ora così difficili, di tante
donne e uomini ?
E’ da qui che nasce l’urgenza e lo spazio – vero, reale, possibile, crescente –
di una nuova sinistra che susciti speranza e chiami all’impegno politico, che
lavori ad un progetto per il paese e sappia mobilitare anche chi è deluso,
distratto, distante.
Una sinistra che rifiuti il rifugio identitario fine a sé stesso, la fuga dalla
politica, l’affannosa ricerca dei segni del passato come nuovi feticci da
agitare verso il presente.
Una sinistra che assuma la sconfitta di aprile come un momento di verità, non
solo di debolezza. E che dalle ragioni profonde di quella sconfitta vuole
ripartire, senza ripercorrerne gli errori, le presunzioni, i limiti.
Una sinistra che guardi all’Europa come luogo fondamentale del proprio
agire e di costruzione di un’alternativa a questa globalizzazione.
Una sinistra del lavoro capace di mostrare come la sua sistematica
svalorizzazione sia parte decisiva della crisi economica e sociale che
viviamo.
Per far ciò pensiamo a una sinistra che riesca finalmente a mescolare i segni
e i semi di più culture politiche per farne un linguaggio diverso, un diverso
sguardo sulle cose di questo tempo e di questo mondo.
Una politica della pace, non solo come ripudio della guerra, anche come
quotidiana costruzione della cultura della non violenza e della cooperazione
come alternativa alla competizione.
Una sinistra dei diritti civili, delle libertà, dell’uguaglianza e delle differenze.
Una sinistra che non sia più ceto politico ma luogo di partecipazione, di
ricerca, di responsabilità condivise. Che sappia raccogliere la militanza civile,
intellettuale e politica superando i naturali recinti dei soggetti politici
tradizionali. E che si faccia carico di un’opposizione rigorosa, con l’impegno
di costruire un nuovo, positivo campo di forze e di idee per il paese.
La difesa del contratto nazionale di lavoro, che imprese e governo vogliono
abolire per rendere più diseguali e soli i lavoratori e le lavoratrici è per noi
l’immediata priorità, insieme all’affermazione del valore pubblico e universale
della scuola e dell’università e alla difesa del clima che richiede una vera e
propria rivoluzione ecologica nel modo di produrre e consumare.
Lavorare da subito ad una fase costituente della sinistra italiana significa
anche spezzare una condizione di marginalità – politica e persino
democratica – e scongiurare la deriva bipartitista, avviando una riforma delle
pratiche politiche novecentesche.
L’obiettivo è quello di lavorare a un nuovo soggetto politico della sinistra
italiana attraverso un processo che deve avere concreti elementi di novità:
non la sommatoria di ceti politici ma un percorso democratico, partecipativo,
inclusivo.
Per operare da subito promuoviamo l’associazione politica “Per la Sinistra”,
uno strumento leggero per tutti coloro che sono interessati a ridare voce,
ruolo e progetto alla sinistra italiana, avviando adesioni larghe e plurali.
Fin da ora si formino nei territori comitati promotori provvisori, aperti a tutti
coloro che sono interessati al processo costituente, con il compito di
partecipare alla realizzazione, sabato 13 dicembre, di una assemblea
nazionale.
Punto di partenza di un processo da sottoporre a gennaio a una
consultazione di massa attorno a una carta d’intenti, un nome, un
simbolo,regole condivise.
Proponiamo di arrivare all’assemblea del 13 dicembre attraverso un
calendario di iniziative che ci veda impegnati, già da novembre, a costruire
un appuntamento nazionale sulla scuola e campagne sui temi del lavoro e
dei diritti negati, dell’ambiente e contro il nucleare civile e militare e per lo
sviluppo delle energie rinnovabili.
Sappiamo bene che non sarà un percorso semplice né breve, che richiederà
tempo, quel tempo che è il luogo vero dove si sviluppa la ricerca di altri
linguaggi, la produzione di nuova cultura politica, la formazione di nuove
classi dirigenti.
Una sinistra che sia forza autonoma – sul piano culturale, politico,
organizzativo – non può prescindere da ciò. Ma il tempo di domani è già qui
ed è oggi che dobbiamo cominciare a misurarlo. Ecco perché diciamo che
questo nostro incontro segna, per noi che vi abbiamo preso parte, la comune
volontà di un’assunzione individuale e collettiva di responsabilità.
La responsabilità di partecipare a un percorso che finalmente prende avvio e
di voler contribuire ad estenderlo nelle diverse realtà del territorio, di
sottoporlo ad una verifica larga, di svilupparlo lavorando sui temi più sensibili
che riguardano tanta parte della popolazione e ai quali legare un progetto
politico della sinistra italiana, a cominciare dalla pace, dall’equità sociale e
dal lavoro, dai diritti e dall’ambiente alla laicità.
Noi ci impegniamo oggi in questo cammino.
A costruirlo nel tempo che sarà richiesto. A cominciare ora.

Mario Agostinelli, Vincenzo Aita, Ritanna Armeni, Alberto Asor Rosa, Angela
Azzaro, Katia Belillo, Fulvia Bandoli, Giovanni Berlinguer, Piero Bevilacqua,
Jean Bilongo, Maria Luisa Boccia, Luca Bonaccorsi, Sergio Brenna, Luisa
Calimani, Antonio Cantaro, Luciana Castellina, Giusto Catania, Paolo Cento,
Giuseppe Chiarante, Raffaella Chiodo, Marcello Cini, Lisa Clark, Maria Rosa
Cutrufelli, Pippo Del Bono, Vezio De Lucia, Paolo De Nardis, Loredana De
Petris, Elettra Deiana, Arturo Di Corinto, Titti Di Salvo, Walter Fabiocchi,
Daniele Farina, Claudio Fava, Carlo Flamigni, Enrico Fontana, Marco
Fumagalli, Luciano Gallino, Giuliano Giuliani, Leo Gullotta, Umberto Guidoni,
Margherita Hack, Paolo Hutter, Francesco Indovina, Rosa Jijon, Francesca
Koch, Wilma Labate, Simonetta Lombardo, Francesco Martone, Graziella
Mascia, Gianni Mattioli, Danielle Mazzonis, Gennaro Migliore, Adalberto
Minucci, Filippo Miraglia, Serafino Murri, Roberto Musacchio, Pasqualina
Napoletano, Diego Novelli, Moni Ovadia, Italo Palumbo, Giorgio Parisi,
Elisabetta Piccolotti, Paolo Pietrangeli, Bianca Pomeranzi, Alessandro
Portelli, Alì Rashid, Luca Robotti, Massimo Roccella, Stefano Ruffo, Mario
Sai, Simonetta Salacone, Massimo L. Salvadori, Edoardo Salzano, Bia
Sarasini, Scipione Semeraro, Patrizia Sentinelli, Massimo Serafini, Giuliana
Sgrena, Aldo Tortorella, Gabriele Trama, Mario Tronti, Nichi Vendola.

__._,_.___

segnalazione, manifesto de LA SINISTRAultima modifica: 2008-11-17T18:06:00+01:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “segnalazione, manifesto de LA SINISTRA

  1. Mi permetto di allegare a la bozza di “manifesto socialista” proposta da Nencini, che ho trovato sul sito dell’associazione per la rosa nel pugno se può interessare e/o servire per una discussione.

    Saluti
    Roberto

    MANIFESTO SOCIALISTA

    Le radici del futuro: per un individualismo solidale

    La società italiana è bloccata da una contrapposizione feroce fra conservazione e innovazione. Quest’ultima è molto declamata, ma è la prima ad essere fortemente praticata.
    La conservazione è sostenuta da un pensiero che oscilla continuamente fra centralità dello Stato o del Mercato, senza mai scegliere in modo risolutivo.
    L’innovazione riformista, invece, deve basarsi sulla capacità d’individuare problemi, far maturare consapevolezze e identità che portino a scegliere, decidere e agire.
    Si continua ad attribuire il valore dell’innovazione alla sinistra in quanto forza del progresso; ma era così quando progresso significava soprattutto permettere a nuove fasce di lavoratori il riconoscimento dei loro diritti di cittadinanza, garantiti – in una società industriale – dall’appartenenza al mondo della produzione e della riproduzione, in una società incentrata su casa e fabbrica.
    Ormai da molti anni la vita di ogni individuo è policentrica, si sono allargate le reti relazionali, si aderisce a un maggior numero di ambienti sociali. Questo processo costringe a ridefinire la dialettica individuo-società.
    La cittadinanza non si basa più soltanto sulla dimensione produttiva. Si afferma la cittadinanza relazionale che pone l’accento sul diritto dei cittadini e dei gruppi sociali alla differenza. La problematica della cittadinanza scivola verso la centralità degli elementi identitari e verso una supremazia della dimensione culturale.
    La naturale propensione a riconoscere la centralità dell’individuo ha permesso al pensiero liberale d’acquisire un vantaggio culturale che si è tradotto nel primato del mercato, nell’affermazione di un individualismo egoistico, edonista e narcisista. Un successo favorito dal disastro del sistema comunista e dalle difficoltà della socialdemocrazia, resa vulnerabile dalla crisi fiscale dello Stato, incapace di rispondere alle crescenti esigenze poste dalla sua migliore invenzione, il Welfare.
    Le difficoltà ormai evidenti del pensiero neo-liberale mostrano i limiti strutturali di una modernizzazione forgiata sulla supponente convinzione di un individualismo autosufficiente che potesse garantire un’assoluta e prorompente autonomia dalla società liberata da ogni regola.
    Ma la forza dell’individuo è data dal suo capitale relazionale, dalla possibilità d’effettuare comparazioni, confronti, dialogare e moltiplicare i rapporti con l’altro. La gestione di questi rapporti è molto difficile. Il continuo confronto con l’alterità spaventa, provoca diffidenza. Ma è ineludibile in società globali il cui tratto distintivo è l’interdipendenza.
    Non a caso il neo-liberismo sta retrocedendo e nella sua ritirata innalza barriere e steccati, ergendosi a paladino della sicurezza e respingendo lo straniero.
    Una battaglia inutile, oltre che cinicamente egoista.
    L’interdipendenza si rafforza attraverso la mobilità delle merci, delle persone, delle idee e delle informazioni. Mobilità che non va né avversata, né osannata, ma soltanto gestita.
    Una nuova cultura riformista, una nuova sinistra deve rinnovarsi, accettando la difficile scommessa di questa gestione, attraverso dialogo e confronto con la composita e cangiante soggettività delle società contemporanee.

    Deve saperlo fare basandosi su inclusione, merito e responsabilità, l’esatto contrario del motto vandeano, di recente riesumato, ‘Dio, Patria, Famiglia’.
    La nuova cittadinanza si basa sul riconoscimento dei differenti stili di vita, nella misura in cui questi siano rispettosi del sistema valoriale di cui laicamente lo Stato definisce la legittimità. In tale concezione inclusione significa aprirsi ad una forte duttilità culturale e abbandonare ogni dogmatismo, affrontando innanzitutto i nuovi bisogni.
    Proprio questa ridefinizione della cittadinanza ha spiazzato negli ultimi anni la sinistra, connotatasi nel Novecento proprio sulla centralità della dinamica produttiva e ora, da un lato, attardata a difendere logiche sindacali, sempre più frequentemente declinanti nel corporativismo, per l’obiettiva difficoltà a ripensare in queste diverse condizioni i diritti dei lavoratori (difesa della ‘società appagata’ e dimenticanza per il mondo del lavoro precario); dall’altro lato, sbilanciata verso un radicalismo libertario, con cui cerca di superare i suoi ritardi nell’analisi sulle forme e sui modi con cui muta la stratificazione sociale e, contemporaneamente, recuperare il rapporto con soggetti sociali – i giovani e le donne – indubbiamente sacrificati dalla difesa tout court delle attuali garanzie pensionistiche e lavorative.
    Una doppiezza che si riflette nella difficoltà a instaurare un rapporto saldo con i cittadini, consumatori e utenti di beni e servizi, per continuare a privilegiare un primato dei produttori che è constatabile dalla difesa dei professori quando si parla di scuola e Università, dei magistrati quando si parla di giustizia, dei pubblici dipendenti quando si parla di pubblica amministrazione, fino ad arrivare alle timidezze e alle contraddizioni in tema di privatizzazioni, che hanno svantaggiato proprio i cittadini (si pensi alla privatizzazione in regime di monopolio dei servizi primari: acqua, energia, rifiuti).
    Una doppiezza che, paradossalmente, ritroviamo anche quando si predilige il valore della solidarietà nei confronti dei migranti, considerandoli in un’ottica tardo-terzomondista gli sconfitti della storia, piuttosto che individui decisi a scommettere sul proprio futuro.
    L’inclusione non esclude naturalmente il godimento dei diritti di ‘terza generazione’, dalle unioni civili alle scelte – libere e responsabili – riguardanti la nostra vita e la nostra morte fino alla libertà di ricerca.
    Le nuove forme d’inclusione, proprio per il loro progressivo definirsi attraverso il confronto con i tanti altri che incontriamo quotidianamente nella nostra società, richiede una nuova qualificazione delle azioni degli individui, basata sul merito.
    La cultura della sinistra italiana ha sempre avuto timore nel riconoscere il merito perché le appariva un tradimento dell’azione collettiva e dell’appartenenza di classe a favore di un primato dell’individuo. In una società centrata sulla diversità, sulla cittadinanza che ciascuno si costruisce attraverso l’insieme delle sue relazioni, il merito è il principale elemento per tendere alla giustizia sociale e stabilire un’eguaglianza delle opportunità.
    Il merito richiede garanzie. Garanzie che devono favorire la riduzione di squilibri in partenza e che accompagnino le prestazioni che ciascun individuo produce nella vita. La garanzia che il riconoscimento del merito sia sostitutivo del premio per fedeltà, per anzianità, per appartenenza sociale.
    Il merito, dunque, richiede una società molto più responsabile in cui il rispetto delle regole non sia vissuto soltanto come adattamento a principi morali oppure giuridici.
    La responsabilità che auspichiamo è quella che si basa sull’esperienza vissuta e sul rigore piuttosto che su generiche etiche del dovere universalmente accettate. E’ una responsabilità che si misura nella capacità d’includere l’altro come interlocutore con cui dialogare, negoziare attraverso il riconoscimento dei reciproci interessi.
    La responsabilità riflessiva richiede alla politica di farsi interprete dei flussi d’interazione fra individui e gruppi sociali che necessitano di nuove identità, ma anche di vederle organizzate in forme di rappresentanza che coagulino passioni e interessi dietro ragioni e progetti condivisi.
    La sinistra riformista deve essere al centro di queste nuove elaborazioni, in cui inclusione, merito e responsabilità rappresentino i principali ingredienti di un sistema coerente con gli straordinari cambiamenti della società italiana.

  2. MARIO TRONTI ( da LIBERAZIONE, 19 novembre)

    Osservazioni, idee, proposte, dopo le «15 tesi» presentate da Bertinotti su Liberazione. «Non ci freni lo scacco dell’ Arcobaleno»

    E’ urgente una sinistra unita

    La sensibilità del sindacato soggetto politico ha già colto questo mutamento di scenario. Bisogna far sentire a questa Cgil che se è isolata nel Palazzo proprio per questo non lo è nel Paese. Scuola e lavoro è un tema che non è necessario portare dall’esterno nel movimento degli studenti, perché c’è già in esso più che implicitamente. Gli slogan: non pagheremo noi la vostra crisi e riprendiamoci il futuro fanno qualcosa di più che un accenno a questo. Il giovane di liceo e di università ha capito che lo aspetta un destino o di non lavoro o di lavoro precario. Compito della politica della sinistra è amplificare questa condizione, portare la critica non solo sul governo ma sul modello di società che esso gestisce e rappresenta. Il 12 dicembre è una prova, su cui investire molto. Operai e studenti uniti nella lotta, si diceva negli anni Sessanta. Non siamo a quei livelli, ma il passaggio di crisi montante giustifica un grido come “studenti e lavoratori uniti nella lotta”.

    Io penso che nell’idea e nella pratica della Sinistra il lavoro abbia, e debba avere, una sua centralità. E’ questo un altro motivo di continuità con la storia del movimento operaio. Anche se oggi, centrale più che il mito del lavoro è l’esistenza del lavoratore e della lavoratrice. E questo forse è un fatto di discontinuità. Quante volte ci siamo detto che occorreva parlare al lavoratore in carne ed ossa. A volte un pesante armamentario ideologico ce lo impediva. Ma oggi l’armamentario ideologico di cui ci dobbiamo soprattutto liberare è quello che hanno subito tutte le sinistre riformiste, nell’ultimo trentennio del ciclo neoliberista, quello della deriva dal lavoratore al cittadino, e poi al consumatore, e poi magari al telespettatore, e che ha fatto annegare lo specifico dei lavoratori nel mare indistinto della “gente”. Riportare il lavoro al centro dell’agenda politica vuol dire saper far girare tutte le altre contraddizioni intorno al lavorare, in modo differente, dell’uomo e della donna, nella condizione della propria giornata, sia esso lavoro delle braccia o della conoscenza, materiale o immateriale, dipendente o autonomo, precario o fisso, e così via. Il primato egemonico del mercato ci ha messo in testa che lavoratori è una parola vecchia e chi la pronuncia vive nel maledetto Novecento, quando i lavoratori erano una forza. Va rovesciato questo senso comune. Ho idea che ci aiuterà il capitalismo in crisi al recupero di questa parola.

    Le tesi 12 e 13 sono importanti. E’ vero: dalle due sinistre siamo finiti in nessuna sinistra. E’ una situazione drammatica. Nichi Vendola la dice con la formula efficace: noi predichiamo il cambiamento, ma il cambiamento non ci riconosce. E non illudiamoci, come siamo soliti spesso fare: non sarà un Obama, dagli States, a risolvere i nostri problemi. La parola change è catturata dall’oggettività dei processi, non sta più nelle mani dei soggetti. L’associazione per la sinistra è un passo avanti, soprattutto nel senso in cui la dice ancora Vendola, “luogo di ri-tessitura di relazioni socialmente e culturalmente necessarie a far vivere il ‘senso’ della parola sinistra”. Non è un approdo, è un passaggio: a vari, pazienti, stadi. L’altro paradosso è che non abbiamo molto tempo, eppure dobbiamo muoverci a piccoli passi. E’ urgente una piccola sinistra, e poi è necessaria una grande sinistra. Se non fossi così contrario a mischiare morale e politica, direi che è un imperativo etico, per noi oggi, dare a quel mondo dei lavoratori una seria adeguata meritata forza politica. Perché se no, che ci stiamo a fare?

    Dovremmo tutti responsabilmente metterci intorno a un tavolo per fare il primo di quei piccoli passi. C’è l’occasione delle elezioni europee, sbarramento o no, si vota col proporzionale, è una conta non truccata, non c’è il pericolo di Berlusconi al potere, perché ci sta già saldamente, grazie a magistrali operazioni anche lì di nuovo inizio, c’è in giro un mare di pentiti per essersi lasciati infinocchiare dal ricatto del voto utile, c’è un movimento di lotte nel sociale, destinato a crescere di qui a primavera, c’è un grande sindacato in campo deciso a raccogliere la spinta del malessere, dell’insoddisfazione, della rivendicazione, diffusa nel paese: che cosa d’altro dobbiamo aspettare per presentare una proposta unitaria della Sinistra? Non ci deve frenare lo scacco dell’Arcobaleno. Ci deve spingere la volontà di rovesciare quello scacco. La sinistra scomparsa deve ricomparire. Bisogna “far vedere” che nel paese c’è un popolo della sinistra: in campo e deciso a far pesare la propria soggettività. Una lista di coalizione “Unità della Sinistra” mostrerebbe una realtà ed evocherebbe un bisogno, che c’è per l’oggi e che guarda al domani. Gli assetti organizzativi si vedranno dopo, ma allora si potrà ragionare sulla base di un consenso reale. Tutt’altra condizione da ora, quando mi sembra che a volte parliamo di una cosa che non c’è.

    19/11/2008

I commenti sono chiusi.