Fabrizio Rondolino, Fantapolitica?

UNA BELLA FAVOLA FANTAPOLITICA CHE FUROREGGIA SU face book
fabrizio rondolino.jpg

era stato segnalato ieri sera dal club porto franco, adesso scopro che
l’autore è davvero FABRIZIO RONDOLINO e che il testo furoreggia su
facebook.
Attilio

Il giorno 17/dic/08, alle ore 20:01, Club Porto-Franco ha scritto:

Il breve articolo che qui riporto mi è giunto inaspettato; credo sia statofabrizio1.jpg
scritto
nel dicembre del 2009.

La Direzione del Partito democratico del 19 dicembre 2008 sorprese molti
osservatori e suscitò una grande emozione. Con una relazione di appena
dodici minuti, Walter Veltroni annunciò lo scioglimento immediato del Pd e la
decisione unanime e irrevocabile di tutti i leader del partito di ritirarsi a
vita
privata (fatto salvo il mandato parlamentare, che avrebbero continuato ad
esercitare, se lo desideravano, in forma strettamente personale). La
discussione che ne seguì fu breve: troppa l’angoscia nei cuori di alcuni, e
troppa la gioia nel petto di altri per consentire un “dibattito approfondito” –
per
usare la terminologia dell’epoca – sul futuro del partito. Nel giro di un paio
d’ore, il Pd dunque si sciolse. E poiché la decisione dei leader di ritirarsi
dalla
ribalta era da considerarsi immediatamente esecutiva, nessuno di loro –
neppure il segretario Veltroni – dichiarò alcunché ai giornalisti e alle
telecamere: con il risultato che quel giorno i tg, e l’indomani i quotidiani,
ebbero tra le mani una notizia di primaria grandezza, senza tuttavia nessuno
dei protagonisti che la commentasse: giusto il contrario di quanto si erano
abituati a fare. Un commentatore vide in questo fenomeno inedito un primo
effetto positivo della clamorosa decisione assunta dal Pd.

Nel paese si diffuse dapprima un’ondata di sconcerto, poi di dilagante
depressione, e infine di euforia. Euforici furono fin dall’inizio, e per ovvi
motivi,
i sostenitori di Berlusconi (sebbene né Letta né Tremonti, per citare i
patriarchi delle due principali scuole di pensiero unico, non mancassero di
manifestare il proprio disappunto); ma euforici divennero ben presto anche
quelli di sinistra: i più incoscienti si dicevano convinti che presto anche il
Popolo delle libertà avrebbe scelto l’autoscioglimento; i più spregiudicati
brindavano alla sparizione dei loro leader; i più sensibili si sentivano infine
liberati dalla sofferenza cui lo spettacolo della sinistra li aveva finallora
esposti; i più comunisti giuravano sull’esistenza di un “piano B” che avrebbe
presto ricostituito il Partito, e si dichiaravano senz’altro pronti; i più
cattolici ne
approfittarono per ritrovare un cammino di fede. Ciascuno, insomma, aveva
un motivo per festeggiare.

L’euforia divenne sfrenatezza quando, la notte di Natale, annunciarono
l’autoscioglimento tutte le organizzazioni della sinistra ancora esistenti:
Rifondazione, la Sinistra democratica, il Pdci, i Verdi, il Ps e financo
“Sinistra
critica” e il Partito comunista dei lavoratori seguirono il destino del Pd. I
loro
dirigenti, del resto, si erano già parzialmente eclissati dopo la disfatta
elettorale della primavera; soltanto Diliberto obiettò che non si poteva
lasciare il campo libero alla destra, ma nessuno gli prestò ascolto.

Decidendo di sciogliersi, del resto, la sinistra organizzata non lasciava alla
destra alcun campo che questa già non avesse conquistato; in Parlamento i
deputati e i senatori eletti nelle liste del Pd che avevano deciso di non
dimettersi partecipavano liberamente ai lavori e votavano secondo
coscienza, astenendosi tuttavia dal rilasciare dichiarazioni pubbliche di alcun
tipo. Anche i parlamentari e i ministri del centrodestra, col tempo, diminuirono
la loro presenza mediatica; soltanto Di Pietro, animato da un giusto desiderio
di primeggiare, lamentava di non venir invitato abbastanza frequentemente a
“Porta a porta”. Ma nessuno, in realtà, era davvero preoccupato. Poiché infatti
tutti sapevano perfettamente che il governo Berlusconi sarebbe in ogni caso
rimasto in carica fino alla sua scadenza naturale nella primavera del 2013,
era altrettanto chiaro a tutti che la presenza o meno del Pd non avrebbe fatto
una gran differenza. O meglio: avrebbe inesorabilmente danneggiato, come
in effetti era avvenuto fra le elezioni di aprile e lo scioglimento del partito
a
dicembre, più la sinistra che la destra, più l’opposizione che la maggioranza.

Diversi leader del centrosinistra cambiarono nel frattempo lavoro, con grande
soddisfazione personale: Veltroni, per esempio, accettò l’invito di Gianni
Amelio e del sindaco Chiamparino a dirigere il Torino Film Festival, mentre
D’Alema fu acclamato alla presidenza dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Alle elezioni europee – che peraltro non contano nulla, come ebbe a notare
un autorevole quotidiano – votò poco più del 40% degli aventi diritto; il Pdl
superò il 60% dei voti validi e Berlusconi ne fu talmente felice da contagiare
persino molti degli astenuti; l’Italia dei Valori raggiunse il 20%; l’Udc e
qualche lista fai-da-te si spartirono il resto.

Nel frattempo, però, fra le centinaia di migliaia di (ex) militanti della
sinistra
rimasti senza partito si andava velocamente sviluppando un fenomeno
curioso: finalmente sollevati dal dover seguire, vergognandosene, uno
scontro sempre più astratto e sempre più incomprensibile fra i loro leader, i
militanti avevano felicemente ricominciato a fare i militanti: cioè a convocare
riunioni, a organizzare comitati di cittadini per questo o quell’obiettivo, a
volantinare nei mercati, a prendere la parola nelle scuole, negli uffici, nelle
fabbriche. Liberi da un gruppo dirigente prigioniero del castello incantato del
rancore, i militanti discutevano – senza mai chiamarli così – i “problemi
concreti” che in tutti quegli anni si erano persino dimenticati esistessero.
Nacquero così come funghi, in parte su impulso di ex iscritti al Pd e in gran
parte ad opera di cittadine e cittadini qualunque, centinaia di club, circoli,
comitati e gruppi impegnati chi nella difesa dei ragazzi dei call center e chi
nella bonifica di un fiume, chi nel riconoscimento dei diritti degli omosessuali
e chi nella libertà di ricerca scientifica, chi nella tutela della salute in
fabbrica
e chi nel volontariato fra gli extracomunitari.

L’estate passò veloce, e in autunno i circoli e le associazioni erano già
migliaia. A qualcuno venne l’idea di fare un congresso per ritrovarsi e
discutere tutti insieme. Qualcun altro ricordò che anche il Psi, che fu il primo
partito della sinistra, era nato in un modo simile nel lontano 1892, unendo le
leghe, le società di mutuo soccorso, le cooperative e i circoli operai sorti
spontaneamente per l’Italia. Per questo si decise di tenere simbolicamente a
Genova, sabato 14 novembre 2009, il primo congresso della rinata sinistra
italiana. E quando si trattò di trovare un nome al nuovo partito, venne
spontaneo chiamarlo Partito socialista.
Fabrizio Rondolino

— Club Porto-Franco
Milano

Fabrizio Rondolino, Fantapolitica?ultima modifica: 2008-12-19T00:21:00+01:00da mangano1
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