Patrizia Gioia ,Giramondo

Giovanna Ioli GIRAMONDO viennepierre.edizioni
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Giovanna Ioli continua il viaggio iniziato con il suo primo libro“ A giro” ( prefazione di Gina Lagorio e postfazione
di Claudio Magris). Dalla Sicilia alla Polinesia, dalla valle del Reno ai Carabi, da Firenze agli Stati Uniti, Giovanna Ioli racconta che.la ricchezza della sua vita è stata di conoscere tanti grandi, da Luzi a Zanzotto, Nelo Risi, Parronchi, Bassani, Magris, Carlo Bo
e che “ la sciatteria linguistica in letteratura non è ammessa”. Italianista per vocazione non ha mai smesso di studiare Dante ( nelle diverse edizioni a più mani della Divina Commedia, c’è anche la sua) e Montale, ma si occupa anche di Buzzati, Foscolo e di molti poeti e scrittori contemporanei che considera come parte della sua famiglia.
Tutto il mondo non e’ che un paese straniero.
Recensione alla maniera di Patrizia Gioia

“L’uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante, colui per il quale ogni terra è come la propria
è già un uomo forte, mentre solo è perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero.”
Queste parole di Ugo da San Vittore, uno scrittore dell’anno mille, disegnano al meglio, naturalmente a mio sentire,
la mappa dei viaggi che Giovanna Ioli traccia in questo suo secondo libro “Giramondo”, dove tutto il mondo non è
che un paese straniero.

Si può solo entrare discreti nei “pensieri di carta” , anche in punto di morte? si domanda Giovanna Ioli, timorosi
di offendere una terra e un cielo tanto delicati e mutevoli, spesso fatti di visioni sottilissime e trasparenti che, se attraversate maldestramente e disattentamente, ( come leone cieco dentro il cerchio di fuoco) si disfano, ostie poste
sulla lingua a rammemorare una sacralità sempre più in bilico, tra un trovare e contemporaneamente perdere,
dove visibile e invisibile non hanno mai avuto confine ma dove la domanda infinita marchia ogni segno del pensiero
divenuto passo dello scrivere.

Che il nome Odisseo significhi “colui che odia” non può non interrogarci differentemente sul senso del Viaggio, spogliandoci da quell’essere “brava gente”, per riprenderci invece tutte le vesti, anche quelle in mano a Paolo durante
la lapidazione di Stefano, perché abbiamo perso coscienza della nostra atavica memoria aggressiva, crediamo di avere scacciato tutti i demoni della rabbia a e della violenza e mandiamo i nostri figli a studiare l’Odissea non sapendo
quello che stiamo facendo, scrive Luigi Zoja.
Rinneghiamo quotidianamente la qualità aggressiva dell’eroe Odisseo e partiamo, turisti sempre più per caso,
con la sterile speranza di un bel viaggio, ignoranti “il fil di spada” che ci trafiggerà e che ci farà nuovamente trafiggere.

Come il ricordo, il viaggio è sempre un ritrovare nuovo, ben sottolineato da Magris citando l’ultima riga di “Principio Speranza” di Ernst Bloch “quella tensione verso il futuro implicita in ogni viaggio, che è sempre in qualche modo, ricerca della casa natale e cammino verso la Terra Promessa, giacchè la casa natale verso cui si protende la nostalgia, credendo di guardare indietro, si trova invece davanti a noi”.
Forse, dico io, come l’amico Beccaria di Giovanna Ioli, davvero solo intorno alla scrivania del nostro immaginario, dove visibile e invisibile si fecondano mutuamente, del resto la speranza è nell’invisibile.
A volte pare d’essere partiti – e forse siamo già lontano ( lontano da dove? Direbbe ancora l’amico Claudio Magris, Mentore di Giovanna) – eppure il racconto racconta contemporaneamente il già noto, l’oltre dove siamo ma che
ancora non ci disegna, che mai ci apparterrà, che è sempre e solo da lasciare andare, smettendo anche di cercare nei vetri, smeraldi. Si finge anche per sopravviverci e sopravvivere a chi è da sempre dentro le mura; per chi intende rimanerne fuori basta il vento a far lievitare il nome.

“Qualcuno chiese mai al re triste ( Giovanna se lo domanda nel castello di Ludwig, che pare quello del Re Sole)
chi fosse e che cosa facesse? Non ce ne fu bisogno: per il resto del mondo fu sempre un pazzo”.
E non è a questa pazzia che giriamo intorno?
Movimento che fa dire alla nonna di Giovanna Ioli “ prima la pelle, poi la camicia” come se fosse facile salvarsi,
o che fa fare a Giovanna chili di pedalate per sapere che sta andando verso una mancanza che diventa viva
solo se la si perde la vita.
E anche se qualcuno, ( che ci ama?) ci chiama deficiente poco ce ne importa, la pazzia è sempre sul trono più alto, pronta a stramazzare per terra, ma addosso solo a chi sa e che la riconoscerebbe, fuori dalle mura.

Isole come attimi panici, morsi invidiosi alla terra di un mare orco, incapace poi di digerirle, cibo straziato buttato fuori, tremore e malinconia malcelati, punte di un sorriso che tale non sa diventare, ombre che s’alzano come vele, odio da ammainare conoscendone la potenza deviatrice di ogni rotta, lacrime non ancora espiate, luogo conturbante da incontrare e a cui dare casa e che fa dire a sterile rassicurazione: Casa mia,casa mia, per piccina che tu sia,
già mi sembri un’abbadia”.

“La vera autobiografia – dice Giovanna- sta nel modo di raccontare.”

Forse è vero, ma potrebbe anche essere vero che il modo di raccontare vela la nostra verità, svelandola sì subito dopo,
ma di nuovo in difesa, di nuovo in offesa.
Gli smeraldi siamo noi che li abbiamo fatti a pezzi e ridotti a vetri e vetrini, come le conchiglie iridescenti che calpestiamo, una memoria sacrificale sulla quale camminare a piedi scalzi e sanguinare per quotidianamente pentirci e non sentire che viviamo e sognamo entro i limiti imposti dalla legge, non certo di quella interiore.

Chissà perché si prende in giro chi ama la poesia?

Giovanna che la scrive sulla riga come musica, perché la mano non è mai staccata dal cuore, vorrebbe colludere con loro ed eluderne la sua presenza, perché sa che troppo spesso la poesia diventa ossessione, la si vede ovunque e, se si è soli a vederla, impossibile salvarsi dalla sua marea, “del terribile il bello è l’inizio”.
Gli “Ossi di seppia” portati nelle tasche di Giovanna ragazzina sono cibo, che aspetta da sempre l’arrivo del piccolo uccello scappato dalla gabbia, ma l’anima che nessuno vuole fa fatica a tornare, chiede l’Altro per essere resurrezione anche di carne, così si rimane fermi nei tramonti al mare, annichilite ancore sulla sabbia, guardando la lontananza,
le ali in picchiata dei venti, curandosi corpo e cuore con la stretta delle nostre umane braccia.
Il cielo è trapuntato di nostri piccoli volti in attesa di essere riconosciuti

“La casa era come la vita? O era la vita stessa?, destinata a spegnersi in recinti d’acqua morta?
Fu così che smisi di andare in giro e mi fermai fuori da tutto, con i miei cartoni sotto le stelle, aspettando che si disponessero a corona, come un diadema, intorno a un’eclisse di luna, rossa, rovente, come il giorno in cui si annunciava la rivelazione. Stavo zitta e vivevo in punta di piedi, un po’ con un sorriso d’ebete e un po’ con dispetto.
La vita_ mi tortura come un’ape fantasma/ che non vuole mostrare il pungiglione_, mi ripeteva come un ritornello Emily Dickinson, aspettando di partire per la terra di Van Diemen. “Venghino signori venghino”, gridava intanto un banditore occulto davanti alla porta della città, altro giro, altra corsa,altro regalo. “Venghino signori venghino, venghino a vedere il miracolo vivente! Avanti c’è posto”.

In queste righe finali del libro, viaggio “ a zig zag, dal fascino istantaneo” scrive ancora Magris dei viaggi di Giovanna Ioli, tutti i confini sono liberati, la marea della Poesia finalmente dilaga fecondando come limo la costitutività degli opposti, la loro eterna tensione salvifica e distruttiva, dando nome a ciò che ancora nome non ha.
Teoria e prassi sono inseparabili, non esiste –solo – la teoria del viaggio intorno alla scrivania, che Giovanna pensa l’amico Beccarla preferisca, bisogna rischiare anche la risata di compatimento della prassi, la scrivania è sempre anche mare isola vulcano bicicletta conchiglia smeraldo pezzo di vetro….

Qualcuno ha mai chiesto davvero a Giovanna (come al re) chi fosse e che cosa facesse?
Non dare risposta salva, ma non da noi.
Per il resto del mondo i Poeti sono sempre e solo Pazzi: appunto dei“Giramondo”.

Patrizia Gioia, recensioni alla mia maniera, 31 dicembre 2008

Giovanna Ioli GIRAMONDO viennepierre.edizioni

Patrizia Gioia ,Giramondoultima modifica: 2009-01-01T21:15:00+01:00da mangano1
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