Dal blog femminismo al sud 8 febbraio 2009
Ieri sera (tardi – rai tre) in televisione vedo Camila Raznovich che nella trasmissione Tatami salta tutte le questioni di questi giorni e ne capovolge la prospettiva. Parlava di morte. Della scarsa serenità con la quale la affrontiamo e di mille altre culture che invece la affrontano con grandissima “quiete”.
Noi siamo qui a lacerarci perchè siamo attaccati alla vita, a quella degli altri più che alla nostra, a tal punto da proporre sequestri di persona per mezzo delle guardie del papa re, interdizione di parenti, controlli di idoneità. Lo schifo dello schifo che in altro modo non si può chiamare, la parola l’e’ quella, mi dice l’ortolano cresciuto coi racconti del su’ babbo a proposito della r-esistenza.
Invece la morte è un fatto naturale. Una cosa certa. Possiamo sceglierla, aspettarla, provare a esorcizzarla ma prima o poi arriva, per tutti/e.
Ero appena adolescente e mi portarono a vedere il film Harold e Maude. Confesso di non averci capito nulla. Poi l’ho rivisto che ero grande, anagraficamente s’intende, che grandi non si diventa mai fino in fondo, per fortuna.
I
C’era questa donna avanti con l’età che aveva una gran voglia di vivere. Il suo modo di concepire la vita era assai diverso da quello che le avrebbero imposto le convenzioni sociali, la chiesa cattolica, il nostro presidente del consiglio. Niente nipotini da accudire, niente pensione minima e balere, niente ospizi e messe delle 6 del mattino, niente processioni per la santa patrona, niente social card, niente vecchiaia medicalizzata per la felicità delle casse Asl, niente lavori di utilità collettiva e bimbi bulli che ti sputano davanti alle scuole elementari mentre tenti di non farli schiacciare da un tir.
Maude voleva una vita vera, il gioco, la burla, il divertimento, la passione, l’amore. Non stava a consumarsi nella costruzione di progetti futuri rinunciando al presente. Non restava intrappolata in ruoli imposti.
Uno dei suoi divertimenti era partecipare a funerali di persone sconosciute ed è lì che incontra Harold, poco più che adolescente, circondato da un mondo formale e ipocrita, anaffettivo e indifferente.
Harold viene travolto dalla vitalità di Maude e se ne innamora. Vivono una storia bella e intensa, che nel mondo reale sarebbe costato a lei la morte sociale e a lui decine di sedute psichiatriche in Tso. Poi lei accompagna lui, senza strappi, scenate, fronzoli e merletti, verso il distacco.
Lei decide di morire. Ha scelto la data, l’ora, il modo. Harold, pur soffrendo, della sua scelta ha rispetto. Così è stato nel film e così dovrebbe essere per chi lo desidera nel mondo reale.
La domanda che resta senza risposta, dall’inizio alla fine del film, è: perchè mai ci diciamo attaccati alla “vita” se i vivi sono trattati da morti?
(
anche Gesù l’ha detto
lasciate che i morti seppelliscano i morti…..
i vivi sono vivi perchè vivono immersi nel presente
operano e agiscono
con il distacco eroico
di chi sa che la vita è un semplice intervallo
un viaggio intenso
di cui godere appieno
dando ilproprio talento
la propria attiva opera
senza però rinunziare
ai propri sogni e desideri
Chi non desidera è morto
chi non progetta il proprio vivere
godendo dei suoi attimi
e vive rimandando la sua felicità
non può che dirsi sordo
alla gioia
e quindi già defunto
Grazie a Dio oggi si cerca di godersi il viaggio
con gioia e competenza
e si ha una grande voglia
e una accresciuta sapienza
si vuole condividere
la gioia ed il piacere
e si vuole comunque
eliminare dal mondo guerra e sofferenza