Massimo Tomasutti,I fedelissimi schiavoni

Massimo Tomasutti
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I Fedelissimi Schiavoni, la Serenissima e noi oggi: Venezia 2005 – Perasto 2007 (Filippi Editore, Venezia 2009, euro 3)

E’ certamente difficile (oltre che inopportuno) dover qui, per così dire, ‘recensire’ un proprio saggio, uscito in questi giorni. Ma in questo caso la spinta e l’impulso a farlo mi derivano da un’interessante, approfondita discussione avuta con l’editore dello stesso – Franco Filippi -, a proposito della cosiddetta ‘morte della venezianità’ e della conseguente fine della ‘grande narrazione’ della storia marciana cui, a detta dell’editore, il lavoro in questione si presterebbe a enfatizzarne Crisi e Disincanti. Ti piaccia o no – mi ha così fatto osservare – “con questi tuoi scritti raccogli ed assimili i frutti di un lungo lavorio ‘mortuario’ sui valori identitari della storia marciana”. Lavorio che si sarebbe imposto nel tempo come “atteggiamento egemonico da parte di una certa cultura storica nazionale”. Mettendo bene in luce – ha continuato Filippi – “gli strumentali usi pubblici dell’antica fedeltà dalmata verso la Serenissima non sembra venirti in mente che anche tu partecipi all’annichilimento e all’azzeramento valoriale della gloriosa storia del Leone alato”. Mostrare gli usi del ”paradigma identitario” di un mito, seppur di un mito ‘sacro’ della storia veneziana come l’antica fedeltà degli Schiavoni a Venezia, invalida comunque la grande storia marciana? Veicolerebbe, dunque, anche molte altre cose storicamente ‘ingiuste’? Ogni grande e piccolo evento della storia di Venezia può, credo, essere occasione di ripensamenti e riposizionamenti. Si può certamente, come Filippi, registrarlo come sconcerto, ma anche con la consapevolezza che l”ultima parola’ – se mai esiste ancora un”ultima parola’ in storiografia – rimane ‘sempre e comunque’ agli studiosi di storia, a coloro che si dedicano al ‘recupero’ incrociando fonti e materiali diversi. A coloro che fanno storia, dunque, non solo dei ‘fatti’, ma anche delle superfetazioni e dei miti, degli usi identitari e delle affabulazioni pubbliche che ne originano. E’ di questo, infatti, che occorrerebbe assolutamente discutere, e non di ‘morte’ della storia marciana. Si può anzi dire che quanto più possono apparire ‘blasfeme’ quelle interpretazioni sulle vicende storiche del Leone alato, tanto più un approccio disincantato, ‘presentista’ per così dire, apparirebbe certo quello più capace di rinverdirne le ragioni ed i valori. Basterà questo a ‘giustificare’ il vezzo di questo mio conclamato disincanto e il senso destrutturante di un mito? La chiave – almeno per chi sia interessato a leggere questi miei scritti – è tuttavia nel complesso, rizomatico nesso tra il paradigma identitario dell’antico mito della fedeltà dalmata alla Repubblica Veneta e il suo attuale, ‘necessario’ disincanto.

Massimo Tomasutti,I fedelissimi schiavoniultima modifica: 2009-03-15T00:03:00+01:00da mangano1
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3 pensieri su “Massimo Tomasutti,I fedelissimi schiavoni

  1. il tema affrontato dall’amico Tomasutti è intrigante e allo stesso tempo coinvolgente. come la storia viene stravolta ai fini politici creando una memoria artificiale in cui ci riconosciamo (o forse no?)
    Il lavoro di Massimo nella sua brevità parla del tema a lui più congeniale. Le implicazioni e ricadute sull’oggi del mito della Venezia morente e della nostalgia immaginata del “buon governo” veneziano. A un lavoro che in così poche pagine esprime una ricchezza di argomentazioni e sottolineature argute si perdona anche l’accenno militante al Bob Dylan delle “pedine del gioco”. Ma si finisce poi per apprezzare la dedica ad un Alex Langer mai così attuale e presente in quest’epoca di confuse e contraddittorie ricerche identitarie.
    Da leggere.

  2. Accenno miltante citando Dylan? Forse. Tuttavia la malinconia, l’euforia,
    la speranza e la bellezza. Tutto il passato, tutto il bramoso presente e il
    futuro – colmo d’incertezze -, affollano insieme il vasto repertorio musicale
    del Dylan ‘poeta’. E’ certo, dunque, una buona “militanza” quella di farsi,
    per così dire, interprete anche del Dylan cantante.
    Grazie comunque all’ottimo giudizio dell’amico Antonio
    (amico e ‘recuperante’ del ’68 ‘vero’, uno dei pochi con cui “arricchirsi”
    davvero nelle intense, appasionate discussioni culturali)

  3. Cari amici solo una brevissima nota (purtroppo o per fortuna il saggio,
    come si dice, ‘vende bene’). Gli scritti nati da un invito fattomi da Franco
    Filippi affinchè venissero raccolti le attuali ‘traccie’ di esperienze storiche
    lontane nel tempo della storia di Venezia, trova e troverà – com’è giusto –
    alcuni lettori in disaccordo con le tesi sostenute, ma comunque, spero,
    tutti siano concordi nell’utilità di disporre di una testimonianza delle
    dinamiche sociali e antropologiche che sembrano pericolosamente
    svilupparsi in questo ‘difficile’ momento storico. Grazie comunque.

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