Stefano Boeri, I colpevoli dei deserti urbani

da LA STAMPA 18/3/2009
stefano boeri
I colpevoli dei deserti urbani
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Viviamo in città vuote eppure ci ostiniamo a volerle più grandi. Siamo circondati da migliaia di appartamenti sfitti e di uffici dove non lavora più nessuno, eppure non pensiamo che a costruire e ricostruire nuove case, a come allargarle, alzarle, replicarle. L’imperdonabile colpa del disegno di legge sulla casa proposto dal governo, l’imperdonabile colpa di una sinistra attenta alla purezza delle sue intenzioni piuttosto che alla vita reale, è il non voler prendere in considerazione questo straripante paradosso. Basterebbe memorizzare le offerte di affitto e vendita sui portoni e soprattutto quelle infinite persiane chiuse delle abitazioni e degli uffici che – come palpebre di occhi che non vedono più – ci guardano con sospetta fissità nei nostri percorsi quotidiani in centro, in periferia, nella città diffusa.

A Roma, su 1.715.000 abitazioni, 245 mila – una su sette – sono vuote. A Milano su 1.640.000 appartamenti, più di 80 mila non sono abitati e quasi 900 mila metri cubi di uffici sono deserti (l’equivalente di 30 grattacieli Pirelli vuoti). Muri, pavimenti, soffitti, arredi che aspettano da anni che qualcuno vi entri, li abiti, vi riporti le pulsazioni della vita quotidiana. Che una legge che (finalmente) si propone di fare i conti con l’energia molecolare che alimenta il mercato delle abitazioni non si preoccupi di recuperare un patrimonio che da solo – insisto, da solo – potrebbe dare risposta al disagio abitativo di milioni di italiani è davvero grave. Grave che non ci s’interroghi sulle ragioni di questa nostra originale forma di desertificazione urbana. Che sono fondamentalmente tre: la sfiducia in un mercato della proprietà che non garantisce regole certe; la paura di perdere per sempre (per colpa d’inquilini morosi o inamovibili) un bene prezioso. E una terza – che riguarda gli uffici – che nasce dall’esaurirsi della domanda di terziario e dall’ottusa rigidità delle norme sulle destinazioni funzionali, che impediscono usi diversi e misti (residenza più lavoro) al posto delle scrivanie e degli open space.
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La desertificazione urbana non è solo un problema urbanistico; è un fenomeno pervasivo che se affrontato potrebbe rispondere ai bisogni di milioni di famiglie, di piccole imprese edili, di professionisti, e così costituire un grande banco di prova per le politiche pubbliche del Paese. Il vuoto nelle città è il riflesso fisico del vuoto che separa le istituzioni pubbliche dalle energie vitali della società civile. E non è un caso che a riempire questo vuoto, attraverso forme di sussidiarietà e di supplenza all’azione pubblica, siano agenzie di «privato sociale»: immobiliari non profit – come quelle nate a Barcellona, a Torino, a Milano – che si mettono in mezzo tra la domanda e l’offerta di abitazioni e uffici, garantendo reddito e certezza nei tempi d’uso a chi dispone degli immobili, e spazio in affitto a prezzi calmierati (circa il 30% inferiore ai valori di mercato) a chi ne ha disperato bisogno (non solo immigrati e soggetti fragili, ma anche studenti, lavoratori precari, giovani famiglie). Ma perché queste esperienze si diffondano, sciogliendo incrostazioni di paura e pigrizia, e alimentando un formidabile mercato di interventi di recupero del nostro stock edilizio, serve con urgenza una legge nazionale che obblighi Regioni e Comuni a offrire fondi di garanzia per gli interventi di immobiliare sociale. E serve una grande politica di recupero creativo dei territori delle città. Che devono smettere di crescere divorando terra agricola e natura, e devono invece occuparsi di sé stesse, rioccupando quei deserti urbani che rappresentano la vera cifra della nostra follia politica.

Stefano Boeri, I colpevoli dei deserti urbaniultima modifica: 2009-03-18T16:37:00+01:00da mangano1
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