V.Eman. Parsi, Una sfida per l’Europa

da LA STAMPA 7 APRILE 2009

VITTORIO EMANUELE PARSI

Una sfida per l’Europa

Un Obama in «gran spolvero» quello visto ieri a Praga, capace di un discorso in cui visione per il futuro, attenzione per la storia e generosità verso gli alleati europei sono riusciti superbamente a mascherare la delusione per lo scarso raccolto fatto nella prima visita presidenziale sul Vecchio Continente. Quello visto in questi giorni è stato un Obama persino troppo kennediano nei modi e nello stile, a cui dobbiamo augurare maggior fortuna di quella che arrise al suo predecessore nel portare a casa punti pesanti nelle partite che contano.
V. Emans.jpg
Dopo aver riconosciuto la specificità di un’Alleanza fondata su valori comuni e aver reso omaggio alla perdurante novità della costruzione europea, Obama ha ribadito la volontà di tornare a collocare gli Usa alla guida delle politiche ambientali e del disarmo nucleare. Musica per le orecchie europee, straziate da anni di retorica bushiana. In realtà, quella di Obama è sembrata anche una sfida lanciata all’Europa perché, in quanto trattata «da pari», si dimostri capace di assumere più responsabilità. A cominciare dalla questione della proliferazione nucleare. Sarebbe infatti un pericolosissimo paradosso che, mentre le superpotenze nucleari disarmano, regimi irresponsabili e più o meno paranoici si dotassero di armi atomiche e missili intercontinentali. È il caso della Corea del Nord, ma evidentemente anche dell’Iran. Ai russi e agli europei Obama ha ribadito ciò che sosteneva già Bush: lo scudo ci protegge dalla minaccia iraniana, e solo se e quando l’Iran rinuncerà ai suoi bellicosi propositi esso verrà rimosso. E tanto i russi quanto gli europei, che non amano lo scudo, possono fare molto per esercitare maggiori pressioni su Teheran.

La scommessa di Obama è la stessa, con i russi come con i cinesi, con gli iraniani come con gli europei: cambiare i toni e talvolta apportare correzioni tattiche alla rotta, ma senza deflettere rispetto agli obiettivi. Agli europei in particolare Obama offre rispetto e attenzione, ma in cambio chiede all’Europa di dimostrare di essere cresciuta e di essere pronta a giocare un ruolo a tutto tondo, anche sulla sicurezza e in Afghanistan. E qui cominciano le dolenti note. A fronte della richiesta Usa di più truppe combattenti da parte degli alleati, quello che ha ottenuto è stato un incremento di addestratori e ausiliari di vario tipo e «a tempo determinato». Voleva soldati, gli si manderanno poliziotti, crocerossine e panettieri con un contratto che scadrà con le elezioni afghane e impicciati dai soliti caveat. Risposta un tantino incongrua, soprattutto quando proviene da governi che schierano l’esercito nei parchi cittadini per scoraggiare scippatori e malintenzionati, ma che a quanto pare ritengono che nell’Helmand e nel Farah, dove marines americani e soldati italiani combattono una vera guerra, l’apertura di qualche commissariato sia sufficiente per sconfiggere le milizie talebane.

Al di là della legittima soddisfazione per come si è concluso il G20 londinese, l’Europa corre un serio rischio: che il tavolo del futuro ordine mondiale sia di foggia più europea, ma non preveda una sedia per l’Europa. È l’Afghanistan a rappresentare il vero torture test sulla serietà delle ambizioni europee e sulla capacità di diventare un fornitore di sicurezza collettiva. Come abbiamo sostenuto altre volte, una sconfitta a Kabul non segnerebbe solo la relativizzazione dell’importanza della Nato (e di quella degli alleati europei agli occhi degli Usa), ma renderebbe molto più arduo l’emergere di quello scenario multipolare che è il solo nel quale l’Europa può sperare di avere un posto. L’alternativa sarebbe un bipolarismo sino-americano, meno conflittuale di quello Usa-Urss ma, proprio per la natura post-ideologica che lo caratterizzerebbe, anche molto più pervasivo e, alla fin fine, opprimente per tutti gli altri. Non potremmo, per intenderci, arricchirci e farci gli affari nostri mentre le nuove superpotenze si minacciano a vicenda, ma rischieremmo di divenire tributari del nuovo con-dominio planetario. È anche per scongiurare questo pericolo che, in quanto europei, dobbiamo vincere in Afghanistan. E la sfida afghana, proprio in termini di sicurezza, è alla nostra portata. Perché mentre l’Europa non può illudersi di far da sola per garantire la propria sicurezza nei confronti della superpotenza nucleare con la quale confina, può invece giocare un ruolo decisivo in un conflitto convenzionale, per quanto asimmetrico, come quello afghano.

V.Eman. Parsi, Una sfida per l’Europaultima modifica: 2009-04-06T19:05:00+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo