Paolo Bracalini IL WEB E’ COME LA DUBLINO DI JOYCE

DA  il giornale  2 GIUGNO 2009

Paolo Bracalini   IL WEB E’ COME LA DUBLINO DI JOYCE

INTERVISTA A  GIULIO MINGHINI

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Lui nemmeno ci pensava quando ha cancellato il suo profilo su www.pointscommuns.com e ha aperto word per raccontare quel suo anno e mezzo devastante e surreale, tra appuntamenti doppi o tripli nella stessa sera con ragazze conosciute su internet. Nemmeno ci pensava che Le Figaro e Le Nouvel Observateur lo avrebbero paragonato a Michel Houllebecq per lo stile chirurgico con cui ha poi raccontato quel mondo di relazioni umane precarie e bugiarde, nickname solitari che si parlano attraverso i computer disseminati in qualche stanza di una rue o di un boulevard parigino. Fake è diventato un caso in Francia, ma un vero caso letterario, mentre da noi Giulio Minghini è apparso solo in tv da Chiambretti, negli inevitabili panni di esperto di rimorchio on line. «Qui in Francia invece il libro è stato preso molto sul serio dalla critica», dice al telefono da Parigi, dove abita da sette anni, guadagnandosi da vivere con le traduzioni e le letture di bozze per Adelphi. Del suo romanzo in effetti hanno parlato i grandi giornali francesi, se ne stanno occupando i Soloni della critica letteraria, è andato tre volte ospite a FranceCulture, sarà intervistato per un documentario della tv pubblica sulla sessualità delle parigine. E pensare che tutto è nato da un disgusto. «Avevo rotto con la fidanzata e un’amica qui mi ha parlato di questo sito, che è fatto per incontrare ragazze affini per interessi culturali». Appunto quel pointscommuns.com che di lì a poco sarebbe diventato per il trentacinquenne di origini ferraresi una febbre, un’ossessione, una malattia alienante da riversare poi in romanzo. «Sarò uscito con centinaia di ragazze in un anno e mezzo. Una fatica enorme, anche fisica. Ne sono uscito e ne ho fatto un libro. Dovevo farlo». Detta così sembra un tour de force anche invidiabile, ma nelle pagine di Fake quel che si respira è una solitudine asfissiante, la stessa – per capirci – che abita le pagine del miglior Houllebecq, quello di Piattaforma e di Estensione del dominio della lotta.

Minghini, essere paragonati in Francia a Houllebecq non è male per un esordiente.
«Bè non me l’aspettavo. Devo dire che il paragone è lusinghiero ma abbastanza improprio, apparteniamo a due generazioni diverse. Però è vero che Houllebecq è l’unico scrittore in Francia che ha abbordato aspetti sociologici; è quello che faccio anche io».

Sociologia e sesso.
«Anche l’interesse per le relazioni tra i sessi può essere un’analogia, e ammetto che in questo libro ci sono delle somiglianze tra gli stili. Lui però non si è mai occupato di internet. Ma sono certo che lo farà. Uno scrittore non può evitarlo ormai».

Quando l’è venuto in mente di romanzare l’esperienza sui siti di incontri?
«Ad un certo punto mi sono accorto che dovevo scrivere questo libro. Intendiamoci non è che mi sono messo sui siti per fare poi un libro, ma è che dopo quell’esperienza…».

Parliamo di quell’esperienza.
«Stavo cercando delle avventure. Ne ho trovate parecchie. Lavoro da casa e mi organizzo con gli orari, perciò avevo più tempo degli altri che lavorano in ufficio. Stando davanti al pc tutto il giorno è abbastanza facile conoscere ragazze on line».

Quanti incontri?
«Mah, devo avere conosciuto circa 400 ragazze. Ad un certo punto facevo solo quello. Avevo raggiunto un livello di alienazione totale. Ero abbastanza stremato. Psicologicamente ero molto confuso. Allora ho cominciato a scrivere qualche ritratto di donna incontrata».

E poi?
«Un’amica mi ha suggerito di continuare. Capii subito che non bastavano questi ritratti un po’ feroci, ci voleva anche una trama, una riflessione. Ho cominciato a documentarmi, ho letto tutto quello che c’era sull’argomento in Italia e in Francia. E quindi ho cominciato a pensare questo libro».

Ma perché l’aveva nauseato quell’esperienza?
«Avevo diverse relazioni parallele. Non solo non riuscivo più a gestirle ma ero anche stanco di mentire e di manipolare le persone, trovare scuse».

Il romanzo racconta ragazze reali?
«Sì tre quarti del libro sono una trasposizione di fatti che ho vissuto durante quell’anno e mezzo. L’ultima parte invece racconta in maniera romanzesca come la personalità del protagonista si dissoci progressivamente fino alla schizofrenia, perché crea vari personaggi che non esistono, invenzioni che cominciano a comunicare tra di loro e a invadere la mente del narratore».

Per quello Fake, falso?
«Sì il titolo prende spunto da questa considerazione. Internet, i siti di incontri on line ma anche Facebook, sono luoghi di camuffamento. La gente si inventa una personalità che non ha ma che vorrebbe avere, si abbellisce, si migliora. Le relazioni che nascono così nascono sotto il segno della falsità e della solitudine. Quello che volevo era raccontare la solitudine contemporanea di una grande metropoli come Parigi».

Ci sarà anche qualche aspetto divertente nell’anno e mezzo da dongiovanni virtuale.
«Certamente c’erano degli aspetti piacevoli in tutto quello. Ma il punto del romanzo è l’incapacità di affezionarsi a qualcuno. Perché quei siti, popolarissimi tra l’altro, sono una sorta di catalogo commerciale di prodotti umani, potenzialmente infinito. Quindi se si riesce a stabilire contatti abbastanza facilmente con le ragazze è un gioco che potrebbe andare avanti sempre. Ma poi, almeno per me, subentra l’alienazione».

Alcune ragazze si sono riconosciute nel racconto?
«Sì, ma non ho avuto rappresaglie. Anche se il libro è abbastanza feroce».

Ora ha smesso?
«Si, ho una ragazza. Conosciuta su internet».

Il romanzo uscirà in italia?
«Sì è in lettura da diversi editori. Credo possa uscire presto, spero».

In Francia sta andando bene?
«Sì molto, Anche se c’è una certa reticenza a parlare di queste cose. È il primo romanzo che parla di queste cose, ci sono stati dei saggi, dei testi di sociologia, ma romanzi no. Mi piacerebbe aprire dei dibattiti su questo argomento, per me c’è l’aspetto sociologico su come oggi sempre di più le persone si incontrano, e poi c’è un altro aspetto: internet è un luogo letterario come era Dublino per Joyce, uno straordinario labirinto dove perdersi e poter ambientare delle storie».

Pensa di aver aperto la strada a un nuovo genere?
«No, però sono sicuro che ci saranno sempre più romanzi ambientati in questo spazio virtuale. Non può essere che così. Si potrebbero scrivere solo storie su esperienze fatte attraverso il computer. Tutta la letteratura che studiavamo alle medie, Cassola, Silone, era ambientata nelle campagne, nelle montagne. Ma i luoghi dell’anima non sono più quelli».

Paolo Bracalini IL WEB E’ COME LA DUBLINO DI JOYCEultima modifica: 2009-06-03T10:29:00+02:00da mangano1
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