attilio mangano, immaginiamo che

 

Immaginiamo un attimo che da una settimana in Italia un milione di donne scenda in piazza dicendo ” Papi, le donne non te la danno”

che da una settimana in Israele e a Gaza un milione  di israeliani e palestinesi scenda in piazza  dicendo ” Due popoli, due stati subito”

e che alla stampa internazionale fosse proibito  di scrivere, fotografare, raccontare quello che avviene

Forse qualcuno si indignerebbe ….

8/6/2009 (7:45) – LA PROTESTA IRANIANA

Fuori gli occidentali da Teheran

teheran.jpg

 

Visti non rinnovati e reporter scomparsi, entro pochi giorni il black-out

CLAUDIO GALLO

INVIATO A TEHERAN

Il Barnum dei media occidentali sta smontando le tende, l’Ershad, il ministero della Cultura e della Guida islamica non dà più permessi, i visti scaduti non sono rinnovati. La crisi iraniana rischia di precipitare verso un epilogo drammatico. Mentre le strade potrebbero riempirsi di morti, l’Occidente, ormai abituato a seguire la rivolta in prima fila, è costretto a tornare progressivamente alle immagini di repertorio, alle pagine piene di si dice. Pochi stringer, giovani iraniani che vendono foto e filmati ai network, resistono ma ormai sono come partigiani, rischiano grosso a ogni ripresa. Il tesserino che mi ha rilasciato il Ministero scadrebbe domani, giovedì, il 28 Khordad 1388 per il calendario persiano. Eppure da diversi giorni le autorità hanno deciso arbitrariamente che non vale più.

In una traversa di via Ghaem Magham Farahani c’è l’Ershad. Come tanti edifici di Teheran ricorda a tratti l’architettura italiana degli Anni 30. Chiediamo una proroga alla signora Pardakhti, vice responsabile dei rapporti con la stampa estera. Elegantissima con il velo beige e la veste marrone. Dice con gentilezza: «Mi dispiace molto ma non posso rinnovarle il permesso. Le preoccupazioni per la sua sicurezza ce lo impediscono». Spiega che in città ci saranno ancora un centinaio di giornalisti stranieri, destinati nel giro di pochi giorni a prendere la via dell’aeroporto Khomeini. Gira la voce che almeno un paio di reporter siano scomparsi, nessuno sa dove siano. In questi giorni confusi, riecheggiano nella capitale mille storie che non si possono verificare.
Ma la protesta continua. Oggi pomeriggio è prevista una manifestazione spontanea dell’onda verde in piazza Efta Tir, circa quattro chilometri a ovest di piazza Vali Asr, dove appena ieri decine di migliaia di sanfedisti di Ahmadinejad avevano gridato il loro sostegno al Presidente e il loro odio ai teppisti. Questi casseur che ogni sera bruciano almeno un autobus e qualche macchina cominciano a diventare sospetti, di certo non fanno l’interesse di Mousavi. Oggi si protesta per la frode elettorale e per i pestaggi che i Basij hanno compiuto questa notte nei dormitori universitari, distruggendo mobili e computer. I Niruyeh Muqawamatt Basij, forza di mobilitazione della resistenza, sono stati creati da Khomeini nel 1981. Rispondono al comando dei pasdaran e collaborano con la polizia. A loro toccano i lavori più sporchi.

Ma il grande appuntamento è per domani, venerdì. Mousavi attraverso il suo sito ha convocato una grande manifestazione, non si sa ancora dove. La consegna è di vestirsi di nero in segno di lutto per gli ammazzati. Ormai è una sfida al regime. Evidentemente non crede che il Consiglio dei Guardiani abbia davvero intenzione di verificare i brogli. D’altra parte i dodici chierici e giuristi che ne fanno parte sono molto vicini alla Guida suprema Ali Khamenei che finora si è sempre schierato con Ahmadinejad. E pensare che cose da discutere ce ne sarebbero. Ali Akbar Mohtashamipur, rappresentante dell’ex premier, ha detto che in 70 distretti i voti sono più numerosi della popolazione, che molti seggi hanno chiuso con inspiegabile anticipo, mentre la gente era ancora in fila.

Tra le tante cose che rischiano di sparire in un Iran sempre più dittatoriale, c’è la possibilità che l’opposizione possa coordinarsi attraverso il Web oppure il telegrafo digitale di Twitter. I Pasdaran sono intervenuti per la prima volta nella crisi minacciando di oscurare «i siti che fomentano la tensione». Secondo l’influente e temuta Guardia rivoluzionaria, l’arcipelago Web dei verdi sarebbe manovrato da America, Canada e Inghilterra. Non c’è bisogno di molta fantasia per screditare l’opposizione. All’Hotel Laleh, dove stazionano la maggior parte dei giornalisti non c’è più l’andirivieni degli inviati che parlando le lingue di Babele correvano nelle camere a trasmettere il pezzo, tutti convinti di aver pescato il pesce più grosso. Nel pomeriggio il centro Internet è desolatamente vuoto, c’è solo un uomo d’affari arabo che picchia sulla tastiera di un vecchio computer. Robert Fisk, il reporter che raccontò la guerra civile libanese seduto nei crateri delle bombe, è ancora qui, sempre «in a hurry», di fretta. Elisabeth Palmer della Cbs dovrebbe avere ancora un paio di giorni. Molti spagnoli sono già partiti, altri partono questa sera.

Nell’atrio c’è un silenzio sospetto, rotto soltanto dalle tv sintonizzate tutte sulle stesso eccitato programma. Nel negozio di chincaglieria, di fronte alla reception, un grande schermo al plasma trasmette una partita di calcio. Corea del Sud contro Iran a Seul. Molti giocatori portano al polso le fasce verdi del movimento di Mousavi. Difficile che la prossima volta tornino a essere convocati in nazionale. Nel tardo pomeriggio, come tutti i giorni, i telefonini perdono il segnale. Di solito disattivano la rete mobile per impedire all’onda verde di coordinarsi nelle strade. Testimoni raccontano che piazza Efta Tir si è riempita e trabocca, fino a piazza Enghelab, di persone vestite di nero che sfilano in silenzio. Alle 20,30 s’incontrano le prime maglie nere che tornano dal corteo: «è stato pacifico», dicono. Ma il momento più pericoloso è quando la gente si disperde. In strada, di fianco all’albergo, sfrecciano due Toyota della squadra antisommossa con i lampeggianti accesi. A Isfahan il procuratore della Repubblica Mohammad Reza Habibi ha minacciato la pena di morte per i contestatori: «Lo prevede il codice penale islamico». Il ministro dell’Intelligence Gholam-Hossein Mosheni Ejeie oggi al tg era stato durissimo. Aveva detto che la Repubblica islamica ha perso la pazienza con i teppisti, «Non lasciate uscire i ragazzi di casa se tenete alla loro salute». Senza organizzazione, senza risorse, senza internet e telefonini l’onda verde si avvia alla resa dei conti con la potentissima macchina repressiva dello Stato. E tra qualche giorno non ci sarà più neppure un testimone straniero.

attilio mangano, immaginiamo cheultima modifica: 2009-06-18T14:40:00+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo