davide Corbelletto,L’uomo nell’ombra

L’uomo nell’ombra
di Davide Corbelletto – 20/04/2010

Fonte: mirorenzaglia
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«Cioè, prendi per esempio questa stronzata delle “libertà civili”. Lo sai cosa farei se fossi ancora al potere? Direi: «D’ora in poi negli aeroporti ci saranno due banchi di registrazione. A sinistra il banco dei voli con passeggeri sui quali non abbiamo fatto accertamenti, dei quali non conosciamo il profilo psicologico, i dati biometrici, nulla insomma che possa aver violato queste preziose “ibertà civili”, nulla che sia stato acquisito facendo ricorso alla tortura: nulla. A destra c’è il banco dei voli nei quali abbiamo fatto tutto il possibile per garantire la sicurezza dei passeggeri. A quel punto ciascuno potrà decidere quale aereo vorrà prendere. Non sarebbe bellissimo? Voglio dire, mi piacerebbe proprio vedere a quale banco farebbero la fila tutti i Rycart di questo mondo, su quale aereo metterebbero i loro figli, se l’alternativa fosse questa!».
Ecco una delle tante battute, irriverenti e feconde di spunti, direttamente tratte dal bestseller Il Ghostwriter di Robert Harris (Oscar Mondadori,  pp.322) e magistralmente riproposte ne L’uomo nell’Ombra ad esso ispirato.
Una pellicola che, a dispetto di una lunga e travagliata post-produzione (a causa dei ben noti guai giudiziari del regista Roman Polanski), presenta tutte le carte in tavole per ascendere l’olimpo dei capolavori cinematografici.
A dir la verità i presupposti per l’eccellenza c’erano tutti prima ancora che uscisse nelle sale: anzitutto il thriller politico sul quale si basa il film è uno dei migliori romanzi degli ultimi dieci anni e la scrittura di Harris costituisce già di per sé una sceneggiatura pronta da utilizzare; il cast, nonostante rimpasti in corsa e rinunce eccellenti (tra cui spiccano quelle di Nicholas Cage e Tilda Swinton, egregiamente sostituiti da Ewan McGregor, nei panni del protagonista, e Olivia Williams), è semplicemente da urlo, con un Pierce Brosnan perfetto nella parte dell’ex premier britannico Adam Lang, comprimari del calibro di Timothy Hutton (l’avvocato Sidney Kroll) e Tom Wilkinson (il professore universitario – e insieme agente della CIA – Paul Emmett) ed infine un esilarante cameo ad opera di un irriconoscibile Jim Belushi – completamente calvo! – nel ruolo dell’editore John Maddox.
La trama è a dir poco avvincente: a un giovane, ambizioso e rampante ghostwriter londinese (il cui nome – quasi a sottolinearne la appunto spettrale evanescenza – non viene mai rivelato nel corso della narrazione) è affidato il prestigioso e assi ben remunerato compito di terminare l’autobiografia dell’ex premier britannico Adam Lang.
Quattro settimane di tempo per mettere in ordine un manoscritto redatto dal portavoce laburista Mike McAra, scomparso in circostanze poco chiare nelle acque antistanti l’isola di Martha’s Vineyard nel Massachusetts, dove Lang si è nel frattempo ritirato a vita privata.
L’ex presidente non è peraltro nella condizione di lasciare il paese che lo ospita, poiché indagato dal Tribunale Internazionale (la cui giurisdizione gli USA non riconoscono) di aver favorito il servizio di informazione americano nell’individuazione e successivi arresto, detenzione preventiva, estradizione e addirittura tortura di quattro cittadini britannici, accusati da Washington di far parte di una cellula terroristica.
Tra i principali testimoni, determinati a trascinare Lang sul banco degli imputati dell’Aia, l’ex Ministro degli Esteri, Richard Rycart, le cui dimissioni fu proprio il premier stesso a richiedere, durante il suo ultimo mandato.
La soluzione di questo avvincente intreccio è nascosta nel memoriale redatto da McAra e quindi inverosimilmente a completa disposizione del protagonista, il quale, una volta rivelata la macabra verità sulla morte del suo predecessore, si troverà coinvolto in un intrigo internazionale con un epilogo sorprendente e degno della più drammatica spystory.
Dal romanzo il film mutua integralmente il già ottimo impianto narrativo (salvo una piccola rielaborazione del finale, condensato presumibilmente per ragioni di spazio) e mantiene soprattutto inalterata quell’approfondita analisi dei due pilastri tematici portanti su cui si fonda la storia: la riflessione politica circa i limiti insiti nei concetti stessi di libertà e sicurezza nell’ambito del diritto internazionale, e la pungente critica al mondo dei media contemporanei e in particolare del sistema editoriale massificato, la cui cinica spietatezza è direttamente proporzionale alla sola pressante esigenza di soddisfare quel profitto economico, in nome del quale possono anche sacrificarsi la qualità letteraria e, ciò che più conta, la veridicità del contenuto di un’opera.
Ciò che lascia davvero piacevolmente stupiti, è la tensione dialettica con la quale vengono contrapposti, da un lato, tutte le ipocrisie caratterizzanti la lotta americana al terrorismo (tra cui le modalità brutali con cui si pretende di esportare la democrazia nel mondo e il sistematico disattendere quelle norme – proprie della cosiddetta civiltà occidentale – le quali si esige vengano però poi rispettate all’estero, in particolare in quegli stati alleati, come l’Inghilterra, che emergono chiaramente per ciò che di fatto sono: semplici servitori di un potere che tende all’egemonia geopolitica) e, dall’altro, l’aggressività intrinseca e pochezza concettuale di certe posizioni alternative, ben rappresentate dalla violenza di certo becero pacifismo contestatore a prescindere.
Non si esprimono sentenze nette ma vengono piuttosto forniti continuamente allo spettatore strumenti atti ad elaborare un giudizio personale in completa autonomia.
L’unico condannato e biasimato con fermezza pare essere il ghostwriter, non tanto perché scribacchino, prezzolato arrangiatore di memorie altrui, ma in quanto simbolo di un sistema editoriale che, ammazzando la vera scrittura, inibisce il talento di molti potenziali autori di successo e relega la cultura a una dimensione abbietta, snobbandola almeno quanto viene bistrattato il povero anziano e raffinato correttore di bozze che fa la sua timida comparsa nelle prime scene del lungometraggio.
Non si potrebbe infatti spiegare altrimenti come, nonostante il suo ravvedimento personale e la netta presa di coscienza dell’angosciante complotto in cui rimane coinvolto, il protagonista non riuscirà a salvare nemmeno se stesso, travolto dal peso di quelle agghiaccianti rivelazioni, paradossalmente contenute in leggere, volteggianti pagine di carta sottile eppure insieme così dannatamente tagliente…

davide Corbelletto,L’uomo nell’ombraultima modifica: 2010-04-21T16:06:38+02:00da mangano1
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