Antonio Scurati, Solo chi paga le tasse merita i diritti

Antonio Scurati (Napoli 1969) è ricercatore alla IULM di Milano e
coordina il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza.
Editorialista della “Stampa”, ha scritto i saggi Guerra. Narrazioni e
culture nella tradizione occidentale (2003, finalista al Premio
Viareggio) e Televisioni di guerra (2003). Bompiani ha pubblicato, in
versione aggiornata, il suo romanzo d’esordio, Il rumore sordo della
battaglia (2006), il saggio La letteratura dell’inesperienza (2006), e
i romanzi Il sopravvissuto, con cui l’autore ha vinto la XLIII
edizione del Premio Campiello, Una storia romantica (2007, Premio
SuperMondello) e Il bambino che sognava la fine del mondo (2009,
finalista Premio Strega 2009). Le sue opere sono tradotte in molti
paesi stranieri.

 

sinisrtra 016_99178_3231537_s.jpgLa Stampa
18 maggio 2010
Solo chi paga le tasse merita i diritti
Data di pubblicazione: 18.05.2010
Autore: Antonio Scurati

Questo non è un articolo di commento, è un articolo di protesta. Sarà,
perciò, breve, diretto, persino un po’ rozzo e brutale. Altri
esporranno, spero, pacatamente le loro ragioni, io qui mi limiterò a
urlare le furibonde ragioni dei miei oppressi e i miei oppressi sono i
lavoratori salariati vittime della vessazione fiscale.
Protesto perché nel nostro Paese, al principio del nuovo secolo e
millennio, la principale causa d’ingiustizia sociale è la
sperequazione fiscale. Protesto da dipendente pubblico perché la
principale forma di sperequazione fiscale non è tra Nord e Sud (come
vorrebbe una parte politica i cui elettori hanno finanziato le loro
imprese con l’evasione fiscale e con il lavoro nero) ma tra salariati
(per lo più dipendenti statali) e lavoratori autonomi. Protesto
perché, sul piano fiscale, la popolazione italiana è divisa in due
parti.
Da un lato c’è un ceto produttivo (quelli a cui le tasse le prelevano
alla fonte), dall’altro un ceto di parassiti evasori (per lo più
commercianti, liberi professionisti, imprenditori). Protesto perché,
per colmo della beffa, la prima metà è quella più povera, la seconda
quella più ricca, la quale diventa ancora e sempre più ricca grazie al
sangue fiscale succhiato ai più poveri. Protesto perché sono stufo di
pagare con il mio modesto stipendio di ricercatore universitario la
scuola d’élite al figlio del ristoratore dove una volta al mese posso
forse permettermi di andare a mangiare il pesce, perché sono stufo di
pagare con quel modesto stipendio la polizia che sorveglia la sontuosa
villa del dentista da cui mi sono fatto otturare un dente cariato,
perché sono arcistufo di pagare le strade su cui sfreccia con il suo
SUV corazzato il commercialista arricchito o il pronto soccorso a cui
ricorre in una notte sbagliata l’imprenditorello impippato, protesto
perché non ne posso più di pagare con i miei 1500 euro mensili la
escort da duemila euro a botta al riccastro viziato.
Lo Stato Moderno, ombrello della convivenza civile, nasce sulla base
di un patto preciso: sottomissione contro protezione, soggezione
(anche fiscale) contro sicurezza. In questi giorni assistiamo a una
versione caricaturale, degenerata, di quell’antica alleanza. Una
violenta cricca internazionale di grassatori dell’alta finanza decide,
dai suoi grattacieli dorati di New York, Lussemburgo o Shanghai, una
razzia ai danni della povera gente di alcune antiche e dissestate
nazioni mediterranee. E i governanti di quelle nazioni che fanno? Per
ergere una barriera finanziaria a difesa della loro gente non trovano
di meglio che salassare ulteriormente i già vessati salariati e
pensionati. Io contro questa barzelletta di democrazia protesto e
denuncio la rottura fraudolenta del contratto sociale.
La più grande democrazia moderna, quella statunitense, comincia da una
protesta fiscale. No taxation without representation. Niente tasse
senza rappresentanza politica, urlarono i ribelli delle colonie della
Nuova Inghilterra. Non essendo questi – purtroppo o per fortuna, per
fortuna o purtroppo – tempi di rivoluzioni, io propongo di invertire
la formula: no representation without taxation. Si tolgano i diritti
civili, a cominciare dal diritto di voto, a tutti gli evasori fiscali
(prima, però, bisognerebbe, ovviamente, pescarli). Chi di fatto non fa
parte del consesso civile statale che si costruisce e conserva grazie
al contributo fiscale di tutti, non ne faccia parte nemmeno di
diritto. Altrimenti, il paradosso è che un ceto di evasori fiscali,
parziali o totali, continuerà a eleggere un ceto politico che poi ne
preserverà il privilegio d’immunità, perpetuando questa tremenda
ingiustizia sociale. Contro la quale io, personalmente, protesto e
spero protestino in tanti.

Antonio Scurati, Solo chi paga le tasse merita i dirittiultima modifica: 2010-05-20T15:06:55+02:00da mangano1
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