R.Bonuglia,L’eresia matematica di Ippaso

da: Khayyamsblog blog <khayyamsblog@gmail.com>
Data: 14 giugno 2010
Oggetto: L’eresia matematica di Ippaso di Metaponto

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L’eresia matematica di Ippaso di Metaponto
lunedì 14 giugno 2010, posted by roberto.bonuglia at 12.18

Metaponto (nella foto a sinistra il Tempio dorico di Hera, scatto di LUCIOdb) è una frazione del comune di Bernalda in provincia di Matera. Mille persone abitano oggi quello che in realtà è stato molto tempo fa un insediamento greco (metà del VII secolo a.C.). La cittadina lucana fu per lungo tempo uno dei centri più importanti della Magna Grecia come dimostra la spiga d’oro che era raffigurata sulle monete di Metaponto: era un simbolo di fertilità delle sue terre e divenne il simbolo della città dove fino alla fine dei suoi giorni visse ed operò Pitagora, il grande matematico (ma anche legislatore e filosofo).

Ma la città di Metaponto e la scuola pitagorica che vi nacque furono l’ambiente in cui si formò e molto probabilmente visse un altro grande personaggio oggi di fatto dimenticato: Ippaso di Metaponto. Non di rado confuso con Ipparco – come fa nella Stromata [V, IX, § 58] Clemente Alessandrino – e ancor più spesso ignorato da repertori bibliografici, biografici e da famose ed affermate enciclopedie, il filosofo e matematico greco è invece una figura affascinante, protagonista di scoperte matematiche e non solo. Di lui esiste un gruppo su facebook che consigliamo a chi volesse saperne di più. Della sua vita privata ci è arrivato molto poco. Alcuni ad esempio sostengono che abbia vissuto a Crotone, altri a Sibari. Secondo Giamblico – filosofo greco di origine siriana che fu tra i primi neoplatonici – Ippaso di Metaponto partecipò in prima persona allo scontro interno tra i Pitagorici all’indomani della distruzione di Sibari avvenuta nel 510 a.C. da parte dei Crotoniati. In quell’occasione Ippaso si sarebbe schierato coi democratici.

Di Ippaso ci parla anche Diogene Laerzio – storico e biografo di molti filosofi del suo tempo – riferendo le voci dell’esistenza di un Discorso mistico che rappresenterebbe «l’unica cosa scritta» lasciata dal matematico. Altre voci si rincorrono e si sovrappongono sulla biografia di Ippaso: secondo Boezio e Teone di Smirne egli scoprì «che gli accordi musicali fossero basati su semplici rapporti numerici»; il lessico bizantino Suida riporta tra gli allievi di Ippaso anche Eraclito; molti considerano Ippaso il capo degli acusmatici (ossia i pitagorici che potevano solo ascoltare e neanche potevano contestare ciò che diceva il maestro); la tradizione parla di un nubifragio come causa della sua scomparsa.

Il suo sistema teorico si basava sulla convinzione che “tutto nasceva dal fuoco”: l’anima stessa non ne era che una particella. Secondo Ippaso «estinguendosi il fuoco, dalla sua estinzione ne nasceva l’aria: questa condensandosi formava l’acqua, e dall’acqua più condensata emergeva infine la terra. L’Universo dovea aver fine per mezzo di una generale conflagrazione. Pria di ciò dovean tutte le cose passare per certi periodi stabiliti dalla natura istessa degli elementi che le componeano». Ne conseguiva che «L’Universo era finito e sempre in movimento». Gli scolari di Ippaso insegnarono che “il numero era il primo esemplare della creazione del mondo”, e “la norma secondo la quale il creatore Iddio giudicò del mondo creato da lui”.

L’elemento più importante della biografia di Ippaso è legato alla sua attività di matematico: egli è stato – secondo Giamblico – lo scopritore del dodecaedro regolare e della dimostrazione della sua iscrivibilità in una sfera. Dimostrazione, questa, che Ippaso completò contro il volere dello stesso maestro Pitagora. Ma soprattutto, Ippaso va ricordato per aver scoperto il concetto e l’esistenza dell’incommensurabilità: Kurt von Fritz – nel libro Le origini della scienza in Grecia (Bologna, Il Mulino, 1988) – ha sostenuto l’ipotesi che la scoperta sia stata effettuata proprio con la costruzione del pentagono regolare e del dodecaedro basato su questa figura: Ippaso si sarebbe imbattuto nel primo rapporto tra grandezze incommensurabili studiando la “sezione aurea” che appare nella costruzione di entrambe le figure. Nella sua costruzione teorica il matematico ha dimostrato infatti che la radice quadrata di 2 è un numero irrazionale (forse partendo considerazioni geometriche sui triangoli), cioè che non può essere scritta come una frazione.

La reazione dei seguaci più ortodossi di Pitagora fu durissima: Ippaso fu bandito e venne eretto un monumento funebre nonostante egli fosse ancora vivo. La sua stessa scomparsa in un nubifragio, secondo alcuni, ha il sapore di un’esecuzione. Il filosofo greco Proclo così narra quei giorni: «I pitagorici narrano che il primo divulgatore di questa teoria [dei numeri incommensurabili e quindi irrazionali] fu vittima di un naufragio; e parimenti si riferivano alla credenza secondo la quale tutto ciò che è irrazionale, completamente inesprimibile e informe, ama rimanere nascosto; e se qualche anima si rivolge ad un tale aspetto della vita, rendendolo accessibile e manifesto, viene trasportata nel mare delle origini, ed ivi flagellata dalle onde senza pace».

Ma perché fu così dura la reazione dei Pitagorici? Ce lo spiega brillantemente in un articolo Roberto Weitnauer: «Ippaso fu colpito dalla condizione, perché introduceva la matematica nei meandri affascinanti dello sconfinato; decise pertanto di divulgare la scoperta dell’incommensurabilità della diagonale del quadrato, contravvenendo ai tabù della Scuola che non poteva accettare l’idea di valori non del tutto calcolabili, riflesso di un cosmo incompiuto e impuro. La parola ‘cosmo’ fu coniata proprio da loro e stava a rappresentare un universo rigidamente ordinato. L’irregolarità imprevedibile dei decimali nello sviluppo di un numero irrazionale non poteva adeguarsi a questo punto di vista. E così i Pitagorici mancarono una grande occasione».

Ippaso di Metaponto dimostrò quindi un grande coraggio nel portare avanti le proprie teorie e nel difenderne la veridicità e la fondatezza. Egli, come si legge nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli [Napoli, N. Gervasi, 1817] aveva un carattere forte e deciso, frutto della sua convinzione che «il fuoco fosse Dio» e che «tutto nasceva dal fuoco». Una romantica convinzione che lo portò senza compromessi a difendere strenuamente le proprie scoperte.

Anche nella libera e democratica Grecia antica, come si evince dalla vicenda di Ippaso, le minoranze scomode e illuminate non hanno mai avuto vita facile… Ieri come oggi per la verità è sempre dura emergere…

R.Bonuglia,L’eresia matematica di Ippasoultima modifica: 2010-06-14T20:05:11+02:00da mangano1
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