Laura Tussi, Peacelink e dintorni

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Da: “laura tussi” <tussi.laura@tiscalinet.it>

Molti attivisti di www.peacelink.it
rete telematica per la pace, stanno conducendo assidue campagne civili nonviolente sul territorio di Taranto, contro l’emissione di sostanze altamente nocive, inquinanti e cancerogene da parte del polo siderurgico dell’Ilva, operativo nella città…
Aiutiamo gli attivisti in queste lotte civili per un ecosistema a misura di persona…perchè l’ambiente appartiene a noi tutti.

Laura Tussi e
Alessandro Marescotti, Presidente Peacelink,
http://www.peacelink.it
http://www.tarantosociale.org
http://comitatopertaranto.blogspot.com

E-mail:
a.marescotti@peacelink.it (per messaggi pubblici)
a.marescotti@peacelink.org (per messaggi privati)

“Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Mahatma Gandhi

‘ un inceneritore di rifiuti speciali e sanitari di proprietà della Biosud a Surbo, in provincia di Lecce
Un inceneritore sfora di 130 volte il tetto di diossina
La Provincia di Lecce diffida e sospende l’impianto. L’Arpa Puglia ha infatti rilevato una concentrazione di diossine totali pari a 13,70 ng TE/Nmc (nanogrammi per metro cubo), ben centotrenta volte superiore al limite.
10 luglio 2010 – Andrea Aufieri
Fonte: 20centesimi, quotidiano de L’Osservatorio news/Laboratorio giornalisti indipendenti – 10 luglio 2010
Eravamo in allerta per l’Ilva e non ci siamo resi conto che il rischio era sotto i nostri occhi.

L’inceneritore fermato dalla Provincia di Lecce è a nord-ovest di Lecce, a Surbo
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Con una disposizione del 18 giugno, numero di protocollo 53205, la Provincia di Lecce, tramite il Servizio Ambiente e Polizia Provinciale ha immediatamente diffidato e sospeso dall’autorizzazione all’esercizio l’impianto di termodistruzione di rifiuti speciali e sanitari di proprietà della Biosud srl, sito in Contrada Mazzarella, a cinque chilometri da Surbo e venti da Lecce, gestore di un business che si aggira intorno ai due milioni e mezzo di euro.
Il motivo di questo provvedimento drastico sta nella lettura dei dati allarmanti che l’Arpa ha rilevato in un controllo a bocca di camino del 27 novembre 2009: una concentrazione di diossine totali pari a 13,70 ng TE/Nmc (nanogrammi per metro cubo), ben centotrenta volte superiore al limite di nanogrammi previsto per metro cubo, cioè 0,1. La Biosud deve rispettare questo limite perché soggetta al Decreto legislativo 133 del 2005, che recepisce le norme europee riguardo ai valori limite delle emissioni in atmosfera per gli inceneritori.
Il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’ Asl di Lecce ha inoltre trasmesso al servizio della provincia un provvedimento del 17 giugno nel quale è sottolineato l’evidente pericolo per la salute pubblica e si richiede la sospensione immediata fino a quando l’azienda non avrà disposto il necessario adeguamento di impianti per rientrare nella normalità.
Preso atto di tali provvedimenti, la Provincia si è appellata al decreto legislativo 152 del 2003 che prevede appunto la diffida e la sospensione da parte dell’autorità competente.

Cancerogeno: questo è il simbolo associato a sostanze che, come la diossina, sono sicuramente cancerogene per l’uomo
Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Carcinogen
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In attesa di ascoltare la dirigenza della Biosud, che avrebbe dovuto consegnare memorie e osservazioni entro il 28 giugno, si sa che l’Arpa è stata formalmente invitata proprio nei giorni scorsi a effettuare nuove analisi.
Ma sorge una domanda, cui speriamo di ricevere risposta. E (sper)giuriamo di essere davvero sorpresi. Consideriamo un fatto: la Biosud esiste ormai da anni sul territorio vanta di avere un servizio efficientissimo di rilevamenti e analisi, fornito dal Consorzio interuniversitario nazionale “La chimica per l’ambiente”, meglio noto come Inca, un consorzio fondato da cinque poli universitari, quello del Salento,quello veneziano della Ca’ Foscari, quello della Tuscia di Viterbo, quello di Milano e quello di Firenze. Un consorzio in cui confluiscono finanziamenti pubblici, ministeriali, destinati anche alle attività di ricerca. Come mai c’è stato bisogno dell’intervento dell’Arpa per segnalare questa pesante infrazione? Se è vero che l’azienda provvede ora che è stata tirata per il bavero a rimodernare e adeguare gli impianti, come possiamo continuare a dar credito e fiducia a chi ci rassicura di non avere la testa fra le nuvole di diossina?

Note:
Info: andrea.aufieri@gmail.com /
Redazione 20centesimi:

L’iniziativa
Taranto, la rivolta delle famiglie: basta veleni dell’Ilva
“Il materiale proveniente dal siderurgico si deposita sulle ringhiere e sui pavimenti dei nostri balconi e finisce in tutte le stanze. Non ne possiamo davvero più, ecco perchè abbiamo deciso di prendere provvedimenti legali”
14 luglio 2010 – Pamela Giufrè
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno – 14 luglio 2010
«Viviamo ai Tamburi dagli anni ’50 e siamo davvero stanchi di respirare tutti i giorni le polveri dell’Ilva mettendo a rischio la salute nostra e dei nostri figli e nipoti». E’ questa la motivazione che ha spinto Alfonso Tranquillino e sua moglie Francesca Viesti, residenti in via Merodio ai Tamburi, a denunciare l’Ilva di Taranto per getto pericoloso di polveri e minerali. E il sostituto procuratore Daniela Putignano (si veda la «Gazzetta» di ieri ha raccolto questa denuncia e quella di altre due famiglie e ha indagato Emilio Riva . Lo stabile in cui vive la famiglia Tranquillino appare sporco e danneggiato anche se è già stato sottoposto ad un radicale intervento di ristrutturazione negli anni ’90 come raccontano gli stessi inquilini. «Il materiale proveniente dal siderurgico – spiega Tranquillino – si deposita sulle ringhiere e sui pavimenti dei nostri balconi e finisce in tutte le stanze, dalla camera da letto alla cucina. Non ne possiamo davvero più, ecco perchè abbiamo deciso di prendere provvedimenti legali».

La famiglia Tranquillino non è stata la sola ad imbarcarsi in quest’avventura. Anche altre due famiglie di via Manzoni e di via Mar Piccolo hanno deciso di rivolgersi alla Magistratura per far valere i loro diritti. Si tratta di tre famiglie che si sono stabilite nel rione Tamburi quando era una zona residenziale della città. E invece si sono ritrovate a dover convivere con l’inquinamento, indipendentemente dall’esposizione dei loro appartamenti. Via Merodio e via Mar Piccolo, ad esempio, si trovano in due traverse opposte di via Galeso. Via Manzoni, invece, è nei pressi del cimitero. Ma tutti devono quotidianamente affrontare gli stessi problemi. «Parlando con altri residenti del rione – dice Tranquillino -, anche distanti da casa nostra, abbiamo appreso della loro intenzione di presentare ricorso. Così, condividendo l’iniziativa, ci siamo informati da un avvocato, il quale ci ha consigliato di sottoscrivere la denuncia personalmente in quanto questi reati possono essere contestati all’Ilva solo se viene presentata querela da parte della persona offesa. E noi non abbiamo avuto dubbi a firmare quella denuncia».

Eppure, le perplessità cominciano ad affiorare proprio ora che il sostituto procuratore, Daniela Putignano, ha dato loro ragione contestando a Emilio Riva, che dell’Ilva è stato presidente sino a maggio scorso (ora gli è succeduto il figlio Nicola), che «mediante l’immissione dell’ambiente di fumi, minerali e polveri prodotti dallo stabilimento, gettava cose idonee ad offendere, imbrattare e molestare persone perché deturpava ed imbrattava le unità abitative dei denuncianti, tutte ubicate nel quartiere Tamburi, nelle immediate vicinanze del parco minerali e fossili».

«L’avvocato – dice Francesca Viesti – ci ha informato dell’esito del ricorso, ma chissà se davvero cambierà qualcosa. Sono anche anni che ci viene promessa la riduzione dell’inquinamento ma finora senza esito. Perché mai questa volta dovrebbe essere diversa dalle altre?» Il marito è più ottimista: «Noi ci abbiamo messo tutta la buona volontà esponendoci in prima persona in questa battaglia giudiziaria e abbiamo già superato un primo ostacolo. Del resto, nessun giudice avrebbe potuto darci torto. I cattivi odori provenienti dall’Ilva si sentono fino a Castellaneta».

tel. 0832 305638

fax 0832 665761

mercoledì 14 luglio 2010
Riva, se non pulisci, paga!!!

Taranto, la rivolta delle famiglie: basta veleni dell’Ilva

«Viviamo ai Tamburi dagli anni ’50 e siamo davvero stanchi di respirare tutti i giorni le polveri dell’Ilva mettendo a rischio la salute nostra e dei nostri figli e nipoti». E’ questa la motivazione che ha spinto Alfonso Tranquillino e sua moglie Francesca Viesti, residenti in via Merodio ai Tamburi, a denunciare l’Ilva di Taranto per getto pericoloso di polveri e minerali. E il sostituto procuratore Daniela Putignano (si veda la «Gazzetta» di ieri ha raccolto questa denuncia e quella di altre due famiglie e ha indagato Emilio Riva . Lo stabile in cui vive la famiglia Tranquillino appare sporco e danneggiato anche se è già stato sottoposto ad un radicale intervento di ristrutturazione negli anni ’90 come raccontano gli stessi inquilini. «Il materiale proveniente dal siderurgico – spiega Tranquillino – si deposita sulle ringhiere e sui pavimenti dei nostri balconi e finisce in tutte le stanze, dalla camera da letto alla cucina. Non ne possiamo davvero più, ecco perchè abbiamo deciso di prendere provvedimenti legali».
La famiglia Tranquillino non è stata la sola ad imbarcarsi in quest’avventura. Anche altre due famiglie di via Manzoni e di via Mar Piccolo hanno deciso di rivolgersi alla Magistratura per far valere i loro diritti. Si tratta di tre famiglie che si sono stabilite nel rione Tamburi quando era una zona residenziale della città. E invece si sono ritrovate a dover convivere con l’inquinamento, indipendentemente dall’esposizione dei loro appartamenti. Via Merodio e via Mar Piccolo, ad esempio, si trovano in due traverse opposte di via Galeso. Via Manzoni, invece, è nei pressi del cimitero. Ma tutti devono quotidianamente affrontare gli stessi problemi. «Parlando con altri residenti del rione – dice Tranquillino -, anche distanti da casa nostra, abbiamo appreso della loro intenzione di presentare ricorso. Così, condividendo l’iniziativa, ci siamo informati da un avvocato, il quale ci ha consigliato di sottoscrivere la denuncia personalmente in quanto questi reati possono essere contestati all’Ilva solo se viene presentata querela da parte della persona offesa. E noi non abbiamo avuto dubbi a firmare quella denuncia».
Eppure, le perplessità cominciano ad affiorare proprio ora che il sostituto

Laura Tussi, Peacelink e dintorniultima modifica: 2010-07-15T16:10:09+02:00da mangano1
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