Mario Staderini,Abbiamo fame di cultura

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MARIO STADERINI
Digiuni, walk around, flash mob: così la protesta diventa efficace

04-01-2011
“Abbiamo fame di cultura”. Sotto questo slogan cinque studenti della ex-facoltà di Studi Orientali della Sapienza (Jacopo Alessandri, Luca De Napoli, Maria Vitale, Taner Yetim, Antonio Gavante) il 16 dicembre hanno iniziato uno sciopero della fame “per riportare l’attenzione dell’opinione pubblica sui contenuti della protesta studentesca”.

Le violenze verificatesi durante la manifestazione del 14 dicembre, infatti, avevano spostato il dibattito sul tema dell’ordine pubblico, con le successive intemerate di Mantovano, Maroni e Gasparri. Le immagini dei sampietrini, delle macchine bruciate e delle aggressioni agli agenti di polizia erano rimbalzate su tutti i media al punto da far passare in secondo piano persino il voto parlamentare di fiducia al Governo. Zone rosse, proposte di leggi speciali, infiltrati e provocatori occupavano ogni spazio informativo. Mentre si prefiguravano scenari apocalittici per le manifestazione dei giorni successivi, con quell’iniziativa nonviolenta il Coordinamento K5 – così hanno deciso di chiamarsi i digiunatori- ha spiazzato gli operatori dell’informazione, i politici e il movimento stesso.

Sino ad allora, i commentatori si interrogavano sul perché questa generazione avesse accumulato così tanta rabbia. A dir la verità, la risposta non era affatto difficile, considerato che in Italia abbiamo il livello più alto di disoccupazione giovanile e il più basso di protezione sociale; che chi ha meno di 40 anni si ritroverà pensioni da fame, con milioni di precari, parasubordinati e partite Iva che versano contributi truffaldinamente a fondo perduto; che il consumo di risorse naturali è tale per cui già oggi la salubrità dell’ambiente è irrimediabilmente compromessa; che la classe dirigente è incapace di riforme e di modernità. Serve altro per provare rabbia?

Proprio la consapevolezza dell’incertezza del futuro è la principale novità di questo movimento studentesco rispetto ai precedenti che hanno ripetuto un po’ stancamente i riti del ’68 e del ’77. La vera domanda, però, non era tanto capire le ragioni della loro rabbia, quanto perché quella rabbia avesse trovato sfogo in atti violenti anziché in altre forme.

Non c’è dubbio che molti di coloro che il 14 dicembre si sono resi protagonisti di violenza attiva siano tra coloro che, anche all’interno dei movimenti e tra l’intellighenzia, ancora credono che la violenza sia la levatrice della storia. Quello che ha sorpreso è che in tanti di più accettassero il ruolo di spettatori passivi, se non di parte.

Eppure c’è poco da sorprendersi. Il Regime italiano, con il suo essere antidemocratico e contro Costituzione, non solo produce violenza ma la promuove. Se dieci persone tirano un sasso, attirano la politica e diventano una notizia da prima pagina; se conducono un’azione nonviolenta, che sia un digiuno o un walk around, lo sanno a malapena gli amici. L’atto violento è “premiato” proprio perché non mette in pericolo gli assetti di potere, anzi, li rafforza. A quel punto non serve neanche provocarlo, viene da sé.

Se in questi anni avessero potuto conoscere la forza della nonviolenza, tanti di quei ragazzi che erano in piazza il 14 dicembre avrebbero agito diversamente. Probabilmente il Senato sarebbe stato per mesi “assediato” da walk around anziché assaltato, il Governo incalzato su obiettivi e risposte precisi con digiuni ad oltranza o a staffetta. Qualcosa di simile hanno rappresentato i flash mob e le occupazioni simboliche dei luoghi d’arte.

Chi invece, come i ragazzi del Coordinamento K5, ha avuto la ventura, frequentando l’Istituto studi orientali, di apprendere il significato di Satyagraha, ha sperimentato sulla sua pelle l’efficacia della nonviolenza. Sono parole loro, non mie. Lo scorso 23 dicembre, infatti, mi sono recato a piazza Campo de Fiori per incontrarli, stavano tenendo una lezione pubblica sul digiuno nella cultura indù.

All’inizio abbiamo scherzato, perché se avessero potuto conoscere i digiuni “alla radicale” avrebbero avuto una dieta da tre cappuccini al giorno anziché limitarsi a bevande di the e zucchero. Ascoltarli (l’audiovideo è disponibile sul sito di RadioRadicale) mentre raccontano la loro esperienza è davvero esemplare.

“Prima lo vedevo come una forma di dissenso molto intelligente ma poco efficace, oggi posso dire che è anche efficace, la nonviolenza ha fatto muovere la coscienza di altre persone ”, il primo commento alla mia domanda sullo sciopero della fame. E ancora: “Non pensavo che questa iniziativa avrebbe avuto così tanta risonanza, sono sorpreso dei consensi avuti tra gli studenti, l’adesione simbolica di otto compagni di Pisa, la disponibilità dei professori”. Uno dei cinque ragazzi, Taner, quando gli ho chiesto che giudizio aveva dei digiuni di Pannella e dei Radicali, mi ha risposto così:“ Sinceramente pensavo, è una cazzata perché nessuno gli darà retta, sta facendo male a se stesso. E invece no, avevo torto, perché questa autolesione impressiona le persone e le fa riflettere, noi che digiuniamo abbiamo solo un disagio fisico mentre a livello di subconscio ne riceviamo forza, invece chi lo subisce passivamente prova una specie di rimorso e si chiede ma perche questa persona sta facendo questa cosa estrema”.
Questi ragazzi lo hanno capito, la nonviolenza rende ciascuno di noi un generale senza esercito, consente rapidità d’azione altrimenti inimmaginabili e, soprattutto, vince convincendo.
Faccio mio il loro augurio, cioè che sempre di più la nonviolenza si diffonda tra gli studenti, i lavoratori e in tutti quei fronti sociali – penso agli immigrati, ai terremotati dell’Aquila, alle vittime dei reati ambientali- che rischiano altrimenti di disperdere il loro patrimonio di lotta.

Di fronte al precipitare della crisi politica e alla semplificazione autoritaria in corso delle istituzioni, ormai esse stesse strutturalmente anti o a-costituzionali, il nostro Paese ha sempre più bisogno di una rivolta gandhiana, sociale, politica, morale. Noi Radicali, ca va sans dire, siamo della partita.

*da “Gli Altri”

Mario Staderini,Abbiamo fame di culturaultima modifica: 2011-01-05T19:07:39+01:00da mangano1
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