Aldo Giannuli, Ma è un film di Bunuel?

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In Libia –paese vicinissimo ed al quale siamo  legati da vincoli storici- è in atto una sanguinosa guerra civile dal cui esito possono dipendere tanto i nostri rifornimenti energetici quanto la stabilità di un bel pezzo della nostra finanza. In Tunisia ed Egitto –altri paesi assai prossimi- ci sono state violente rivolte che hanno abbattuto i rispettivi regimi, ma nei quali la situazione è ben lontano dall’essersi stabilizzata. Da entrambi provengono consistenti flussi immigrativi nel nostro paese ed entrambi sono mercati di sbocco non secondari delle merci italiane.
In Giappone c’è stato un sisma catastrofico ed è in corso un incidente nucleare senza precedenti di identica gravità. Non è ancora possibile fare l’inventario dei danni, ma già è facile prevedere lo tsunami economico- finanziario che ne seguirà. Il Giappone è il paese con il più altro debito pubblico del mondo ed è difficile pensare che possa finanziare la ricostruzione con altro debito pubblico, è assai più probabile che richiami in patria i capitali che ha in giro del il Mondo, a cominciare dai bond americani di cui Tokyo è il massimo possessore con la Cina. Ma questo inevitabilmente innescherà un terremoto finanziario che si sa come comincia ma non dove finisce.
Peraltro, il Giappone ha perso gran pare delle sue coltivazioni di riso per cui dovrà necessariamente comprare ingenti quantità di cereali sul mercato internazionale.  Altrettanto stanno facendo i paesi arabi più ricchi (come l’Arabia Saudita) per prevenire il rischio rivolte. Non ci vuol molto a capire che tutto fa prevedere una decisa impennata dei prezzi degli alimentari. Peraltro, non sappiamo quali siano gli effetti della  radioattività sul terreno per cui non siamo in grado di prevedere per quanto tempo il Giappone dovrà far ricorso -ed in quale misura- al mercato mondiale.

Il tutto in una situazione che già segnava una preoccupante salita di molte importanti commodities  alcune delle quali stanno toccando i loro massimi storici (petrolio, oro, rame, cacao, cotone).
Nell’immediato, la catastrofe giapponese ha tirato giù il costo di alcune materie prime (anzitutto il petrolio) per effetto tanto della prevedibile diminuzione di domanda giapponese nei prossimi mesi quanto del dirigersi della speculazione finanziaria verso altri sbocchi provvisoriamente più remunerativi (a cominciare dallo yen sul valutario che, paradossalmente si apprezza proprio per il terremoto che attirerà capitali in patria).
Ma non c’è da farsi troppe illusioni: la catastrofe di Fukushima ragionevolmente, provocherà una fuga dal nucleare con conseguente prevedibilissima impennata del petrolio. D’altro canto, se anche non ci fosse questa caduta del nucleare, ci sarebbero comunque ottimi motivi per pensare che l’andamento al rialzo delle commodities riprenderà  tranquillamente  a breve per l’eccesso di liquidità sul mercato mondiale.

Faccio grazia degli spiccioli: mi sembra che ce ne sia già abbastanza per dire che siamo molto oltre i segnali dell’emergenza. Però a noi qui in Italia di tutto questo non frega molto: discutiamo della riforma della giustizia. O meglio: delle riforme utili a togliere dagli impicci sessual-giudiziari il Cavaliere, come se questa fosse la cosa più urgente del Mondo.
Sembra la sequenza di Bunuel in un film dell’orrore. Non si sa se piangere, ridere o terrorizzarsi. Tutto il dibattito politico italiano suona grottesco e surreale: anche  a non voler scomodare le grandi emergenze mondiali, ce ne sarebbe abbastanza anche di emergenze nostrane (dal crollo dell’Università alla penetrazione della n’drangheta in Lombardia) per dedicarci ad altri argomenti. La stessa questione della Giustizia, tutt’altro che secondaria e meritevole di celere intervento, presenta ben altre urgenze che quelle della pretesa riforma berlusconiana.

E, diciamola tutta, non è colpa solo di questo anziano signore non più vigile come un tempo, anche l’opposizione -che da due anni, ossessivamente, non suona altro spartito che quello delle particolari abitudini sessuali del Cavaliere-  ha le sue responsabilità in questo senso.
Buon per noi che si avvicina una scadenza referendaria che ci costringerà a parlare di cose un po’ più reali. Forse questa sarà davvero l’ultima occasione per dare una spallata ed uscire da questo ignobile pantano in cui siamo precipitati.

Allora, forza, rimbocchiamoci le maniche  e prepariamoci allo scontro.

Aldo Giannuli

Aldo Giannuli, Ma è un film di Bunuel?ultima modifica: 2011-03-21T17:16:17+01:00da mangano1
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