Massimo L. Salvadori, Il Pd variante di Babele?

da IL RIFORMISTA Unknown-2.jpeg

 

Il Pd variante di Babele?

di Massimo L. Salvadori
Dove va il Pdl? È guidato da un leader che pare davvero giunto al tramonto; ha provato a darsi in stile craxiano un nuovo segretario che ha subito mostrato di essere un uomo di paglia al servizio degli interessi privati…

Dove va il Pdl? È guidato da un leader che pare davvero giunto al tramonto; ha provato a darsi in stile craxiano un nuovo segretario che ha subito mostrato di essere un uomo di paglia al servizio degli interessi privati di quello; maschera un’unità che non corrisponde più alla realtà; vede la santa alleanza di governo con la Lega ormai profondamente incrinata; si avvia a saper sempre meno governare se stesso, mentre è via via maggiore il numero di coloro che considerano questo processo franoso del Pdl e del centro-destra alla stregua di una «primavera politica del popolo italiano».
Ma l’ottimismo di quanti non vedono l’ora che si chiuda un capitolo tanto buio della storia della Repubblica sarebbe assai maggiore di quanto non sia se alla domanda iniziale non si dovesse far seguire un’altra domanda: dove va il Pd?
Alla crisi del Pdl e del governo del Cavaliere si vorrebbe vedere contrapposta una forte iniziativa delle opposizioni, guidata dal partito di Bersani. L’esito delle amministrative di giugno e dei successivi referendum costituiva la premessa favorevole per un’energica e dinamica strategia delle forze antiberlusconiane. Sennonché, mentre il Centro di Casini ha da tempo reso chiaro quali siano le sue essenziali finalità strategiche, alla sinistra del Centro regnano incertezza delle linee, tensioni tra le sue componenti e rivalità tra i leader.
La maggiore responsabilità per la riorganizzazione dello schieramento che mira ad offrire un’alternativa al centro-destra cade ovviamente sulle spalle del Pd. Orbene, la risposta che sta dando il Pd non è confortante. Riflettiamo anzitutto su quanto sta accadendo al suo interno in relazione alla cruciale questione della riforma del sistema elettorale.
Scontato il comune deciso no al Porcellum, ecco che assistiamo allo spettacolo sconfortante dell’emergere in materia di due proposte in competizione in vista di un referendum. Ma non ci si rende conto di quanto ciò danneggi l’immagine di un partito che si candida a risollevare il paese? Di quanto ciò contribuisca a rinfocolare l’idea che il centrosinistra stia riproducendo i contrasti che lo privarono di quel tanto di omogeneità che è indispensabile per governare? Bersani ha cercato di parare il colpo affermando che il Pd non promuove referendum, i quali sono compito dei gruppi della società civile. A parte la stranezza dell’affermazione, quel che rimane è lo spettacolo di un partito che non è in grado di offrire una posizione unitaria su un tema tanto importante. Da ultimo, è venuto il non certo brillante voto di astensione sull’abolizione delle province
Da tutto ciò sorge l’ulteriore domanda, che si vorrebbe non dover porre, ma a cui danno senso la sua recente storia e la sua politica presente: ma che cos’è il Pd? Esso è nato da un amalgama tra Ds e Mergherita, alimentato dall’illusione veltroniana che si andasse verso un sistema bipolare consolidato dal progressivo consolidamento di un prevalente asse bipartitico; ma l’amalgama è presto andato male, e si è arrivati alla scissione del partito.
Il bipolarismo-bipartitismo si è rivelato il frutto di un’ambizione astratta, che non regge la prova – aggiungo purtroppo – della natura (fisiologica o patologica che si voglia) della politica italiana. È venuto l’abbandono dei «teo-dem» (non di tutti) per l’impossibilità di governare i contrasti, non superati, relativi ai problemi della laicità. Ancora non si capisce quale sia la natura di «sinistra» del partito. Sono rimaste aperte le tensioni tra i leader delle diverse correnti e tra «i giovani» e «i vecchi». E aperti anche i conflitti, che investono l’interno corpo del centrosinistra, attinenti alle alleanze atte a costituire l’alternativa di governo e ai candidati premier. Si potrebbe continuare, ma il quadro è sufficientemente tracciato.
Il Pd vuole – e ci auguriamo sinceramente che possa farlo – vincere la sfida della guida prima del centrosinistra e poi dell’Italia. Ma, per conseguire lo scopo, deve far capire, e rapidamente, che un partito ha da essere un partito. Il pluralismo è un valore democratico irrinunciabile, ma diventa sintomo di malattia quando la volontà e la capacità di «vivere insieme» si sviliscono dando troppo spesso luogo ad una variante della Torre di Babele.

Massimo L. Salvadori, Il Pd variante di Babele?ultima modifica: 2011-07-08T11:22:47+02:00da mangano1
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