Vincenzo Consolo, cara sinistra attenta al disincanto

47e1ec72ef2b9b6f2c23b241ac1ec6a4.gifintervista di Tonino Bucci a Vincenzo Consoloda ” Liberazione” 22 febbraioParla lo scrittore siciliano, autore di recente di un appelloper Rita Borsellino. Hanno aderito intellettuali e artistiQuesto ci insegna di che carne e corpo è fatta la ricchezza del nord industriale. Di quella degli operai del sud. Bisognerebbe dirlo ai leghisti… Vero. Ci fu un tempo in cui non si affittavano case ai meridionali.Ancora oggi c’è una migrazione dal sud verso il nord, ma è di tipo intellettuale, sono giovani e laureati. Se l’onorevole non ti raccomanda per un posto sei costretto a partire. Il clientelismo è più incombente.Oggi si discute tanto dei mali della politica, del sistema clientelare, del voto di scambio. Tutto vero. Ma non è esagerato dire che tutto il male si trova nella politica e tutto il bene nella società civile? L’antipolitica è qualunquismo. Sono allarmato quando sento i comici e la gente di spettacolo che invita a strappare la scheda e a non votare. I divi e i comici sono diventati opinion leader. L’intellettuale vero è scomparso nella società dello spettacolo, non ha più voce. I tempi in cui Moravia, Sciascia, Calvino, Pasolini scrivevano sui giornali e aprivano dibattiti, non ci sono più. Adesso abbiamo comici, saltimbanchi e veline. Questo, ormai, è un paese “telestupefatto”. Grazie a Berlusconi. L’Italia, come avrebbe detto Pasolini, è un paese antropologicamente mutato.Forse non abbiamo ancora capito cosa è stato il berlusconismo, come ha cambiato in profondità la società. No?E’ stato una devastazione delle coscienze, della mentalità.Allora non basta prendersela con la politica, non serve il qualunquismo. Dobbiamo mettere a nudo il tipico atteggiamento italico, di chi si rivolge al politico per la raccomandazione e la “spintarella” in cambio del voto. Ammettiamolo, siamo anche noi, noi cittadini, noi elettori che roviniamo la politica. O no?Mi ricordo di un articolo di Calvino su Repubblica del 1980 che era intitolato “Apologo degli onesti nel paese dei corrotti”. Era un ritratto dell’Italia, diceva che ci sono gli onesti che agiscono per senso civico, per ragioni morali, e che però vengono sopraffatti dalle trame della corruzione. Sono quasi invisibili. Era l’80 e il fenomeno del berlusconismo non c’era ancora.C’è chi definisce il veltronismo una versione di sinistra del berlusconismo: oligarchia, poteri forti, abilità nella comunicazione e vocazione plebiscitaria. E’ d’accordo con questa tesi?Non so. Mi fa piacere però che il Pd non pratichi gli schermi televisivi. Veltroni cerca di incontrare le persone, la trovata del pullman in giro per l’Italia mi sembra un modo per vedere la realtà e non più per fare solo spettacolo. Sul piano simbolico mi sembra una novità rilevante. Lo scrittore statunitense Ray Bradbury racconta ne Gli anni della fenice (da cui è tratto il film Fahrenheit 451 ) di un paese dove si distruggono i libri. La moglie del protagonista interloquisce in casa con gli schermi televisivi. Ecco, questa è l’immagine dell’Italia di oggi. Ma anche Orwell di 1984 potrebbe funzionare come riferimento letterario. C’è lo stravolgimento delle parole, “guerra” diventa “pace”, “menzogna” diventa “verità”. Hanno vinto gli “ocoparlanti”, quelli la cui lingua non ha più rapporti con il cervello.La connessione sentimentale tra partito e popolo si è rotta. E’ anche una questione di linguaggio?Li Causi, lo ricordavo prima, faceva i comizi in siciliano, seduto su un muretto. I contadini lo ascoltavano. Dobbiamo ritrovare il senso delle parole.I partiti diventano “leggeri”, servono come macchine elettorali. Ai congressi votano per confermare i propri leader e poi nulla più. Restano solo i capi che sfruttano i media per scavalcare qualsiasi organismo collettivo. Come se ne esce da questa crisi di partecipazione?Io ho conosciuto la politica dal basso, quella che si faceva nelle sezioni. E’ stata cancellata. Anche a sinistra, purtroppo. Ho tanta malinconia. Tutto avviene ai vertici, le decisioni ci vengono calate dall’alto. Un tempo si discuteva di più, a tutti i livelli. La comunicazione oggi è impositiva. Non sopporto più questi ocoparlanti, il loro linguaggio corporale, il loro modo di vestirsi. Non è qualunquismo. L’Italia si è americanizzata da tempo. Ma noi, come tutti gli imitatori, rischiamo d’essere un po’ ridicoli. Tu vo’ fa l’americano.Abbiamo la sensazione di una politica fredda che trascura i simboli, incapace di suscitare passioni. Da scrittore, cosa ne pensa?Sì, è vero. C’è in molte persone che si dichiarano di sinistra, una certa sfiducia o disillusione. Sentono il dovere di aderire e di dare il voto come hanno sempre fatto. Ma non c’è la speranza e l’entusiasmo che vedevo negli anni passati. Prevale il disincanto. Rimane solo la paura del peggio. Il ritorno di Berlusconi. Forse era pessimista, ma Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli diceva: “cambieranno nome e bandiera, ma rimarrà sempre l’eterno fascismo italiano”. Non c’è stata nessuna epurazione.Anche Bobbio lo diceva, l’Italia è di destra. La cultura di questo paese resta in mano alla piccola borghesia. Il guaio è che la classe operaia è diventata invisibile. Il proletariato non c’è più.Da Portella della Ginestra alle bombe della strategia della tensione fino alla P2 e al berlusconismo. Agli sconfitti risulta difficile scrivere la storia…Il poeta Machado durante la guerra civile spagnola diceva: «Desperados esperamos todavia».

Vincenzo Consolo, cara sinistra attenta al disincantoultima modifica: 2008-02-22T13:15:31+01:00da mangano1
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