Ermanno Caccia, Antropologia del corpo

ba002e4a91a2d2ad5ae7e7ca63dc5b87.jpgdal quotidiano L’AVANTI http://www.avanti.it23 aprile 2008Ermanno Caccia, L’ultimo saggio scritto da Mario Bizzottorecensione del saggio: Il corpo e il volto. Linguaggio, pudore, malattia” di Mario Bizzotto (Studium, 227 pagine, 19 euro)in fotografia HONORIN di Tolouse Lautrec +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++La riflessione contemporanea sull’uomo e sulla sua antropologia è spesso considerata come parte marginale di qualche evento culturale. Le riflessioni, allora, convergono sull’analisi di blasonati e autorevoli contributi inerenti l’uomo. Difficilmente si affrontano nella quotidianità riflessioni sull’essere umano, sul complicato rapporto esistente tra corporalità e uomo, tra corpo malato e uomo, su concetti quali il pudore. Sommariamente rileghiamo questi aspetti o a concezioni moraliste, iper-moraliste della contemporaneità o, peggio ancora, ad aspetti scontati che non necessitano di approfondimenti. A forza di dare tutto per scontato, ci si accorge che questi concetti fondamentali e costitutivi della stessa persona umana appaiono inesistenti nel dibattito culturale del nostro Paese e che, se tralasciati, impediscono una serena discussione che riguarda anche e soprattutto questioni etiche. Questa constatazione deriva dalla lettura del saggio “Il corpo e il volto. Linguaggio, pudore, malattia” di Mario Bizzotto (Studium, 227 pagine, 19 euro), nel quale ci è parso di cogliere riflessioni interessanti che valgono la pena di essere accennate, anche per quei lettori ignari di antropologia filosofica, al fine di poter meglio comprendere termini e questioni basilari per poi immergersi eventualmente in ben più dispendiose discussioni.Si parla spesso di corpo umano confondendolo con l’organismo. Sembra una questione squisitamente speculativa, ma la distinzione sottintende che il corpo è guidato da uno spirito. L’organismo vivente soggiace a leggi biologiche, ne più e ne meno come fosse un corpo animale. Ne consegue che la malattia ha nella sua duplice lettura un significato diverso. È l’aspetto culturale che entra in gioco e permette un’interpretazione diversa. Senza questa distinzione, la malattia diventa una figura carente, imprecisa rispetto a funzioni vitali proprie dell’organismo vivente. Essa assume significati diversi in presenza di una lettura culturale dello stesso corpo malato. Diventa la lettura di un rapporto, più o meno riuscito, tra natura e cultura. Il corpo umano è tempo: passato, presente e futuro. Il corpo, che noi si voglia o no, memorizza concetti che sfuggono alla nostra coscienza, pronti per essere utilizzati dal corpo stesso in situazioni contingenti, il tempo passa ma la memoria corporea non dimentica. Il sentirsi corporeo necessita di uno spazio, “l’essere” corpo diventa anche “avere” un corpo; ne consegue quindi che corpo non si nasce, ma corpo si diventa in un processo che non può mai definirsi concluso o conclusivo. Cultura e corpo, termini che possono indicare collettività e singolarità dell’individuo, si scoprono avere legami imprescindibili, il corpo diventa co-protagonista di cultura. Il corpo come soggetto culturale necessita di una collaborazione oltre che fisica anche mentale, spesso astratta per vedersi, magari, fondersi in un tutt’uno. Il pudore ha queste caratteristiche: valori e fisiologicità si intrecciano insieme. Il pudore è accorgersi del proprio corpo, è un incontro con il proprio corpo nella duplice operazione di dimenticare se stesso e, nello stesso tempo, di prendere coscienza di sé in presenza di qualche sorpresa sgradita. In mancanza di pudore vediamo l’insorgere nell’individuo e nella società di mali più o meno evidenti: l’esibizionismo, il narcisismo, la violenza. Il pudore, secondo analisi cliniche e secondo l’esposizione di Bizzotto, è costitutivo dell’uomo. E’ un’esplicita risposta alla falsità. Non tutto ciò che si è deve essere esternato. Il corpo umano allaccia di continuo contatti, è un divoratore del contatto con il mondo, con gli altri uomini. Il corpo parla di continuo, con il volto che racchiude mille messaggi che sono tanto veri quanto lo sono le sue espressioni, lo fa con la mano, organo intelligente con cui esprime un linguaggio misto di ricezione e di invenzione. Ma il corpo parla sempre, non sempre allo stesso modo. Il corpo che si ammala parla con un linguaggio ricco di insegnamenti, trasmette la voce del dolore. Il dolore rievoca il passato, è un parlare autobiografico, racconta la storia dell’individuo, esprime il suo essere precario e mortale. L’esperienza del limite umano la si può recepire anche quando il corpo è protagonista di imprese sportive, quando il corpo è sano; sani lo si è quando si è guariti, l’essere sano non è indistruttibile. Può sembrare un grosso paradosso, ma per essere sani si deve provare che cosa significhi la malattia. Quella di Bizzotto è un analisi puntigliosa, ricca di riferimenti e esempi clinici che portano valore aggiunto alle proprie compiute analisi e affermazioni che partono da ovvietà, che tanto poi non sono. In vista di ampie e interminabili discussioni in merito a questioni etiche che riguardano un po’ tutti, consigliamo un approccio e una lettura al testo; probabilmente i tanti equivoci generati sulle spinose questioni potrebbero felicemente svanire.

Ermanno Caccia, Antropologia del corpoultima modifica: 2008-04-25T19:01:23+02:00da mangano1
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