Giliat,El Quinto ADDIO A MARCELLO VENTURI

733b30bba6663a241ed99a9ca2fd072c.jpgPostato da: georgiamada Marcello Venturi1925-2008E’ morto Marcello Venturi, il grande amore di Anna Maria Ortese, oggi Giorgio Di Costanzo gli dedica nel suo blog un bellisimo post con una poesia di Anna Maria Ortese a lui dedicata, ve lo posto per intero. Vi segnalo inoltre che QUI potete leggere una intervista di a Marcello Venturi e QUI un suo racconto”Vacanza tedesca”.A Marcello Venturi aveva dedicato una lettura del suo romanzo Bandiera bianca a Cefalonia, Bartolomeo Di Monaco il 7 novembre 2007 (georgia)Addio a Marcello Venturi(Gilliat, El Quinto)++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++Ieri ha terminato il suo viaggio lo scrittore (e partigiano) Marcello Venturi.Era nato nel 1925.Nel 1945 collabora al Politecnico di Vittorini e l’anno successivo vince ex aequo con Italo Calvino le 50.000 lire del concorso bandito dall’edizione genovese dell’Unità per narrazioni che si richiamano alla Liguria (fra i cinquecentoventi partecipanti entrano nella rosa finale solo quattro autori, fra cui Giorgio Caproni).Dal 1948 lavora alla redazione milanese dell’Unità, prima agli interni, poi come capo servizio alla cultura. Ed è lui a offrire ad Anna Maria Ortese (ebbero una lunga relazione d’amore) la possibilità di collaborare.Redattore della casa editrice Feltrinelli, subentrato a Luciano Bianciardi, Venturi si occupa di narrativa italiana. Nel 1963, pubblicò Bandiera bianca a Cefalonia.Così Marcello Venturi ricorda Anna Maria Ortese: Tutto il dolore del mondo splendeva, come una quieta fiamma scura, nel fondo dei suoi occhi.Era una creatura che apparteneva, per dono di nascita, alla schiera degli sconfitti, dei perdenti.Persino nella scomparsa di una gatta – la gatta grigia – riusciva a trovare una comunanza di destini incrociati – lei e la gatta – vittime ambedue della crudeltà della vita.E con lei la vita era stata crudele davvero, se è vero che, ancora giovanissima, un paio d’occhiali le avevano fatto scoprire le bruttezze dei Granili anziché le bellezze del Golfo. Se è vero che, ancora bambina, aveva conosciuto la malinconia dei contadini poveri, emigrati in Libia, in cerca di terra buona da far fruttare. E che invece non fruttò.Si direbbe, in altre parole, che avesse una predestinazione segnata, già scritta, per le sventure e le scelte sbagliate. E che fosse condannata a non uscirne fuori.Persino nella scelta di una camera ammobiliata, o di un minuscolo monolocale dove poter scrivere e dormire, darsi una parvenza di normalità – farsi un caffè o un uovo al tegamino – persino lì sbagliava. C’era sempre, nell’appartamento accanto, una squadra di muratori all’opera, che dalla mattina alla sera battevano martellate sulle pareti impedendole di lavorare.Scriveva di notte, pertanto, in quella breve pausa di silenzio che Milano le consentiva, in corsa con i muratori che all’alba sarebbero tornati.E forse per questo le sue pagine risultavano spesso come scritte sopra le righe, pervase da una febbrile ansietà, o paura di qualcosa che la sovrastava e terrorizzava.Procedeva per eccessi, insomma.La scomparsa della gatta grigia, quel pomeriggio d’inverno, da fatto personale si era dilatato oltre i confini domestici, per assumere valenze universali: la sofferenza degli animali e degli umani, la solitudine della nostra condizione, questo nostro ritrovarci proiettati tra terra e cielo senza sapere perché né a che fine.In conclusione, visse e scrisse in uno stato di perenne incertezza, di angoscia, di dolente solidarietà con gli offesi, essendosi da sempre sentita, lei stessa, offesa e sopraffatta dalle multiformi violenze della società.E anche quando certe sere, in casa di Mario Schettini ci trovavamo per passare qualche ora in compagnia, allora anche lei, tra quei poveri bicchieri di vino rosso e le nostre stonate canzoni della rivoluzione spagnola, per un breve attimo di felicità sorrideva.Ma nel fondo del suo sguardo rimaneva quella luce scura, quel dolore per le pene degli esseri viventi e i misteri del cosmo.A Marcello Venturi Anna Maria Ortese dedicò questi versi:Il cielo sulla mia testa,l’azzurro che mi guarda,il sole che mi abbraccia,le montagne che ardono immobili,il vento che grida sulla mia fronte,sei tu.Sei anche il mio paese, sei la speranza.Per quelli che non ti hanno visto,ho un’ansia nel cuore,vorrei regalare il mio amore.Ma non ancora. Rimani,dolcezza, a guardarmi. Gelo,neve, torrentidi tenebra e di dolore,colpirono la mia memoria,ogni strada chiusero, e storia.Come hai fatto a venire qui?Mia bandiera di seta celeste,sono una terra che duole.Mio fratello caro,padre e bambino mio,non avevo nulla di cui bearmi,ora guardo i tuoi occhi.Quando morirò, volate,fonti azzurre, a cercarealtra sete e fame,altro scuro deserto.Io non ho più paura,non voglio che altri ne abbia.Guardati intorno, consolazione,corri, speranza,scendi, giovane fiume, luce purasulle pietraie del mondo.Oh amore, battetroppo il mio cuore perché io non sappiad’essere sveglia, ma un solecosì alto fa piangere. Riposa,sulla mia gola, riposa,coprimi gli occhi cara bandiera.Dal blog Anna Maria Ortese

Giliat,El Quinto ADDIO A MARCELLO VENTURIultima modifica: 2008-04-25T19:09:23+02:00da mangano1
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