Attilio Mangano, Subumano? A chi? Attenti alla mostrificazione
da filosofiadipeterpan@yahoogroups.com
Mi spiace segnalare la brava Mariuccia Ciotta che sul MANIFESTO di ieri ha parlato di una ” Roma consegnata nelle mani di un interprete dell’Italia subumana , rancorosa e mentalmente squadrista, qualcosa che va al di là
della nomina del sindaco della capitale” e quindi di una ” mutazione antropologica della società italiana” sintetizzabile nel fatto che ” il popolo che ” non arriva alla fine del mese” ha chiesto e ottenuto di diventare modello di riferimento della politica con i suoi peggiori sentimenti di rivalsa sui più deboli”.
Spiace perchè il termine SUBUMANO, lo si sappia o no, rientra in quel gergo novecentesco che adoperavano i nazisti nei confronti degli ebrei e riesuma dei modelli, poi perchè il tema delle mutazioni antropologiche ha i suoi seri e rigorosi precedenti interpretativi ed è uno dei luoghi critici che merita una maggiore attenzione nell’analisi sociologica e nelle questioni di metodo, occorre quanto meno un Pasolini che ci parli della scomparsa delle
lucciole, dell’omologazione dello stile e dell’abbigliamento nei giovani di destra e di sinistra negli anni settanta, di processi cioè insieme superficiali e profondi che si caratterizzano come veri e propri ” sintomi”. In realtà un
risultato elettorale va letto alla luce di altri fattori più strettamente politico-elettorali e se proprio si vuole cominciare a usare categorie particolari occorre far riferimento alla quarantennale discussione interpretativa sul ruolo del modello POPULISTA ( di destra e di sinistra o anche oltre) nei sistemi politici ,in Europa e non solo, un fenomeno che comprende dunque anche Chavez, Sarkozy, certo anche Berlusconi e perfino Beppe Grillo, obbligando ad analisi ancora e meglio differenziate.
Se il problema è dunque proprio quello di capire più a fondo quanto di vecchio e di nuovo, di equivoco e di anomalo venga a galla in tutta una serie di culture politiche POST ( post moderne, post industriali, post fasciste, post comuniste) già è opportuno riconoscere in partenza come questo primo approccio interpretativo tipo post sia transitorio e inerente appunto delle transizioni, non delle degenerazioni.
Se invece si ricorre alla facile mostrificazione non si capisce mai niente, non si capisce più nemmeno quanta ANOMALIA e quanta NORMALITA sia presente , si cade nel discorso del subumano e siamo solo al vecchio odioso insulto. Mi piacerebbe sapere con quale schema mentale un qualunque Gianni Alemanno finisca con l’essere presentato come interprete di un’Italia subumana.
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Caro Attilio,
Qui, pur dandoti sostanzialmente ragione, devo anche dirti (serenamente, pacatamente direbbe il buon Walter) che la tua
‘narrazione’ non basta. Non basta a capire il “mutamento” intervenuto.
Come, infatti, comprendere – oltre Roma e le demonizzazioni di Alemanno -, le passioni (ah benedetto Spinoza) della società italiana nella quale siamo oggi immersi e ri-progettarne un via d’uscita ‘a sinistra’? Come poter ritrovare le ‘condizioni’ costituenti di una nuova possibile soggettività popolare, operaia e proletaria?
Mentre nell’Accademia democratica i Veltroni e Franceschini dissertano
sul disincanto post-fordista e sulle necessità del Capitalismo ‘ben temperato’ Noi (rancorosi “comunisti” direbbe il Cavaliere) che dobbiamo fare? Blandire il nuovo Principe senza alcun rapporto con i molti luoghi del
disagio in trasformazione? Suvvia Attilio, non ricordi il vecchio buon metodo dell’operaismo, della ricerca sul campo dei tuoi (nostri) fratelli Maggiori Cesco Chinello, Luciano Ferrari-Bravo e Cesco Tolin ? ( e cito i ‘puri’ quelli che, probabilmente, ti sono stati e ti sono più cari).
Hai visto dove ci ha portato l’idea veltroniana di sinistra che ha sorvolato – e continua a sorvolare – la materialità reale del disagio sociale per calarsi (con l’abito buono) nei Festival del Cinema e nei colti salotti letterari? Ricominciare a “sporcarsi le mani” caro Attilio, “mettersi nel mezzo”, questo bisogna urgentemente iniziare a fare!
Narrare la precarietà esistenziale, le nuove solitudini operaie e urbane, le difficoltà della seconda settimana del mese, le nuove geografie del conflitto sociale, il devastante impatto della globalizzazione!
Altro che riposizionamenti centristi! Ricostruiamo, quindi, ‘sul campo’ il Sociale sfrangiato; ritroviamo il bisogno antico e moderno di Comunità!