Lucia Annunziata , Casta a sinistra

f12b97ae7450e0c2d241ee0d22d442df.jpgda LA STAMPA Lucia Annunziata, Casta a sinistra Per chi suona la campana della Casta?, ci siamo chiesti per quasi un anno intero, mentre il fenomeno ingrossava le rendite delle librerie e le piazze. Avevamo risposto un po’ in coro (ché il mondo intellettual-giornalistico-politico non è vittima, come dice Grillo, di servitù, ma di conformismo) che suonava per tutti. Certo l’attacco arrivava dritto contro il centro-sinistra, veniva riconosciuto, ma, si aggiungeva: «Solo perché è al governo». Il centro-destra del resto si sentiva ugualmente impaurito da quelle piazze insultanti.In una intervista proprio a questo quotidiano Gianfranco Fini, allora presidente di An, appena tornato dalle vacanze, diceva «le critiche toccano anche noi», e che solo «la buona politica in futuro ci può far affrontare meglio queste sfide». Ma il famoso sermone di John Donne, citato da Hemingway, quello secondo il quale nessun uomo è un’«isola», rispondeva alla domanda più precisamente: «… non chiedere per chi suoni la campana. Essa suona per te». Per ciascuno di noi. Questa campana (di morte perché in inglese «to toll» si riferisce al tocco del lutto) non è cioè un avviso generico, ma una specifica attribuzione di responsabilità individuale. Un anno dopo la comparsa del fenomeno, e a voti consolidati, possiamo allora forse oggi attribuire questa responsabilità: la Casta che veniva attaccata dal malumore popolare non era l’intera classe politica, ma solo quella del centro-sinistra.Questo ce lo dicono intanto i numeri. Un tale dislivello di fiducia fra centro-destra e centro-sinistra non può essere spiegato da conversione ideologica, ma solo, come ormai tutti paiono accettare, da una crisi di rappresentanza. Concetto centrale della filosofia politica dalla Rivoluzione Francese in poi, la rappresentanza politica è il rapporto fra individuo e istituzione, la possibilità del singolo di vedere affettivamente soddisfatta la volontà espressa nella sua delega. L’antipolitica, al di là degli insulti con cui ha condito i suoi attacchi, ha sollevato appunto questo problema: la frustrazione dei cittadini, il distacco fra elettori ed eletti. Con una aggiunta che solo il voto ci ha reso visibile: questa frustrazione ha colpito più il blocco di centro-sinistra che quello di centro-destra.Il perché, a questo punto, non è poi difficile da capire, anche solo prendendo in considerazione le parti più banali di questo processo. L’antipolitica ha battuto nei mesi scorsi su una pubblicistica moralisteggiante, descrivendo le élite politiche con categorie ineffabili, e crudeli – salotti, radical-chic, distanza – descrivendo una società divisa in due, con da una parte un luogo dorato e quieto, di scambi di parti, di ruoli e di favori, dall’altra il luogo dei bisogni reali, concreti, banali e solidi, della gente «comune». La divisione, pur semplificante, è diventata una potente ed efficace arma di attacco, perché ha messo il dito su una delle principali malattie del mondo contemporaneo: il privilegio. E cosa è il privilegio, oggi? Non la ricchezza – che si può acquisire; non la professionalità – che si può acquisire. E’ la capacità di avere accesso facile alle risorse: cioè avere molto, a sforzo minimo. Da dove nasce questo privilegio? Dalla capacità di lavorare nel sistema, usarne le pieghe, manipolarlo.I nuovi «cattivi» sono infatti oggi i finanzieri, i manager delle stock option, i mandarini delle istituzioni, i gestori della proprietà pubblica, e, infine, i politici. Un intero mondo di chierici che dovrebbe essere il garante delle risorse pubbliche e ne diviene invece il facilitatore per un piccolo gruppo di «privilegiati» appunto. E’ un fenomeno che sulla carta dovrebbe accomunare destra e sinistra. Ma, come si diceva, porta sotto accusa invece solo il centro-sinistra. Perché?Primo perché la sinistra promette nel suo programma l’uguaglianza; secondo perché la classe politica di sinistra è statalista: promette dunque uno Stato amico e padre. Quando il centro-sinistra trasforma la sua rappresentanza in un mestiere del privilegio, e vive alle spese dei cittadini, commette un tradimento doppio. Mentre il centro-destra, percepito come rappresentante di un mondo e di una ideologia della ricchezza, è caricato di meno attese. Agli occhi di chi sceglie a sinistra le pensioni parlamentari, le macchine blu, il balletto di incarichi nazionali che si avvicendano tra poche persone, sempre le stesse, le liste bloccate e decise dall’alto, il verticismo, agli occhi degli elettori del centro-sinistra diventano i simboli, per nulla irrilevanti, della disparità del loro rapporto con chi li rappresenta. Il privilegio contro cui si è scagliata in Italia l’anticasta, il rimprovero nato dentro la sinistra dalla sua stessa base contro le élite al suo interno – politici, giornalisti, manager – è lo specchio non di un collasso di gestione, ma del collasso di una comunità di intenti.La Casta è stata dunque trovata. Per questo diciamo che per il centro-sinistra quella di oggi non è solo una sconfitta elettorale, ma il rischio che il suo mondo scompaia. Capire chi e come rappresentare sarà il lungo lavoro di ricostruzione della prossima opposizione. Ricordando che in altri Paesi un processo così disarticolante è già avvenuto: dopo Clinton e dopo Blair ad esempio, e dopo Jospin. E che i segni di recupero non sono esattamente dietro l’angolo.

Lucia Annunziata , Casta a sinistraultima modifica: 2008-05-01T21:05:02+02:00da mangano1
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