Luca Ricolfi, Ridateci Sabina

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dal quotidiano LA STAMPA 11 giugno 2008

Il governo sta pensando di limitare le intercettazioni telefoniche, giudicate troppo numerose e lesive del diritto dei cittadini alla privacy. Molti magistrati e politici (non solo di centro-sinistra) criticano il governo perché in questo modo toglierebbe alla magistratura e alle forze dell’ordine un’arma decisiva nella lotta contro la criminalità, che pure pare essere tra le priorità fondamentali del governo stesso.

L’iniziativa del governo, infine, spiazza quanti – soprattutto nel Pd – vedono nel dialogo governo-opposizione una delle condizioni necessarie per fare uscire la nave Italia dalle secche in cui si è incagliata negli ultimi anni.

Il dilemma fra tutela della privacy e contrasto alla criminalità è, in qualche misura, uno di quei problemi che non hanno soluzione, e che proprio per questo vengono affrontati in modo ideologico, o se preferite in base a principi generali e astratti: i giustizialisti doc se ne infischiano della privacy se la sua violazione è necessaria per punire i colpevoli, i liberali doc se ne infischiano della lotta al crimine se in suo nome qualche innocente rischia di essere preso in mezzo. V’è da chiedersi, tuttavia, se il problema appaia irrisolvibile anche perché lo impostiamo male. Forse, in materia di sicurezza e privacy, i corni del dilemma non sono due ma tre: c’è la sicurezza, c’è la privacy, ma c’è anche l’informazione, ossia il diritto dei giornalisti di pubblicare le conversazioni intercettate e il diritto del pubblico di conoscerne il contenuto. Questi tre beni fondamentali sono in competizione reciproca perché non è possibile proteggerli tutti e tre integralmente, come del resto è la regola per i «beni supremi». In qualche modo siamo costretti a scegliere, e talora – come ci hanno insegnato i classici, da Max Weber a Isaiah Berlin – la scelta può essere dolorosa, drammatica, o addirittura tragica. Per fortuna nel nostro caso la scelta è importante, ma non tragica. Possiamo rinunciare a un po’ di privacy per avere più sicurezza, oppure rinunciare a un po’ di sicurezza per avere più privacy. Inoltre il quadro cambia, e diventa ancor meno drammatico, se facciamo entrare in campo il terzo corno del dilemma, ossia i diritti dell’informazione.

Siamo sicuri che per tutelare la privacy il bene da sacrificare sia la sicurezza e non un pezzettino della cosiddetta libertà di informazione? Non potremmo continuare a intercettare e smettere di pubblicare? E siamo sicuri che, posto di fronte al dilemma, il cittadino normale preferisca disarmare la magistratura piuttosto che essere privato del gusto di conoscere dal vivo le miserie degli intercettati? O dobbiamo pensare che la pubblicazione delle intercettazioni sia indispensabile per «aiutare» i magistrati a fare fino in fondo il loro dovere? Non lo so, ma mi piacerebbe che governo e opposizione riflettessero anche su questo aspetto. Forse la via maestra non è limitare le intercettazioni in quanto invadono la privacy, ma impedirne la diffusione su giornali e tv perché i processi non si fanno in piazza.

L’idea governativa di ridurre drasticamente le intercettazioni e di limitarle ai reati più gravi (terrorismo e criminalità organizzata) è pericolosa non solo perché indebolirebbe l’azione di contrasto alla criminalità, ma perché – se attuata nei termini di cui si parla in questi giorni – ne distorcerebbe l’indirizzo, lasciando gravemente scoperto il fonte dei reati dei «colletti bianchi»: corruzione, concussione, insider trading, aggiotaggio, frodi e truffe varie. Se si imbarcasse su questa strada il centro-destra trasmetterebbe l’impressione di usare due pesi e due misure: pugno di ferro sulla criminalità di strada e un occhio di riguardo per i reati di politici, finanzieri e «furbetti» di ogni risma. Un errore che il centro-sinistra commise nella scorsa legislatura su un altro terreno, quello delle liberalizzazioni, quando con le «lenzuolate» di Bersani prese di petto alcune categorie professionali (base sociale del centro-destra) ma non trovò mai il coraggio di varare il disegno di legge Lanzillotta sui servizi pubblici locali, per non disturbare la propria base sociale. Chi pensa che il dialogo Pd-Pdl sia indispensabile non dovrebbe scordarlo: la base del dialogo non è la semplice buona volontà, ma la disponibilità a riformare l’Italia senza guardare in faccia nessuno.

Sulle intercettazioni, come privato cittadino, mi sento di dire questo. La sicurezza mi sta a cuore, come mi stanno a cuore la privacy e la libertà d’informazione. E tuttavia, se penso a quest’ultima, il fatto di poter apprendere «dal vivo» che Fassino si entusiasma per le manovre della finanza rossa, che Vittorio Emanuele di Savoia va a donne, che Berlusconi raccomanda due fanciulle in Rai, o che il governatore della Banca d’Italia trama nell’ombra non mi arricchisce per niente e mi fa solo venire una grande malinconia. Conoscere i dettagli sulle vicende di alcuni personaggi non modifica di una virgola l’idea che, sulla base di ben altri e più corposi elementi, mi sono fatto della classe dirigente di questo Paese. Semmai, a proposito di libertà di informare e di essere informati, sono altre le cose che mi mancano: una televisione meno in ginocchio di fronte alla politica, una stampa meno faziosa, più giornalismo di inchiesta, una vera e piena libertà di satira.

In breve, per me il bene primario è la sicurezza, perciò mi dispiacerebbe vedere che la politica mette i bastoni fra le ruote ai magistrati (anche se qualche ritocco alla disciplina attuale delle intercettazioni non guasterebbe). Quanto alla privacy e alla libertà di essere informati, mi sembra che proibendo la diffusione delle intercettazioni si può ottenere molta più privacy in cambio di ben poca informazione in meno. Tanto più che alla (lievemente) diminuita libertà dell’informazione si può rimediare a costo zero. Nessuna intercettazione in pasto ai media, ma in compenso: meno acquiescenza verso i politici, più inchieste à la «Report», ritorno della satira sugli schermi, a partire dai fratelli Guzzanti (possibilmente in prima serata). Insomma, se proprio volete toglieteci le conversazioni dei potenti, ma ridateci Sabina.

Luca Ricolfi, Ridateci Sabinaultima modifica: 2008-06-11T16:30:53+02:00da mangano1
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