Attilio Mangano, La riscoperta di Goliarda Sapienza

2c50d35ea5c06509cd36125f6f9d0011.jpgsegnalo su LA REPUBBLICA del 25 giugno l’articolo di DARIA GALATERIA, GUERRA E PACE IN SICILIA, un romanzo pieno di febbreche RISCOPRE ancora il successo del libro L’ARTE DELLA GIOIA di GOLIARDA SAPIENZA- un vero caso letterario, umano, culturale, in tutti i sensi. A questo proposito aggiungo due testi sull’argomento, usciti negli anni precedenti, che aiutano a ricostruire la vicenda nel suo insieme- ( Attilio Mangano)CASI LETTERARI Riscoperta in Francia, ora l’Italia ripubblica i romanzi della scrittriceGoliarda Sapienza, dall’oblio a icona gauchejeudi 22 juin 2006. Goliarda Sapienza nel 1980 venne arrestata per furto di gioielli in casa di una conoscente. A causa del suo romanzo-monstre, L’Arte della gioia , questa figlia dell’intellighenzia socialista, presenza nota negli ambienti artistici e culturali romani, attrice, scrittrice, compagna per 17 anni del regista Francesco Maselli, si era ridotta in povertà, nella casa romana di via Denza su cui pendeva lo sfratto e dove era stata tagliata anche la luce. « Furto per disperazione » lo definì Angelo Pellegrino, lo scrittore che visse con lei per oltre vent’anni e poi divenne suo marito, curatore della sua opera, che ricorda anche quando, i primi tempi in cui abitava con lei, la donna di servizio, non pagata da troppo tempo, le fece pignorare una cassapanca del Settecento.Goliarda non vide l’uscita di quel romanzo a cui aveva dedicato tanti anni della sua vita : Pellegrino riuscì a farlo pubblicare postumo, da Stampa alternativa, nell’indifferenza del mondo culturale.Per uscire dall’ombra in Italia Goliarda Sapienza ha dovuto prima fare tappa in Francia, dove lo scorso anno il suo libro è stato tradotto, e lei è diventata in breve tempo l’icona della gauche intellettuale. Per mesi L’arte della gioia ha dominato le classifiche dei libri più venduti e appassionato i critici, che lo hanno paragonato ora a Il Gattopardo ora a Horcynus Orca e salutato la scoperta di una « narratrice meravigliosa nei suoi slanci a volte razionali, a volte passionali » (Le Monde ).Così, se a marzo Stampa alternativa ha ripubblicato la storia di Modesta, donna « libera e libertina » nella Sicilia di inizio secolo, Rizzoli riporta in questi giorni nelle librerie L’università di Rebibbia (pagine 196, euro 16), nato proprio dalla carcerazione seguita al furto (qualcuno disse ricettazione) di gioielli. « L’ho fatto per rabbia – raccontò all’epoca – per provocazione. Lei era molto ricca, io diventavo sempre più povera. Più diventavo povera più le davo fastidio. Magari mi invitava nei ristoranti più cari, ma mi rifiutava le centomila lire che mi servivano per il mio libro. Le ho rubato i gioielli anche per metterla alla prova, ma ero sicura che mi avrebbe denunciato ».Da questo diario-romanzo presentato la prima volta nel 1983 da Rizzoli come « un atto di coraggio alla Simone de Beauvoir » emerge la figura di una signora che parla in modo strano, troppo forbito per lo standard del luogo, guardata con sospetto dalle compagne di detenzione per i mocassini da « ottantamila lire » e la camicetta di seta, ma che presto capisce che lì non devi fingere di essere qualcun altro, se sei una borghese non puoi nasconderlo. L’Università di Rebibbia mostra lo spaccato di una realtà dove non saper giocare a carte è una colpa inammissibile, quasi come piangere troppo o confidare i propri timori per l’andazzo della causa, dove un minimo di rispetto viene concesso solo alle detenute politiche (« il carcere vero è quello del detenuto comune »). Qui, però, insieme a tanto abbandono e tanta disperazione, Goliarda scopre anche la solidarietà, il calore, l’amicizia per persone tanto diverse da lei ma che continuerà a frequentare anche una volta uscita. Riletto ora che la figura di Goliarda Sapienza comincia ad acquistare, anche per i lettori italiani, un profilo più definito, il volume si dimostra un tassello fondamentale per ricostruire la personalità di una scrittrice così pervicacemente esclusa dalla cultura ufficiale.D’altro canto tutta l’esistenza fuori dall’ordinario di Goliarda, compresi due tentativi di suicidio, l’elettroshock, la cura psicanalitica, è fortemente intessuta con la sua opera.La scrittrice nacque nel 1924 dalla « libera unione » tra Giuseppe Sapienza, avvocato antifascista che non la mandò neppure a scuola perché non sopportava di vederla in divisa da piccola italiana, e Maria Giudice, sindacalista, prima donna a diventare segretaria della camera del lavoro di Torino nel 1917, direttrice del « Grido del popolo » di cui era redattore Antonio Gramsci, incarcerata insieme a Terracini per la rivolta nel 1917 contro la guerra. Entrambi vedovi, unirono le due famiglie (lei aveva sette figli, lui altri tre) e insieme ebbero Goliarda, nata quando la madre aveva già cinquant’anni. Goliarda ebbe un’educazione anarcoide e atea, a sedici anni studiò recitazione all’Accademia d’arte drammatica di Roma, fu un’apprezzata attrice di ruoli pirandelliani, lavorò con registi come Luchino Visconti e Alessandro Blasetti, ma abbandonò le scene, rapita da una febbre per la letteratura che le diede soprattutto grandi delusioni.dal Corriere della sera del 22 giugno 2006L’arte E La Gioia Di Goliarda SapienzaPostato da saro fronte | 1 Giugno 2006“Sì, pronto.”“Buon giorno … non vorrei sembrare invadente. Ma, … ho finito di leggere in questo momento un libro, mi è piaciuto tanto. Non conoscevo l’autrice e nel risvolto di copertina ho visto che vive a Roma.” … Silenzio dall’altro capo del telefono, attorciglio il cavo della cornetta, ma dall’altra parte del telefono non mi viene nessuno incontro, a sciogliere l’imbarazzo, continuo … “quindi, ho dato un’occhiata all’elenco telefonico e mi è sembrato singolare trovare il nominativo nella guida, … mi sono detto: proviamo …”.“Vuole sapere se al numero a cui ha telefonato può risponde l’autrice del libro da lei letto?”“ Sì, ecco … mi scuso per il tentativo un po’ maldestro ma, volevo manifestare alla Scrittrice il mio apprezzamento … per il bel libro.”Maledetti silenzi al telefono, vi si sente l’eco delle sillabe stupide “Ecco, ora mi sento un imbecille, ma sa, nell’elenco c’era solo un nome che coincideva con quello dell’autrice. Ho creduto che potesse essere quello giusto.”.“In questa casa vive una scrittrice, ma è fuori città. Può dire a me se vuole, riferirò fedelmente.”.Mi avvitai nel tentativo di apparire più intelligente di quel che sono, più esperto del semplice lettore che sono. Insomma, tra capo e collo, incuriosendo la mia interlocutrice finì che avevo già l’indirizzo e che sarei potuto passare da lei l’indomani pomeriggio.Passai l’intera notte con “L’arte della Gioia” tra le mani. Ogni paragrafo succhiato con avidità. Come se quel susseguirsi di parole, abili della “Sapienza”, fossero già la pellicola di un film che rivedevo.Non ricordo cosa feci, al lavoro, nella mattina seguente. Sì, in ufficio ci andai, era un periodo gravido di attività e non potevo assentarmi, ma dovetti svolgere i miei compiti rifugiandomi nella routine. Non ricordo nulla delle pratiche, che mi passarono per le mani quel giorno, di quali mi occupai e quali altre smistai senza capirci una mazza. Rincitrullito dalla notte in bianco e carico di adrenalina per l’appuntamento pomeridiano, mi dissero che passai la mattinata cantando.Ora, voi mi chiederete perché sto divagando parlandovi del mio lavoro di allora, di quando ero a Roma, anziché raccontarvi direttamente dell’appuntamento pomeridiano. Che c’entra? Niente, rispondo. Ma mi piace ricordare che almeno c’è stato un giorno in cui ho cantato in ufficio. Anzi più di uno, dopo. Ogni tanto i miei colleghi piombavano in ufficio e sfilandomi gli occhiali mi chiedevano di “fare” Pino Daniele. Sì, perché io per Pino ci ho avuto sempre un debole e, non siate spiritosi, non soltanto per la canzone che state pensando mi abbia dato dignità: quella “che ogni scarafone è bello a mamma sua”. Io, con le canzoni di Pino ci sono cresciuto, prima che scoprissi la letteratura. Sì, perché “la lettura” l’ho scoperta più tardi, e me ne sono innamorato. Come d’ogni cosa o d’ogni donna di cui m’innamoro, mi ci sono buttato dentro anima e corpo, veramente nella lettura mi ci sono buttato dentro più con l’anima che con il corpo, se non fosse per quel po’ di vista che ho consumato sfregando lo sguardo sulle righe di scrittura. Ma, non di questo vi stavo raccontando, vi stavo raccontando del mio tentativo d’approccio con l’autrice del “L’arte della gioia”.Lo so, sono come un vecchio trentatregiri rovinato, salto da palo in frasca, d’accordo, siate indulgenti lasciate che la storia ve la racconti a modo mio, che ci volete fare, mi piacerebbe, ma non riesco ad essere accademico. Così la puntina fa un salto con la maledetta tosse del primo autunno e questa cazzo di sigaretta che ho acceso ed è già la terza. La spengo, dai entriamo in uno dei miei rifugi romani – Libreria Feltrinelli – pomeriggi interi a leggere quarte di copertina e paragrafi qua e là e, alla fine, comprare “il libro”. Uno per volta, da sempre la mia regola nell’acquisto di libri. Invece, quella volta, stavo facendo la fila alla cassa per pagare e all’allungai la mano per vedere da vicino l’immagine, in bianco e nero, di una faccia austera al centro di una copertina rossa. Un forte contrasto quello smarrimento severo rispetto alle scritte che c’erano nella copertina edizione “Millelire-più”. Rilessi il nome dell’autrice “Goliarda Sapienza”, non la conoscevo. Il titolo mi attirava. La collana era presentata da Marcello Barenghi, giornalista che seguivo sul quotidiano il Manifesto e pensai ad uno scherzo, qualcosa di frivolo da leggere senza impegno. Quel titolo mi seduceva “L’arte della gioia”. Era il mio turno alla cassa, infrangendo la regola, comprai due libri.Lei, Goliarda Sapienza, l’autrice mi punì immediatamente, per aver pensato di comprare qualcosa di leggero. Aspettando che passasse il “sessantadue”, l’autobus che prendevo per tornare a casa, iniziai a leggere il libro. Una sferzata d’attenzione cancellò ogni goliardia. In un attimo, rigo dopo rigo, mi riconfigurai, formattandomi all’interno dei vivi personaggi descritti con una notevole capacità narrativa tutta siciliana, con un retrogusto verghiano al femminile.****Ed eccovi me dodici anni fa, a Roma nel quartiere Parioli, mentre scendo dalla macchina, dopo aver parcheggiato dinnanzi al palazzo dove sto per entrare.E’ luglio, fa caldo nonostante l’aria si muova, poggio lo zainetto sul tetto della macchina ed infilo la giacca. Mi sento impacciato dentro al vestito chiaro in lino, ma sarà conveniente presentarsi a modo in casa di una Scrittrice che ha superato i settanta. L’inseparabile zainetto alleggerisce un po’ il mio aspetto, riconducendolo almeno in parte ai miei venticinque anni di allora.Leggo il nome sul citofono. Suono.“Sì.”.“Buonasera, ho telefonato ieri mi è stato detto che potevo passare …”“Entri. Fino all’ultimo piano in ascensore, quando esce sul pianerottolo, di fronte a lei vedrà una rampa di scale, salga ancora e mi trova.”Mi aggiusto i capelli, guardandomi allo specchio dentro l’ascensore, sono preda ad un trambusto di insicurezze. Ho il sospetto che ieri al telefono fosse lei. Seguo le indicazioni, salgo l’ultima rama di scale e mi ritrovo di fronte ad una porta socchiusa.Sulla porta c’è un grande cartello in cartone bianco, con una scritta tracciata con il pennarello nero. Mi fermo a leggere:Pietrificato, davanti alla porta rileggo.La persona al citofono mi aveva detto che salendo l’avrei trovata ed invece sono da solo davanti ad una porta socchiusa, dinnanzi ad un cartello attaccato alla buona con il nastro adesivo.Non c’è campanello. Busso alla porta e questa si apre ancor di più. Guardo dentro: un ambiente unico molto luminoso per via delle grandi finestre che attraversano tutta una parete dell’attico.“Si accomodi, non stia sull’uscio, mi dia un minuto ed arrivo.”. Sento la voce ma non vedo nessuno.Entro. Sono solo.In fondo alla stanza, sulla destra c’è una grande libreria, di fronte a me un salotto con due poltrone. A sinistra proprio sotto i finestroni, una enorme scrivania.L’ambiente è armonico nella globalità di colori pastello, con punti e contrappunti nella disposizione dei volumi dei mobili, gli oggetti sanno di antico ed orientale.Tutto mi sembra perfettamente disposto, come a seguire un ordine ben congegnato.Mi soffermo estasiato ad osservare la scrivania, non c’è dubbio che sia quella della Scrittrice. In essa c’è un apparente non cura, un turbolento caso che ha scompigliato i fogli.Rifletto sul trovarmi dentro la placenta che ha cullato il libro “L’Arte della gioia”. Dove si è nutrita la gestazione.Il tempo passa, non arriva nessuno.Ripenso all’avviso sulla porta, e provo ad immaginare Goliarda, la vecchietta dagli occhi preoccupati che è nella foto del libro.Credo che mi stia osservando. Avverto la sua diffidenza verso me che sono estraneo.Incrocio le braccia, guardo i fogli sulla scrivania. Mi viene in mente l’anonimo latino della Carmina Priapea “ Non dire di non essere stato avvisato, se qui verrai da ladro, te ne andrai inculato – trattengo il riso. Non vedo alcun computer in giro solo fogli fittamente scritti a penna, è evidente che la scrittrice lavori da antica artigiana. Il suo romanzo è stato pubblicato da due mesi. Mi chiedo come accade che un buon romanzo, di una scrittrice che ha visto i suoi lavori editi dalla Garzanti, dalla Rizzoli, finisca in una edizione economica per Stampa Alternativa.E’ chiaro che Goliarda Sapienza sia una persona scomoda al sistema.Ma questo era già palese leggendo la quarta di copertina del suo libro – Nata a Catania da famiglia atea socialista anarchica.Una persona che si definisce socialista quando non è ancora dimenticato il suono delle monetine lanciate al segretario del partito socialista alla fine della “Prima Repubblica”. Con il Laicismo ch’è un’ostentazione alla moda, chi sa come dovrà essere lei che in trenta righe per definirsi sottolinea il suo Ateismo e la sua Anarchia. Comodo definirsi Anarchici quando si vive in un bell’attico nel quartiere Parioli.Sento che qualcosa stride o, è solo la mia mente che tenta di screditarla: sono passati cinque minuti. Io sono dentro casa e lei, probabilmente ha deciso di non incontrarmi. Immagino sia nascosta da qualche parte, aspettando che mi annoi e vada via.“Si accomodi pure sul divano. Sto arrivando” di nuovo la sua voce, secca e determinata. Eccola mi stava osservando altrimenti come fa a sapere che non l’ho già fatto?Faccio quel che mi dice. Apro lo zainetto ed estraggo la copia del “L’arte della gioia”. La sfoglio distrattamente. C’è silenzio e tanto cielo al di la dei vetri. I suoi passi dal corridoio alla sinistra del divano proprio dove finisce la libreria. Ha i capelli più lunghi e svolazzanti rispetto al baschetto della foto di copertina del libro. Un abito troppo ampio per lei minuta, con una giacchetta in avorio in maglia di cotone. Sorride dietro al vapore della teiera fumante. Poggia il vassoio, io mi alzo, lei mi allunga la mano.Ci presentiamo: è Goliarda.E’ un fiume in piena. Inarrestabile. Mi fa sentire a mi agio. Parla, racconta, narra ed io ascolto estasiato d’un mondo tanto vicino alle mie origini geografiche quanto lontano nel tempo. Si sente tutta l’autenticità della vita vissuta. La Sicilia che ha abbandonato, quando aveva quattordici anni, per impossibilità a viverci per lei per la madre, dissero.Si tuffa nel tempo, mi da fiducia parla di sé. Ha tanto da raccontare e chissà da quanto tempo. Lei è orgogliosa di suo padre, un filo di orrore attraversa i suoi occhi. Sento che scava nella memoria, narra di un giovane che s’innamora di lei “a quattordici anni, credimi, ero ancora una bambina”.Goliarda racconta, sorseggiamo il tè. Cercando nei ricordi e sussurrando le parole: “Lui era il figlio di un notaio, suo padre voleva che noi ci fidanzassimo. Si presentarono a casa nostra e quando si spiegarono, mio padre li cacciò. Si offesero, sai, erano una famiglia importante in Sicilia. Da grande interprete imita la voce del padre nel dire “E’ ora che se ne và sta picciridda, ccà nun pò campari” poi con il suo tono pacato e un lieve accento siciliano aggiunge: “erano una famiglia di notaio e giudice – volevano ampliare gli affari e mio padre era il miglior penalista del Foro di Catania”. Mi sento minuscolo di fronte alla Vita di questa donna che afferra l’anima per i capelli e tira fuori sensazioni, emozioni, climi e ricatti subiti.Accendiamo una sigaretta, mi chiede di aprire le finestre, lei continua “Papà aveva paura che mi rubassero, e mia madre mi ha portato via. Ogni volta che ci torno in Sicilia è una ferita che si riapre.”.Mi dice che ha dovuto cancellare la sua sicilianità per vincere il dramma. Quest’ultima affermazione spacca in due il mio orgoglio di esserlo, come un cocomero da un colpo ben assestato.Mi racconta di lei giovane attrice nei teatri romani – Attrice per vincere il dramma della sicilianità. Poi paradossalmente è il successo a condannarla nel perpetrare la via che vorrebbe abbandonare. Grande interprete del teatro di Pirandello vince la propria identità calandosi nei personaggi. Anni di analisi Freudiana per superare l’estirpazione.E’ uno sfogo il suo.Mi chiede di me, la riporto su Modesta, la protagonista del libro, lei sembra raggiante. I fogli sulla scrivania sono la continuazione del “L’arte della gioia”, mi chiede se ho voglia di tornare a trovarla qualche altra volta. “Avrei il piacere che ascoltassi qualche pagina tra quelle che sta scrivendo”.Con gioia tornai a trovarla, quasi tutti i pomeriggi di quel mese di luglio. Molto mi raccontò di lei, della figura storica che fu sua madre, Maria Giudice, a cui la città di Roma ha dedicato una via; del suo Bisnonno, anarchico che strangolò una guardia papalina sul Tevere; dei suoi amici, Lucchino Visconti, Gillo Pontecorvo, Citto Maselli suo compagno di vita per parecchi anni.A lei devo molto, alla lettura di quelle pagine.Mi disse profeticamente che l’Arte della gioia avrebbe avuto un successo postumo, arricchito dalla continuazione non ancora pubblicata.Gran Donna Goliarda.La ricordo con nostalgia ed un rammarico per la promessa che non sono riuscito a realizzare, allora. Quella di invitarla in Sicilia. Avrei voluto ricambiare i tè di casa sua, dandole la possibilità di scoprire la nuova Catania.In estate Goliarda andò a Gaeta, dove aveva una piccola casa, una stanza con soppalco ed un terrazzino. Poi venne l’inverno e per ragioni di lavoro mancai da Roma.Poi seppi dell’incidente definitivo, proprio nella casetta di Gaeta.Ti vedo leggera, Goliarda, e sento la tua inconfondibile risata, nella sera soffusa di Gaeta, dentro alla stretta via Indipendenza tra i banchi della frutta dal colore e con le luci del migliore Guttuso.Goliarda non ho potuto mantenere la mia promessa, ma ho donando un frammento di te ha quattro amici sinceri.Spero ti faccia piacere.****L’edizione del “l’Arte della gioia” che avevo letto, e a cui faccio riferimento, è quella pubblicata nel 1994 (introvabile).Il Romanzo “L’Arte della gioia” ch’è diventato famoso, pubblicato postumo e composto da quella prima edizione e da tutti quei fogli che avete incontrato in questa pagina autobiografica mentre erano ancora sulla scrivania di Goliarda.P.s. Ho voluto rendere con leggerezza d’omaggio.La forza delle idee di Goliarda Sapienza sarebbero ancora oggi in grado attizzare discussioni, sulla politica, sull’educazione, sulla società, sul sesso, sull’essere uomini e donne, sull’essere persone.

Attilio Mangano, La riscoperta di Goliarda Sapienzaultima modifica: 2008-06-25T23:45:17+02:00da mangano1
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7 pensieri su “Attilio Mangano, La riscoperta di Goliarda Sapienza

  1. Caro Attilio, mi fa particolarmente piacere che si parli finalmente anche in Italia di Goliarda Sapienza. In Italia, appunto, perchè in Francia se ne parla da tempo. Non è il primo caso di questa natura e vale anche per autori stranieri di grsnd eprestigio e tradotti in tutta Europa tranne che qui. Finalmente però sembra che qualcosa almeno con Goliarda sita cambiando sul serio. Le notizie che ho sono che Einaudi si appresta a ripubblicare L’arte della gioia, il libro dovrebbe uscire presto al massimo in autunno. Gli articoli qui di seguito dicono qualcosa su questo personaggio assolutamente fuori dal comune, ma la lettura dell’arte della gioia è davvero un’avventura sia perchè si tratta di una biografia affascinante, ma anche perchè significa attraversare un secolo intero di storia italiana (il libro parla anche della madre e va indietro nel tempo rispetto alla data di nascita di Goliarda).
    Comunque, il prossimo numero della rivista che dirigo insieme a Beppe Mariano, Il cavallo di Cavalcanti, dedicherà un’intera rubrica della rivista a L’arte della gioia, con un saggiio critico di Maria Teresa Ciammaruconi e un’intervista a Giovanna Providenti, una ricercatrice di italianistica che ha scirtto una biografia di Goliarda Sapienza. Franco Romanò

  2. una ragazza francese mi ha consigliato l’arte della gioia che leggeva in francese, incuriosito dal nome per me sconosciuto, ho comperato il libro, l’ho letto in una notte, non potevo staccarmene, come mi è capitato per pochi altri libri, tra questi sopratutto la storia di elsa morante. un romanzo sensazionale, da cui trasuda un senso di libertà inrfinito,

  3. la soddisfazione di vedere che sia pure lentamente arrivano commenti di merito sul caso di Goliarda Sapienza mi spinge a sperare che la discussione prosegua. Grazie.

  4. Incredibile, lo spettacolo dedicato a “l’arte della gioia” il romanzo della famosissima scrittrice Goliarda sapienza prende forma in teatro a catania,uno spettacolo nello spettacolo arricchito dalle stupende musiche scritte da carmen consoli, e chi ti trovo alla fine seduto in sala? il pro-nipote di Goliarda, Giancarlo Sapienza, suo nonno era Carlo Sapienza Fratello di Goliarda, mi fermo a parlare con lui, emozionatissimo e felice per questo evento.

    Mentre parlo però lui è assente e chiede di Angelo Pellegrino il marito di goliarda, però non è presente in sala, mi confida che vorrebbe conoscerlo perchè ” ho tantissime foto da fargli vedere di golearda! trovate a casa mia” mi spiega lui.

    Chiedo a Giancarlo di lasciarmi il suo numero, mi piacerebbe scrivere un documentario sulla vita di Golearda, chissà se avrò modo di risentirlo o se mi chiamerà.

    In ogni caso, una serata stupenda, Goliarda sei nel mio cuore!

    Silvia

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