Luca Ricolfi,Nè ciechi nè guardoni

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da LA STAMPA 5 luglio 2008

Non so per quali ragioni Berlusconi abbia rinunciato al decreto-legge sulle intercettazioni, ma penso abbia fatto bene. Se ieri il Consiglio dei ministri avesse varato il decreto di cui si è parlato nei giorni scorsi, Berlusconi avrebbe fatto una figuraccia: tutti avremmo pensato all’ennesima legge ad personam, nata dalla preoccupazione di tutelare se stesso (e le sue ministre) anziché dalla volontà di risolvere un problema reale, quello delle intercettazioni e della tutela della privacy.

Già, perché il problema delle intercettazioni esiste ed è grosso come una casa. E come tutti i problemi grossi e complicati, non si può affrontare in fretta e furia, ma richiede un po’ di riflessione e un po’ di buona volontà da parte di tutte le parti in causa (un’esigenza più volte sottolineata dal Presidente della Repubblica). Proprio per questo il disegno di legge è la strada giusta, e il decreto è quella sbagliata. Ma sarà difficile trovare una soluzione ragionevole se tutte e cinque le parti in causa – magistrati, governo, ceto politico, giornalisti, cittadini – non si convinceranno che tutte devono fare qualche sacrificio.

Magistrati. Nonostante le cifre presentate qualche tempo fa dal governo è impossibile dire se in Italia le intercettazioni sono di più o di meno che in altri Paesi (i dati disponibili sono pochi, inconfrontabili, e di fonte incerta). Però due cose possiamo dirle con certezza. Primo: negli ultimi anni il numero di intercettazioni è aumentato in modo impressionate (nel 2007 sono state circa il quadruplo che nel 2001). Secondo: le differenze fra distretti giudiziari sono enormi e difficilmente giustificabili (ci sono distretti che intercettano 10 o 20 volte più di altri). In poche parole: c’è sia abuso che arbitrio nel ricorso a questo strumento di investigazione. I magistrati dovrebbero fare un serio esame di coscienza, e non considerare un’eventuale limitazione delle intercettazioni come un attentato alla professione (per esempio: perché non prevedere un tetto, che nel giro di 2-3 anni riporti il numero delle intercettazioni a un livello ragionevole, per esempio quello del 2001?).

Governo. A giudicare dalle argomentazioni che sono circolate in queste settimane, si direbbe che i nostri governanti nulla sappiano di come concretamente funziona la Giustizia in Italia. La realtà è che, a risorse costanti, una riduzione delle intercettazioni comporterebbe un drammatico calo di efficienza e di efficacia delle indagini. È vero che in molti casi le intercettazioni non sono l’unico possibile strumento di indagine, ma è ancor più vero che per ridurle occorrerebbe investire molti più quattrini di quanti se ne risparmierebbero tagliandole. Detto brutalmente: tagliare le intercettazioni costa, perché non comporta risparmi di spesa bensì aggravi. Un governo che, per tutelare la privacy, volesse ridurre drasticamente il numero di intercettazioni, dovrebbe anche – simultaneamente – aumentare gli strumenti alternativi a disposizione di magistratura e forze dell’ordine (esattamente il contrario di quel che si sta facendo: nel triennio 2009-2011 sono previsti tagli per 2,5 miliardi).

Ceto politico (o «la casta», se preferite). Capisco che i diretti interessati la pensino diversamente, ma a me pare che non si possa considerare equa e ragionevole una soluzione che prevedesse speciali garanzie e immunità per i membri del ceto politico. Il tritacarne mediatico deve essere limitato il più possibile, ma non è ragionevole che chi ha scelto di ricoprire ruoli pubblici, specie se elettivi, pretenda ancora più tutele di chi è un semplice cittadino. Tanto più che il cattivo uso del potere da parte del ceto politico, specie in materia di spesa pubblica e appalti, è una delle cause fondamentali del declino economico dell’Italia.

Giornalisti. È triste dirlo, ma troppo spesso il «diritto di cronaca» e il diritto di «informare l’opinione pubblica» sono sconfinati in altro: faziosità, deformazioni, denigrazioni, mala informazione, vite distrutte. Trovo irragionevole che un giornalista non possa parlare di un’indagine penale fino all’udienza preliminare (che può aver luogo anche due o tre anni dopo i fatti), ma trovo perfettamente ragionevole che sia severamente sanzionata la pubblicazione di intercettazioni quando il loro contenuto è privo di rilevanza penale o coinvolge soggetti estranei all’inchiesta.

Cittadini. Qui mi rendo conto che le opinioni possano essere almeno quante le formazioni della nazionale di calcio. La mia però è semplice. Come elettore ho trovato decisamente istruttive le intercettazioni del governatore della Banca d’Italia Fazio (ai tempi dei «furbetti del quartierino»), le intercettazioni di Berlusconi che raccomanda fanciulle in Rai per far cadere il governo Prodi, le intercettazioni dei dirigenti Ds che si appassionano di scalate bancarie. Quanto alle attività erotiche presenti, passate e future del premier, tuttavia, penso che sarebbe saggio fare un piccolo sacrificio. Saranno anche bellissime, le nostre ministre, sarà pure vero – come ha scritto un quotidiano tedesco – che abbiamo «la ministra più bella del mondo», però possiamo benissimo fermarci qui e rinunciare ai dettagli: ci sono più cose (belle) in cielo e in Terra di quante ne possa immaginare il nostro amato premier.

Luca Ricolfi,Nè ciechi nè guardoniultima modifica: 2008-07-05T18:58:40+02:00da mangano1
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