Susanna Nierenstein: La vera storia dei templari: monaci, guerrieri e un po’ maghi

Un saggio di simonetta Cerrini mette a confronto diverse fonti
1650355416.jpg
La loro fu una rivoluzione: cavalieri antieroici frati antiascetici tolsero ai chierici il monopolio del sacro. Usarono la lingua

volgare per aprire al popolo, non disdegnarono strani riti

La liturgia del giovedì santo: versato sull´altare del vino, poi veniva leccato
Non costruirono una memoria collettiva: e questo permise il nascere della leggenda
Monaci con licenza di uccidere nati tra il 1105 e il 1113, cavalieri armati eppure sottoposti al voto di povertà, castità e obbedienza al papa fin dal 1129, anno del Concilio di Troyes, guardiani della Terrasanta travolta dalle Crociate ma

diffusi in tutto l´antico continente (in Italia avevano oltre 150 “case”), tanto pauperisti quanto straordinari accumulatori di ricchezze: sono questo e molto altro i Templari, cancellati dalla storia, ma non dalla leggenda, con il processo farsa per eresia che gli fece intentare il re francese Filippo il Bello e il successivo rogo che il 18 marzo 1314, sull´isola della Senna, davanti ai Giardini Reali, arse l´ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, insieme a Geoffroy de Charny, precettore di Normandia. Combattenti mistici e potenti entrati in un mito che li ha visti in possesso del Santo Graal piuttosto che di fantastici segreti sull´Arca della Santa Alleanza con le tavole della legge consegnate da Dio a Mosè, o ancora custodi di sapienze su alcune verità riguardanti Gesù e di tesori ancora ricercati, piuttosto che detentori di un potere trasversale in grado di dominare il mondo o al contrario di una trasparenza etica diamantina destinata alle Rivoluzioni di tutti i tempi.

La Militia Salomonica Templi (titolo che deriva dalla Spianata del Tempio di Salomone, dove Baldovino II destinò a Gerusalemme la dimora dei Templari), al di là del templarismo nato e prosperato dal XIV secolo ai giorni nostri, ha però una storia vera. Ed è sulle loro origini reali che Simonetta Cerrini vuole indagare, mettendo sotto il microscopio e comparando i testi fondatori dell´ordine e della regola, nove manoscritti in latino e lingua d´oïl, tra cui uno rintracciato a Praga e studiato per la prima volta. Ne è nato un libro La rivoluzione dei templari. Una storia perduta del XII secolo (Mondadori, pagg. 238, euro 18,50).
Professoressa Cerrini, perché definisce rivoluzionaria l´intuizione di Ugo de Païens da cui nacquero i Templari?
«Perché la società del dodicesimo secolo, era divisa in una classe di oratores (la struttura ecclesiastica che gestiva il potere spirituale), in una di bellatores, laici e combattenti (che in un contesto guerriero come quello medievale erano l´equivalente dell´autorità civile, ovvero imperatori, re, nobiltà) e i laboratores, laici che costituivano il popolo senza diritti né autorità, dunque artigiani, servi, contadini. I Templari distruggono questo quadro».
In che senso?
«Sostengono da laici di essere anche chierici, laici combattenti con un´autonomia sul sacro. Alle origini, la Chiesa cristiana non prevedeva una divisione così forte come quella del XII secolo. Pensi agli imperatori, erano laici con una evidente autorità religiosa: Carlo Magno arrivò a cambiare la formulazione del “Credo”. Più in generale la liturgia, le scelte teologiche e pastorali non erano affidate solo alla gerarchia ecclesiastica. Poi invece, con la Riforma gregoriana, i chierici si costituiscono parte a sé e si appropriano dell´intero potere spirituale, escludendone imperatore, re, nobili e scegliendo anche una maggior devozione e purezza, come col celibato, che fino ad allora non c´era. Dall´altra parte, il monopolio della guerra è dei laici, che diventano ben poca cosa rispetto a prima, e sono il mero braccio armato del potere spirituale. Ugo de Païens nella sua lettera manifesto rivoluziona ogni concetto e dice: noi Templari non siamo il braccio armato della Chiesa, siamo i suoi piedi, sorreggiamo il suo intero corpo (“Pes tangit terram, sed totum corpus portat”) e ne facciamo parte».
E qual è il significato che lei vede in questa definizione?
«Significa che Ugo seppe uscire dallo stato di inferiorità in cui l´alto clero aveva messo il laico bellator, rivendicando la condizione più bassa, quella dei laboratores, dei poveri, uno stato attraverso cui passeranno anche religiosi come San Francesco d´Assisi e i suoi frati minori, e donne come Giovanna d´Arco».
Sembra palese anche il desiderio di tornare a un passato pregregoriano, senza separazione tra poteri spirituali e laici.
«In parte, ma Ugo non guarda a imperatori e re, quanto alla piccola nobiltà. In un certo senso “proletarizza” la regalità sacra. Ugo rivendica il valore degli umili. E apre anche alle donne. Crea una società intera dove trovavano posto mogli, suore, frati sposati o a termine, una società religiosa più ampia, dove il laico non è totalmente assoggettato al chierico».
Quali sono le circostanze storiche che generano i Templari?
«Dopo l´anno 1000, il mondo riprende a muoversi e vede nascere, come racconta splendidamente Le Goff, quello delle città, delle università, delle grandi cattedrali. Si assiste a un movimento popolare che esce dalla passività delle paure millenaristiche. In questo contesto non vedo le Crociate come guerre di conquista: lo dimostra il fatto che, dopo la vittoria, i combattenti tornano a casa e lasciano così sguarnito il territorio, che perciò ha bisogno di guardie armate: è da questa necessità che prendono vita i Templari».
Era più forte la loro natura religiosa o militare?
«Quella religiosa. Un dato che cambiò anche le regole militari: prima non esistevano eserciti fissi, mentre l´input monastico fece nascere la prima armata permanente. Anche la disciplina rigorosa copiò quella dell´ordine religioso».
Lei sottolinea l´importanza della lingua scelta per molti dei loro documenti, il francese antico, non il latino. Ci vuole spiegare meglio?
«Sì. Scelgono la lingua parlata, non esattamente langue d´oïl, perché ricca di apporti catalani, inglesi, fiamminghi, tedeschi, ungheresi. Una decisione importante perché fino ad allora alla spiritualità era riservato il latino, non esistevano trattati teologici in lingua volgare. Ugo così volle dare un accesso molto più largo a testi sacri importanti».
Chi furono i primi templari, nobili diseredati, religiosi fanatici?
«Né diseredati, né fanatici. Piccola nobiltà, ma nei Templari troviamo anche signori di rango, come nel 1125 il conte di Champagne, un altro Ugo, nei cui territori si svolgerà il Concilio di Troyes che ratificò l´ordine. Ma l´entrata dei grandi aristocratici non cambiava il livello di vita o i poteri della confraternita, che del resto non fu un luogo di upgrading sociale, almeno finché non divenne ricca e potente».
Antieroismo e antiascetismo qualificano i doveri del Templare: questo è quanto le è risultato dalla lettura dei manoscritti. Il contrario dell´immagine di guerriero sacro che ce ne siamo fatti.
«Me ne sono sorpresa anch´io. Ma il gruppo poneva binari attenti all´individuo che entrava: i laici novelli monaci tendevano a rendere eccessiva la tensione spirituale, cercavano l´ascesi, l´eremitaggio, il digiuno… ed ecco che la regola imponeva il riposo, e il mangiare a due a due sullo stesso piatto perché vi fosse un controllo reciproco. In quanto all´antieroismo, era vietata ogni forma di largesse e di vanteria: non a caso non esistono memorie delle loro gesta».
Lei individua una formula per la guarigione dei cavalli leggendo un foglio con la lampada di Wood (raggi ultravioletti). Qui sì che sembra di essere in un film sui Templari: eccoci all´uso di pratiche magico religiose. Fino a che punto si estendeva quest´aspetto inquietante e misterioso?
«Non ho trovato solo quella. Descrivo anche la liturgia del giovedì santo, dove veniva versato del vino sull´altare e poi leccato: si trova negli statuti dei templari, e, come mi ha fatto notare Barbara Frale, era una pratica seguita a Cipro dai cristiani orientali. Oppure potrei citare le reliquie con le teste di santi che possedevano. Il fatto è che in Terra Santa c´era una vita religiosa che altrove sarebbe stata giudicata eretica, abitudini e credo condivisi da religioni diverse, come il pellegrinaggio al convento greco-melchita di Nostra Signora di Saydnaya, vicino a Damasco, fatto da pellegrini cristiani, Templari ed anche musulmani».
Dunque niente eresie?
«Ma no! Il processo voluto da Filippo il Bello fu costruito su un castello di accuse di magia e eresia preparate in realtà per Bonifacio VIII: Clemente V scelse di insabbiarle e sacrificare l´ordine del Tempio».
Perché i Templari sono diventati un mito?
«Resta un mistero: certo, l´eredità ideale del Tempio non era rivendicata da nessuno; dopo la loro scomparsa era libera e i Templari non avevano neppure costruito una memoria collettiva con cui fare i conti. Comunque le recenti scoperte storiche e filologiche ci stanno restituendo dei Templari curiosamente simili ai Templari della leggenda. Templari laici, ma religiosi; Templari colti che desiderano divulgare testi escatologici facendoli tradurre in lingua volgare; Templari che praticano riti magico-religiosi; Templari che frequentano intellettuali; Templari che sono pronti a condividere liturgie e devozioni religiose con i cristiani d´Oriente (lo scisma con la Chiesa latina è del 1054), ma anche con i musulmani. La vera storia dei Templari si sta rivelando interessante come la leggenda».
Susanna Nierenstein: La vera storia dei templari: monaci, guerrieri e un po’ maghiultima modifica: 2008-07-25T12:18:00+02:00da mangano1
Reposta per primo quest’articolo