dal blog lealidellafarfalla , 20 luglio 2008
Fenomenologia dell’incredulità
Molti anni fa conobbi una persona che si comportava secondo quello che credeva essere un dettame logico fondamentale. Mi disse: “Qualunque cosa tu racconti le persone sono portate a non crederti. Tagliano almeno il cinquanta per cento di quello che dici, quindi se vuoi far sapere la verità devi raccontare una balla di dimensioni doppie, per numero di avvenimenti e gravità, a chi ti ascolta”. Negli anni ho potuto constatare la sostanziale veridicità di questa affermazione che il personaggio in questione, tra l’altro molto simpatico, utilizzava con disinvoltura per cercare di essere ciò che era, anche agli occhi del prossimo. Diceva a tutti che aveva due lauree perché finalmente chiunque si convincesse che ne avesse una. Affermava di sapere due lingue affinché fosse fuori da ogni dubbio che parlasse almeno l’inglese. Mi raccontava che nel piccolo borgo dove viveva le frasi che sentiva spesso su se stesso, quando gli capitava di essere accanto a due che parlavano di lui, avevano tutte lo stesso tenore. Con aria di chi la sa lunga e ritiene di essere un uomo navigato si diceva: “Di sicuro non ha due lauree. Vedrai che ne ha una sola”. “Figurati se conosce due lingue! Saprà l’inglese”. Con questo sistema l’eccentrico personaggio era riuscito ad essere ciò che realmente era. Anche agli occhi dei suoi compaesani aveva una laurea e parlava l’inglese.
Ma la sua analisi dell’incredulità umana non si era fermata a questo aspetto, infatti il suo acume analitico si era spinto sino al paradosso più eclatante. Aveva superato Zenone appoggiandosi a Hegel: sia Achille che la tartaruga difronte al suo paradosso dell’incredulità degradavano a giochetti per ragazzi. Dopo aver messo a punto il preciso metodo di bilanciamento fra verità e falso per far apparire il vero, si accorse che il sistema appena collaudato presentava un’eccezione. Se la balla raccontata è talmente grande da risultare illogica e irrazionale nelle sue caratteristiche, in modo da eccedere l’immaginazione di chi ascolta ecco che nessuno crede più a niente di ciò che viene detto. Questo era il suo motto: “Se vuoi farla franca falla talmente grossa, e assurda e vedrai che nessuno avrà mai il dubbio che tu possa averla fatta realmente. Non limitarti a rubare la cassa, se rubi l’intera banca nessuno penserà che sei un ladro”.
Questo personaggio di provincia aveva spezzato il cerchio hegeliano, o, meglio, l’aveva capovolto. L’aveva guardato con specularità. Ne aveva tratto una conseguenza che non è immediatamente evidente. Se Hegel affermava che « Ciò che è reale è razionale; e ciò che è razionale è reale ». La conclusione del “fonomenologo” dell’incredulo fu: “Se le tue azioni sono irrazionali si penserà che siano anche irreali”. Questa divenne la sua massima. Mi raccontò che grazie ai suoi attenti studi sull’incredulità era riuscito a far apparire la verità quando voleva, e a tutelarsi quando era necessario. Posso immaginarlo camminare nella via centrale del piccolo paese, tra il municipio e la chiesa, impettito, con un borsalino bianco per ripararsi dal sole, sicuro come chi pensa di aver ingannato tutti. Ho preferito non manifestargli il dubbio che mi venne alla mente qualche anno dopo, ovvero che il suo sistema potrebbe essere usato anche da altri, forse da tutti, ed è per questo che la realtà spesso ci appare un po’ offuscata. Forse, il peggior difetto degli uomini non è quello di essere creduloni, ma la loro disposizione alla credulità