Chiara Saraceno,Si può anche dire di no

da LA STAMPA 27 agosto 2008

CHIARA SARACENO
prof e sesso si può anche dire “no”

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Si può anche dire di no e si può anche chiedere aiuto. Non è vero che una donna sempre e comunque non ha altra scelta che accettare le richieste e i ricatti sessuali di chi è in qualche posizione di autorità. Della triste vicenda di ricatti sessuali che sembrerebbe aver coinvolto un concorso nell’Università di Torino ciò che colpisce di più non è la possibilità che tali ricatti esistano, che taluni professori possano richiedere alle allieve prestazioni sessuali in cambio di voti o promozioni. Ciò è triste, la dice lunga su come molti uomini confondano rapporti di sesso e rapporti di potere; ma non è sorprendente. Colpisce di più il fatto che siano stati accettati senza aver cercato altre soluzioni: dalla denuncia al preside o al comitato pari opportunità fino alla ricerca di un altro professore meno impropriamente esigente con cui laurearsi e fare la specialità. Ancora un volta, in una mescolanza di fatalismo e opportunismo, si accetta una «regola del gioco» senza provare a contestarla e ad andare a vedere se sia poi così consensualmente accettata e salda. È un atteggiamento che non giova alle donne: alle singole coinvolte e anche a quelle che «non ci stanno», ma che non per questo sono esonerate dal sospetto – maschile e femminile – viceversa di aver accettato un qualche scambio se per caso fanno carriera, senza distinzioni tra veline e docenti universitarie. Per non indurre equivoci chiarisco subito che io ritengo sempre moralmente reprensibile un professore – come chiunque sia in posizione di autorità – che fa anche solo proposte a una studentessa che da lui dipende, anche senza ricatti e anche se questa è consenziente. Trovo anche, se non moralmente riprovevole, inopportuno e un po’ sconsiderato che accetti eventuali proposte di una studentessa (perché, va detto, anche questo avviene) o comunque di qualcuno che è in posizione subalterna. Non solo perché si espone a possibili denunce e ricatti futuri se qualche cosa va storto, ma perché si tratta sempre di rapporti asimmetrici. Ciò detto, le donne, le studentesse nel nostro caso, che si trovano di fronte a richieste improprie non sono (non sono più) proprio prive di risorse e alternative, se mai lo sono state. Oltre al loro senso di dignità e a una valutazione squisitamente soggettiva di ciò che sono disposte a pagare per quello che vogliono ottenere, possono anche ricorrere a strumenti che la lunga storia e battaglia del movimento delle donne ha sollecitato a costruire. In particolare l’Università di Torino è stata la prima ad approvare, su sollecitazione del suo comitato per le pari opportunità, un codice deontologico che tutti devono rispettare e che riguarda un ampio spettro di situazioni e possibili discriminazioni, non solo sessuali. Ha anche istituito, prima e forse unica in Italia, la figura della consigliera di fiducia, una «figura terza», avvocato, cui ci si può rivolgere in tutta segretezza. Questa può consigliare, sentire le parti, allertare le autorità accademiche, verificare la possibilità di risoluzione extragiudiziale (a protezione soprattutto della presunta vittima) ed eventualmente anche aiutare a ricorrere in giudizio. Non è facile, certo, intraprendere questa via. Richiede fiducia nelle proprie ragioni e nella capacità dell’istituzione di proteggere chi denuncia, ma anche di negoziare una soluzione accettabile e condivisa. Certo però è meno umiliante che accettare «le regole del gioco», salvo eventualmente denunciarle quando non funzionano più o si ritorcono contro. Soprattutto contribuisce a rompere queste regole, a creare un clima di diffusa delegittimazione culturale e istituzionale per chi ancora le pratica, a indurre una riflessione, tra gli uomini e le donne, sui confini e gli intrecci rischiosi di sesso e potere.

Chiara Saraceno,Si può anche dire di noultima modifica: 2008-08-27T15:54:00+02:00da mangano1
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