Fabio Sciuto, Afrodite a Gaza

dal CORRIERE DELLA SERA, 5 SETTEMBRE 2008

FABIO SCIUTO Afrodite è troppo sexy, a Gaza scatta la censura
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La morale islamica di Hamas vieta l’esposizione della statua romana
ma nel nuovo museo altre 300 opere ricostruiscono la storia della Palestina

Afrodite è troppo sexy
a Gaza scatta la censura

GERUSALEMME – La costruzione in pietra bianca antica è giusto di fronte alla spiaggia. Le palme ombreggiano l’ingresso dove il bar serve tè, espresso e succhi di frutta. Il tramonto sul mare, la spiaggia deserta danno un’immagine da cartolina. In questo caldo soffocante solo la mancanza di una birra fredda ricorda dove ci si trova. È un desiderio impossibile perché Hamas in tutta Gaza ha vietato l’alcol.

All’ingresso del complesso una grande targa annuncia “Al Mathaf” (Il museo). Presentazione forse un po’ troppo sintetica per l’unico Museo in tutta la Striscia, in tutta la Palestina che tre settimane dopo la sua apertura ha già avuto migliaia di visitatori. “Un successo inaspettato, vengono gli studenti dall’università, intere classi delle superiori”, dice soddisfatto Jawdat Khoudary fondatore e proprietario del Museo archeologico di Gaza. Museo che per aprire i battenti fra mille difficoltà è dovuto passare anche sotto la censura di Hamas; molti reperti non hanno potuto essere esposti – come una meravigliosa statua di Afrodite risalente all’epoca romana – perché troppo discinta e quindi contraria alla morale islamica secondo il crescente conservatorismo religioso imposto dagli integralisti.

Per più di vent’anni Khoudary, un palestinese cinquantenne proprietario di una impresa di costruzioni, ha raccolto e custodito reperti archeologici che altrimenti sarebbero finiti in pezzi. I suoi operai nei cantieri hanno raccolto e messo da parte per lui in questi anni: monete, anfore, boccali, colonne romane e bizantine, sculture che ritrovavano scavando. Così come i pescatori, ogni volta che con le reti tiravano su dal fondale qualcosa finivano poi per portarlo nel suo studio, Khoudary – sapevano – ha sempre pagato bene le antichità. Lui ha sempre avuto il pallino di un Museo archeologico a Gaza. “La Storia è importante per ognuno di noi”, dice, “e un paese che dimentica la sua Storia è un paese senza futuro”.

Nel 2005, subito dopo il ritiro degli israeliani dalla Striscia, Khoudary parlò del suo progetto al presidente palestinese Abu Mazen che gli diede il suo personale sostegno per fondare il Museo. Ma dopo il “golpe” di Hamas tutto si era fermato. La crisi fra Fatah e Hamas, l’escalation delle operazioni militari israeliane e l’assedio della Striscia stavano affondando il progetto. Khoudary capì che se aspettava l’aiuto esterno tutto rischiava di restare solo un sogno e così ha finanziato il suo progetto in prima persona. Evita però le domande sul costo complessivo dell’operazione. “La vera questione non è il denaro, se fosse stato un investimento d’affari non avrei certo pensato a un museo. L’ingresso è gratuito. Io voglio dimostrare che Gaza non è solo la città della violenza, del terrore e della povertà”.

Nella sua collezione privata ci sono più di 1.000 pezzi, ritrovati tutti a Gaza, che già in epoca pre-romana era il porto commerciale più importante della regione. Qui finivano le rotte carovaniere che – dai porti affacciati sull’Oceano indiano – trasportavano merci dall’Estremo Oriente attraversando verso nord tutta la Penisola araba fino alle coste del Mediterraneo. Gaza fu terra attraversata dagli eserciti dei faraoni egiziani, dei fenici e dei greci, dei romani, nabatei e persiani, dai crociati e dagli ottomani. Fra i 350 reperti ben esposti e con spiegazioni in arabo per ciascuno di essi – ci sono punte di lancia, anfore, boccali, monete, ancore di navi romane e altre ancora più antiche e colonne bizantine.

Aprire un Museo – nella grave situazione in cui si vive oggi a Gaza sotto assedio, dove gli ospedali non hanno il necessario per andare avanti e 1 milione di persone vive (male) solo grazie agli aiuti dell’Onu – non è stato semplice. “L’assedio di Israele rende impossibili cose molto semplici”. Khoudary si ritiene un uomo fortunato, è uno dei pochi business men che – grazie al passaporto giordano – ha il permesso di lasciare la Striscia per lavoro. Ma, come spiega, comprare e portare poi i materiali a Gaza non è semplice.

“Nel Museo c’è un ristorante e un caffè, ho comprato mesi fa una macchina per fare il gelato ma non riesco a ottenere il permesso per farla entrare a Gaza”. Ma lo stato d’assedio non ha piegato né il suo spirito né il suo humor. “Questo non è il primo assedio imposto a Gaza e non sarà l’ultimo, Alessandro il Grande cinse d’assedio la città, così i persiani e anche gli inglesi. Alla fine quello israeliano sui libri di Storia sarà solo una nota a pié di pagina”.

È inevitabile che se da una parte c’è l’assedio dall’altro c’è il crescente conservatorismo religioso reso più forte dopo la presa del potere di Hamas nella Striscia. La visione ultrareligiosa si è impadronita della vita privata come di quella sociale. E anche culturale. Khoudary ammette che bellissime vestigia antiche della sua collezione non possono essere esposte al Museo.

L’Islam vieta la riproduzione della figura umana nell’arte, accetta solo elementi floreali e decorativi nella pittura. Figurarsi la meravigliosa statua di Afrodite risalente al periodo romano, gioiello della sua collezione. La dea dell’amore è a seno nudo. Davvero troppo per Hamas. Così è rimasta fuori dal Museo, come tre antiche lampade a olio che ricordano nella fattura la Menorah ebraica. “Problemi ci sono stati anche con dei manufatti cristiani”, vuole precisare comunque Khoudary che nonostante tutto vuole andare avanti. “Qui non siamo né a Roma né a Parigi, sarebbe stupido esporre oggetti giudicati riprovevoli da qualcuno, io voglio il confronto con la gente non lo scontro, voglio un cambiamento senza strappi. Sono convinto che le cose cambieranno. Spero un giorno di poter esporre nel Museo anche antichità ebraiche, ne ho davvero tantissime”.

Fabio Sciuto, Afrodite a Gazaultima modifica: 2008-09-06T18:45:00+02:00da mangano1
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