Rina Gagliardi, 10 settembre fine del mondo

da LIBERAZIONE 6 settembre 2008
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Rina Gagliardi
Tema: la fine del mondo e, anzi, dell’universo

Rina Gagliardi

Tema: la fine del mondo e, anzi, dell’universo. L’occasione più recente è stata “offerta” dal Grande Esperimento del Cern, di cui la stragrande maggioranza delle persone non sa nulla e, sostanzialmente, non è in grado di capire pressoché nulla. Benissimo conosciuto e diffuso, in compenso, è l’allarme di un biologo tedesco, il quale sostiene da mesi che «non è remoto» il pericolo di una prossima estinzione del creato, proprio a causa degli effetti – i famosi “buchi neri” – che potrebbero essere prodotti dagli acceleratori ginevrini.

Nel giro di una cinquantina di mesi – quattro anni all’incirca – i buchi potrebbero, nientemeno, che inghiottire la Terra, il Sistema solare e l’infinità del cosmo. E dunque? Dunque, siamo all’ennesima variante dell’Apocalisse prossima ventura – presumibilmente frutto di quel radicato pregiudizio “antiscientista” che convive felicemente con il culto acritico della scienza e della tecnologia. Nel caso specifico, si può notare che la funerea previsione di catastrofe coincide con le antiche profezie dei Maya: secondo le quali, la Quinta Era dell’umanità volge ormai al tramonto ed anzi finirà in una data precisa: il 21 dicembre 2012. Anche Malachia ci ha lasciato, mi pare, predizioni analoghe. Quanto alle quartine di Nostradamus, non so che cosa dicano esattamente in proposito, ma di sicuro non si tratta di previsioni ottimiste.

Ora, non è chiaro quanti siano i singoli individui disposti a credere davvero a questo genere di allarmi, o di annunci veri e propri, spesso corredati di giorno, mese ed anno. Probabilmente, sono pochi. Sono magari membri di sette religiose (tipo i Testimoni di Geova, che da molti lustri continuano ad annunciare date di “fine del mondo”, puntualmente non verificatesi ma sembrano non arrendersi mai alla più banale delle prove empiriche) o casi estremi di ignoranza superstiziosa. E tuttavia l’effetto, soprattutto mediatico, è vasto e intenso. Come in un sempiterno Medioevo ipertecnologico, anche molti di coloro che si dichiarano – o sono – del tutto vaccinati dall’esagerazione catastrofistica, avvertono, al fondo, un qualche brivido, una minaccia incontrollababile, una sensazione sotterranea di insicurezza: in breve, hanno paura. Ed è proprio su questa insorgenza che conviene soffermarsi un attimo.

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La paura, come dice Alain Badjou nel suo scintillante pamphet su Sarkozy, è il viscerale sentimento che domina il nostro tempo. La paura del presente e del futuro, che diventa facilmente retrospettiva – i fantasmi del passato che non passa mai. La paura di un Nemico sconosciuto, spesso invisibile, o impalpabile, o travestito, che può aggredirti in qualunque istante, quando meno te l’aspetti o magari quando sei, credi di essere, nella fortezza più inattaccabile – casa tua, con le porte blindate e l’allarme collegato alla Questura. Sono i borghesi, naturalmente, ovvero coloro che hanno qualcosa – tanto, molto, un po’ – da perdere, che vivono in preda a questo panico permanente: ma riescono a contagiare l’intera società e ad “attraversare” ogni logica di classe. Perché non si tratta, all’origine, di una Paura determinata, che si misura, salvo eccezioni evidenti, con oggetti, situazioni o contesti determinati: il Nemico non ha né natura né forma chiare, riconoscibili, evidenti. Può essere un virus ignoto che percorre tranquillo e ghignante l’atmosfera. O una bomba nucleare sganciata per errore. O un rom che ti stupra o ti ruba la pensione. O un terrorista islamico che prepara un attentato sulla metropolitana che ti accingi a prendere. O – giust’appunto – un nutrito gruppo di sopraffini scienziati che scatena uno scontro di particelle nucleari, entità a loro volta ignote ai più. Nulla di tutto questo, si badi bene, ha un fondamento davvero razionale, o una dimostrata probabilità di succedere – di succedere proprio a te. Ma la Paura (quella Cosa che gli antichi Vichinghi “non conoscevano”, e perciò poterono attraversare i mari e perfino scoprire l’America) è, per definizione, il contrario della razionalità e della Ragione: è l’equivalente corporeo della morte, del sentirsi perduti, del precipitare nel buio senza vie di scampo. Per questo, contro di essa, nulla possono le evidenze razionali: puoi esibire finché vuoi le statistiche sulla criminalità (che diminuisce), o sugli stupri (che per il 70 per cento avvengono in famiglia), e non “convincerai” nessuna signora a non sussultare di terrore, se di sera, in una strada non troppo affollata, incontra i passi di un extracomunitario.

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Di questa Paura, è parte integrante, perfettamente coerente, l’attesa – agghiacciata – della Fine. Un mito collettivo, agitato dalle religioni, e dai poteri temporali e spirituali, per indurre le masse all’ubbidienza e per controllare il sapere – cominciò con l’Apocalissi dell’Anno Mille, il primo passaggio traumatico, forse, dell’era moderna, almeno in Europa, quando nascevano i Comuni e le città e moriva (lentamente) la vecchia architettura feudale. Ma anche, a suo modo, un’idea palingenetica, di riscatto, di “nuovo inizio”: per nascere e rinascere, in fondo, bisogna morire, bisogna passare attraverso quell’universale diluvio di cui parlano, senza eccezione, tutti i testi antichi. Per secoli e secoli, e segnatamente nelle ere di crisi e di grande incertezza, questa ipotesi ha mantenuto una sua specifica “attualità” ( solo la saggezza buddista l’ha, a suo modo superata, preconizzando un ciclo dell’eterno ritorno reincarnato). Tra l’Ottocento e il Novecento, i giganteschi progressi della scienza e delle sue applicazioni l’hanno non solo mantenuta, ma ri-alimentata: non solo nell’immaginario, ma nella realtà reale, l’umanità si scopriva dotata di nuovi, enormi, possibilità distruttive. Hiroshima. Le guerre di sterminio che l’hanno seguita. Gli apparati di morte di cui sono a tutt’oggi dotati gli stati più potenti. Le armi batteriologice, chimiche. Non abbiamo visto, in quell’immagine apocalittica del fungo atomico, la “fine del mondo” che era già tra di noi? Non l’abbiamo per compagna quotidiana nel mondo della globalizzazione, degli tsunami, del Darfur, e dei milioni di morti delle guerre, contese etniche, scontri petroliferi? E non c’è una scienza che non è mai stata così lontana, così “segreta”, così socialmente non controllabile, nei suoi fini ultimi e nei suoi effetti possibili? Così, nell’ignoranza scientifica – voluta e perseguita dalle classi dirigenti e dai sistemi scolastici – crescono la diffidenza di massa, la superstizione e, ancora, la paura. Così, nel cuore del XXI secolo, fioriscono gli oroscopi (non c’è medium diffuso che non ne abbia uno), i cartomanti, i maghi – i ciarlatani, gli imbroglioni da quattro soldi. Tutto, diversamente dal passato, all’insegna della più sfrenata deregulation, ed enormemente amplificato dalla Tv.

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E poi, sotto sotto, il mito della fine del mondo nasce anche da una sensazione “forte” di colpa – di profondo e sostanziale demerito. Chi ha detto che questa umanità, questo pianeta, questo universo meritino davvero di sopravvivere? Chi ha detto che la simulazione di Big Bang non sia un atto estremo di hybris, il passaggio delle colonne d’Ercole, il deprecabilissimo tentativo di superare la soglia dell’umano e porsi come Dio? I fisici di Ginevra, in quest’ottica, assomigliano ad Adamo ed Eva, che mangiarono la mela, cioè violarono la loro condizione di innocenza e cedettero alla sete – demoniaca – di conoscenza. Ed ecco dove risiede, chissà, un’altra radice della paura: un’idea diffusa della spregevolezza umana. Il cupo pessimismo della dannazione, e del nostro destino “naturale” di dannazione, che il dominio – attuale – delle religioni riformate fa tornare in primo piano. Ecco, ci si dovrà arrovellare – politicamente – sulle mille ragioni che hanno portato la sinistra sull’orlo della scomparsa. Ma non dimenticate questa ragione di fondo: in un mondo attanagliato dalla paura, è più facile paventare la fine del mondo, che non il cambiamento del mondo.

P.S. Comunque, di recente due astronomi americani hanno calcolato con precisione il momento in cui l’universo scomparirà: sarà tra 7, 59 miliardi di anni. Tranquilli.

Rina Gagliardi, 10 settembre fine del mondoultima modifica: 2008-09-07T18:01:00+02:00da mangano1
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2 pensieri su “Rina Gagliardi, 10 settembre fine del mondo

  1. allora nn ha nessuna base scentifica x dire ke il mondo sarà inghiottito….qst scienziati cn qst progetto potrebbero cambiare la nostra vita vai ad infirmarti e poi torna

  2. nota di agenzia

    Gli scienziati del Cern di Ginevra hanno acceso oggi l’acceleratore di particelle che punta a ricreare le condizioni del Big Bang che ha generato l’universo.

    Gli scienziati sperano che gli esperimenti che verranno condotto nel Large Hadron Collider, costato 9 miliardi di euro e costruito sotto il confine franco-svizzero, possano svelare i segreti della fisica delle particelle e risvolvere il mistero dell’origine dell’universo.

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